Giappone E Abenomics (0MO3)

- Modificato il 19/7/2021 09:56
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
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I tre pilastri del ventilato rilancio del Giappone sono:

 

1) politica monetaria audace;

2) politica fiscale flessibile;

3) una strategia di crescita con cui la mano pubblica finisce per stimolare gli investimenti privati.

 

Il presupposto è l'accantonamento, almeno tempotraneo, del problema del debito pubblico (pari, in Giappone, a circa il 240% del PIL, più o meno il doppio dell'Italia) per concentrarsi sulla promozione dello sviluppo di una economia appena uscita da una recessione.











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201 di 231 - 18/1/2016 10:50
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Nikkei: ad un passo dai minimi di settembre 2015

Nel corso delle ultime settimane la struttura tecnica del Nikkei si è indebolita. L’indice giapponese, dopo aver ceduto il supporto situato in area 18.600-18.500, ha infatti subito una brusca flessione ed è sceso sotto i 17.000 punti. Le quotazioni si trovano a ridosso di quota 16.900, livello che coincide con i minimi raggiunti lo scorso mese di settembre. L’analisi dei principali indicatori quantitativi conferma la presenza di una solida tendenza ribassista, con l’Macd e il Parabolic Sar che si trovano in chiara posizione short. Solo il forte ipervenduto di brevissimo termine può impedire un ulteriore cedimento che avrebbe un primo target in area 16.750-16.730 e un secondo obiettivo a quota 16.570-16.550 punti. Un rimbalzo dovrà invece affrontare un duro ostacolo in area 17.600-17.700: solo il ritorno al di sopra di quest’ultimo livello potrebbe fornire una prima dimostrazione di forza.

(MILANO FINANZA)

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202 di 231 - 19/1/2016 08:51
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Cina, per il pil la crescita più bassa degli ultimi 25 anni

Shanghai festeggia i dati sul pil cinese, con acquisti sostenuti dal team di società pubbliche che hanno l’obbligo di comprare titoli in borsa quando quest’ultima mostra segni di cedimento (l’effetto di vede perché l’andamento degli scambi si apppiatisce per ore). Alle8 ora italiana, Shanghai saliva del 3,2% a 3.0006, l’Hang Seng era in rialzo dell’1,5%. A Tokyo il Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,6%, a 17.048 punti.

Intanto il petrolio recupera lo 0,48% a 29,57 dollari il barile Wti americano. La Cina è cresciuta del 6,8% nel quarto trimestre, ai minimi dal 2009 e invece del 6,9% in tutto il 2015, al più basso ritmo annuale da un quarto di secolo a questa parte. Nel 2014 il pil era invece salito del 7,3%.

La produzione industriale è aumentata del 5,9% nel mese di dicembre, rispetto a un anno prima, in rallentamento rispetto al 6,2% del mese di novembre. Gli investimenti fissi nelle zone non rurali sono saliti del 10%% lo scorso anno, a fronte di un incremento del 10,2% per i primi 11 mesi dell'anno. Le vendite al dettaglio, una delle voci più brillanti dell'economia cinese, sono cresciute dell'11,1% a dicembre rispetto all'anno precedente, lo 0,1% in meno se confrontate col dato di novembre (11,2%).


I leader cinesi hanno tenuto una riunione di politica economica ieri i funzionari più elevati in grado. Mentre il tono dei resoconti dei media di stato erano di netto ottimismo, il presidente Xi Jinping ha esortato i funzionari "a stabilizzare la crescita a breve termine." Premier Li Keqiang, invece, ha parlato di "una crescente pressione al ribasso" per l'economia, complicata da una domanda globale in rallentamento.


"L'economia reale non si è mossa molto bene", ha commentato l'economista di Nomura Yang Zhao. "Stiamo per avere un mare mosso davanti a noi." Con un debito crescente, troppo abitazioni invendute e sovracapacità produttiva, gli economisti - e anche funzionari cinesi – stanno riflettendo su un anno più difficile.

I mercati azionari hanno già inciampato nel 2016, cancellando i guadagni che derivavano da una ripresa instabile dopo il crash dell’estate scorsa. E gli strumenti che il governo ha tradizionalmente utilizzato per rilanciare la crescita, sostengono gli economisti, ovvero la spesa in infrastrutture, il credito facile e le esportazioni, appaiono sempre più inefficaci.

Restano alla base i dubbi sull'affidabilità dei dati economici ufficiali rilasciati dalla Cina. "Il tasso di crescita relativo al 2015 solleva molte domande piuttosto che fornire piena rassicurazione sulla vera dinamica di crescita dell'economia", ha commentato Eswar Prasad, professore di politica commerciale alla Cornell University ed ex capo della divisione cinese del Fondo Monetario Internazionale.

I timori rallentamento slancio in Cina e la gestione di Pechino l'economia si sono combinati con preoccupazioni per precipitare del petrolio e delle materie prime a tirare giù i mercati azionari globali nervosi dall'inizio del 2016.

A preoccupare gli osservatori internazionali è anche il debito che continua a crescere anche se l'economia rallenta. I gruppi statali hanno visto i profitti scendere del 9,5% anno su anno nei primi 11 mesi del 2015, mentre il loro debito è aumentato del 18,2 (dati Research Corp.). L'indebitamento totale è pari quasi il 260% della produzione economica annuale, riporta Ubs, dal 160% del 2007. Mentre il rapporto ufficiale di crediti in sofferenza nelle banche cinesi è rimasto basso, solo all'1,6% alla fine del terzo trimestre. Gli analisti e economisti hanno detto che il ritmo è in ripresa e molti debiti sono nascosti nei libri contabili dei soggetti non bancari che erogano prestiti.


Secondo Alessandro Balsotti, senior portfolio manager di Jci Capital Limited, società indipendente specializzata in asset management, advisory e capital markets, i listini cinesi sono da osservare con assoluta attenzione, a causa di questa “scatola nera, sempre più frequentemente indecifrabile”, che si unisce “alla consueta diffidenza per i dati economici ufficiali,. Il mercato non sa cosa aspettarsi da un’economia pivotale per le sorti dei mercati e da chi la governa (o cerca di farlo)”.

(MILANO FINANZA)
203 di 231 - 20/1/2016 08:48
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
La borsa di Tokyo (-3,7%) entra nel mercato Orso, il petrolio scende sotto i 28 dollari

Ondata di vendite in Asia, con Hong Kong che alle 8 ora italiana raggiungeva i minimi negli ultimi tre anni e mezzo (-3,7% alle ore 7,30 italiane). Mentre la borsa di Tokyo perde il 3,7% a 16.416 punto ed entra nel mercato Orso avendo lasciato sul terreno il 20% dai massimi del giugno scorso. Le autorità cinesi fanno fatica a tenere in piedi anche Shanghai, che comunque lascia sul terreno l’1,25% tornando sotto quota 3.000 (2.970). Nel frattempo, il petrolio Wti perde il 3,4% a 27,49 dollari, sfondando quindi al ribasso la soglia dei 28 dollari.

Come mai tanta sfiducia nei mercati asiatici? Dopo i dati deludenti di ieri sul pil cinese relativo al 2015 (+6,9%), ai minimi da 25 anni, gli investitori si attendevano oggi l’annuncio di un nuovo stimolo da parte delle autorità di Pechino. Meglio: si aspettavano il taglio sui ratio patrimoniali imposti alle banche in modo da far ripartire l’economia interna, che, per inciso, Ubs vede in realtà crescere appena del 4% quest’anno. E diverse banche d’affari hanno abbassato il paletto al 3,5%.

Ma questo stimolo non c’è stato. La Banca centrale cinese si è mossa nelle scorse ore per alzare dello 0,1% il cambio fra yuan onshore e dollaro (lo yuan onshore è la valuta scambiata solo in Cina e può oscillare in una banda quotidiana del +2% o -2%). Però questa mossa non è bastata. Si aggiunga il fatto che le autorità di borsa hanno annunciato ieri, a mercati chiusi, ben 7 Ipo prima del nuovo anno lunare, nei listino di Shanghai e Shehzhen.

Le nuove quotazioni erano state congelate quattro mesi fa dopo il sell off violento dei mercati cinesi che ha spazzato via, fra agosto e settembre 2015, ben 5.000 miliardi di dollari. I mercati asiatici hanno reagito male alla notizia, perché temono l’effetto drenaggio: ovvero la fuoriuscita dei capitali dalle società già quotate per confluire in quelle che lo saranno.

Il Nikkei nel frattempo ha toccato quota 16.681,33, in ribasso del 21% rispetto alla chiusura del giugno scorso. Ed è quindi entrato, secondo i parametri americani, in territorio “orso”, ovvero il 20% in meno rispetto al picco più recente.

Nel frattempo, il dollaro di Hong Kong è sceso al livello più debole dal 2007 a quota 7,8228 nei confronti del dollaro, cui la valuta asiatica peraltro è agganciata (e questa non è una buona notizia).

L'atmosfera è nervosa in Cina, anche dopo che la banca centrale ha annunciato ieri a mercati chiusi che avrebbe iniettato 600 miliardi di yuan di fondi sul mercato per soddisfare la domanda di liquidità a medio termine. La mossa arriva prima della settimana di ferie nuovo anno lunare (a partire dal 7 febbraio), in previsione che i correntisti attingano, come capita di solito, liquidità dai loro depositi.
204 di 231 - 21/1/2016 08:40
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
L'Asia tenta il recupero, poi crolla (Tokyo -2,4%)

Se la teoria di Bank of America è corretta, le azioni cinesi di Hong Kong sono pronte per una nuova ondata di vendite. Lo scrive questa mattina Bloomberg, dopo che le borse asiatiche, partite oggi in leggero recupero, hanno cominciato a virare in deciso ribasso verso le ore 7 italiane. Alle 8 ora italiana Hong Kong perdeva l’1,5%, Shanghai il 3,2%. Mentre a Tokyo il Nikkei ha chiuso in calo del 2,4% a 16.017 punti.

Il calo delle borse cinesi è dato dal fatto che il benchmark Hang Seng China Enterprises Index si sta avvicinando a un livello che costringe le banche di investimento a chiudere le posizioni rialziste nei futures, ha spiegato William Chan, a capo del settore derivati ​​azionari della regione Asia-Pacifico per conto di BofA Merrill Lynch a Hong Kong.

A questo si aggiunga che oggi gli investitori non sono soddisfatti dalla grossa inizione di liquidità (16,7 mld di dollari, fonte Bloomberg) fatta dalla Banca centrale cinese, ritenuta insufficiente e di breve respiro. Si tratta della maggiore iniezione di capitali freschi negli ultimi tre anni all’interno del sistema bancario, eppure non è stata sufficiente per acquietare le paure sul rallentamento dell’economia del Paese.

Le posizioni, legate all'emissione di prodotti strutturati delle banche, iniziano a chiudersi quando l'indice cade a quota 8.000, un livello toccato per poco tempo ieri. Il benchmark è sceso poi dell'1% a 7,932.24 punti in queste ore.

Le banche hanno acquistato futures sull’indice che traccia l’andamento delle azioni H trattate a Hong Kong per proteggere l'esposizione su prodotti strutturati che hanno venduto ai clienti, secondo Chan. Molti di questi prodotti hanno una funzione "knock-in" che scatta quando toccano il livello 8.000 che spinge le banche a ridurre le posizioni nei futures per mantenere l'efficacia delle loro coperture, ha spiegato l’esperto. Punti di pressione supplementari possono anche venire a livelli inferiori, ha aggiunto poi. E di conseguenza il movimento al ribasso potrebbe accelerare all’improvviso. Data la natura opaca dei prodotti strutturati, a oggi risulta difficile valutare quanto denaro è scambiato ai diversi livelli dell'indice Hang Seng China.

In queste ore l’Hong Kong Inter-Bank Offered Rate a tre mesi è salito al più alto livello dal 2009, minacciando oneri finanziari ben più elevati per gli sviluppatori della città. La Cina sta per contro cercando di tenere gli oneri finanziari schiacciati verso il basso per sostenere l’economia senza però provocare un esodo di fondi che hanno guidato lo yuan ai minimi negli ultimi cinque anni negli ultimi venti giorni.

La Banca popolare cinese ha detto oggi di aver emesso 110 miliardi di yuan (16,7 miliardi di dollari) di pronti contro termine a sette giorni e 290 miliardi di yuan in contratti di 28 giorni. L’indice disponibilità raccolta interbancaria è così balzato ai massimi negli ultimi 13 mesi ieri, poco prima della festa del Capodanno cinese che partirà il 6 febbraio prossimo.

"La più grande iniezione di denaro della Banca centrale in 3 anni è solo una parte della gestione della liquidità in Cina, dove i movimenti si stanno spostando verso scelte a breve termine rispetto a strumenti di gestione a lungo termine", ha detto Bernard Aw, un analista di IG Asia Pte a Singapore. "Ma questo suggerisce che deflusso di capitali dal Paese è ancora un problema enorme".

(MILANO FINANZA)
205 di 231 - 25/1/2016 08:52
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Il petrolio sale, Tokyo arranca e Pboc teme il crollo dello yuan

Il petrolio continua a guadagnare posizioni anche in Asia, dopo il rally di Wall Street venerdì scorso macinando guadagni sulle speranze. Ovvero che la Banca centrale europea passi ad un QE rinforzato o ad un QE2 stimolando l’economia molto anemica dell’Eurozona. Il barile americano (Wti) viene infatti scambiato a 32,59 dollari (+1,21%) e cerca di trascinare con sé anche le borse del Fareast.

Ma il Nikkei è molto volatile in queste ore, dopo i dati sconfortanti su importazioni ed esportazioni, in netto calo a causa del rallentamento della Cina (+0,9% alle ore 7,36 italiane). E Shanghai fatica a decollare, scambia a +0,36%. Viaggia bene solo Hong Kong (+1,4%). Del resto le notizie del weekend non sono proprio positive. Secondo Bloomberg, infatti, la Cina sta tagliando le previsioni di produzione dell’acciaio di 150 milioni di tonnellate (negli ultimi anni l’aveva ridotta di 90 milioni) e mira a ridurre in maniera drastica anche l’estrazione di carbone.

L’altro problema riguarda lo yuan. Secondo Marketwatch (gruppo Wsj) nelle scorse ore c’è stato un meeting segreto fra i manager delle maggiori banche commerciali e la Banca centrale cinese una settimana prima delle celebrazioni del Capodanno lunare.

Perché un top meeting? Di solito i cinesi prelevano in questo periodo grosse somme di denaro in contante per fare acquisti in occasione della principale festività dell’anno e spesso lo usano per viaggi all’estero. Le banche hanno chiesto a Pboc di ridurre la quantità di liquidità che devono tenere ferma per sicurezza alla Banca centrale. Ma quest’ultima non è d’accordo con il taglio delle riserve, scrive sempre Marketwatch, perché teme che questa volta ci sia un’imponente fuga di capitali che farebbe crollare lo yuan di nuovo, dopo che ha perso il 6% contro il dollaro dal 10 agosto scorso.

Ed ecco la ragione per cui due giorni fa, alla chiusura del vertice di Davos, il banchiere centrale del Giappone, Haruhiko Kuroda, aveva invitato in maniera chiara la Cina a imporre controlli sui capitali: "Questa mossa potrebbe essere utile per la gestione del tasso di cambio per quanto riguarda la politica monetaria interna in modo coerente e appropriato".

Le esportazioni giapponesi sono diminuite per il terzo mese consecutivo a dicembre, a causa dell'impatto del rallentamento economico della Cina che ha continuato a pesare in tutto il mondo, ha detto nelle scorse ore il governo.

L’export è sceso dell’8% rispetto all'anno precedente a 6,338 miliardi di yen, dopo un calo del 3,3% nel mese di novembre, in seguito alla riduzione della domanda estera di acciaio e semiconduttori. Il calo va confrontato con la previsione di un -7% realizzata da un pool di economisti interpellato dal Wall Street Journal.

Il volume delle esportazioni è scivolato del 4,4% rispetto all'anno precedente, segnando il sesto mese consecutivo in negativo. Le esportazioni sono diminuite del 3,8% rispetto al mese precedente in base a calcoli rettificati per le variazioni stagionali. Le importazioni sono invece crollate del 18% a 6,197 miliardi di yen, il 12° mese di declino consecutivo.

La bilancia commerciale giapponese ha invece registrato un avanzo commerciale 140.2 miliardi di yen, a fronte di previsioni degli economisti per un surplus 110 miliardi.

I dati annuali hanno invece mostrato che il valore delle esportazioni in Giappone è aumentato del 3,5% nel 2015 per 75,632 miliardi yen. La bilancia commerciale nel 2015 è invece in deficit di 2,832 miliardi di dollari (è il quinto anno consecutivo che chiude negativa).

(MILANO FINANZA)


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206 di 231 - 27/1/2016 08:50
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo spera in un QE2, Shanghai molto volatile

Asia a due velocità: Tokyo ha chiuso con un +2,72% trainata anche dalla buona notizia che Toyota è di nuovo il migliore venditore di auto al mondo (10,15 milioni di veicoli venduti nel 2015) e dalla speranza di u QE2, mentre Shanghai è sottoposta a forti sbalzi. Alle ore 7,30 italiane scambiava a -3,05%, quindici minuti più tardi correva verso la parità, per poi chiudere a -0,5% Va meglio Hong Hong, che alla stessa ora (7,45) scambiava in rialzo dell’1,58%.

Nel frattempo, oggi il Shenzhen Composite Index è sceso del 4,4% e il Nasdaq cinese, il ChiNext, ha lasciato sul terreno il 4%. Intanto il petrolio americano (Wti) ha perso in Asia parte dei guadagni della sessione di Wall Street (ad un certo punto ieri era arrivato a 32,4 dollari per poi ritracciare) e oggi viaggia in debolezza attorno a 30,9 dollari il barile.

Gli investitori temono che Pechino stia facendo un passo indietro sul sotegno ai mercati azionari interni. Ieri l'indice di Shanghai era crollato del 6,4%, nel timore di un'accelerazione dei deflussi di capitali dalla Cina mentre la sua economia sta rallentando col rischio di un ulteriore indebolimento dello yuan.

Alcuni investitori speravano che la Cina avrebbe abbassato il livello minimo di riserve che le banche devono tenere prima del nuovo anno lunare cinese che inizierà il 7 febbraio, ma le loro aspettative sono rimaste per ora disilluse.

"Nel breve termine la banca centrale cinese molto probabilmente continuerà a iniettare liquidità nel sistema attraverso operazioni di mercato aperto, invece di abbassare il coefficiente di riserva obbligatoria per evitare pressioni ulteriori deflussi di capitale", ha commentato Francois Perrin, gestore di East Capital Asia, in una nota ai suoi clienti.

Importante sarà capire se venerdì la Banca centrale del Giappone rinforzerà il programma di allentamento monetario, come parrebbe dalle ultime affermazioni di questa settimana, in netto contrasto con il mood attendista di fine 2015.

Intanto lo yuan offshore della Cina, scambiato fuori dal Paese, continua a tenere la calma dopo un inizio 2016 in deciso ribasso. La tranquillità della valuta viene anche dagli interventi della Banca centrale sulla liquidità del mercato di Hong Kong. Oggi la divisa scambia a 6,60 per dollaro statunitense, più o meno invariata rispetto a ieri.

E il petrolio? Ieri i prezzi avevano danzato dopo che il ministro del petrolio iracheno aveva detto in una conferenza sull'energia che vede alcuni segnali di maggiore “flessibilità” da parte di Arabia Saudita e Russia sui tagli alla produzione. I rappresentanti dell'Opec avevano spiegato che sono disposti a ridurre la produzione se i loro rivali al di fuori del cartello, come Russia, Messico, e Stati Uniti faranno lo stesso.

Peccato che discorsi come questi non siano mai stati recepiti, ad oggi, dai Paesi concorrenti dell'Opec. Basti pensare che la Russia ieri ha sconfessato nel giro di pochi minuti la notizia giunta da Teheran che Mosca avrebbe ripreso a collaborare con l’Iran in joint venture petrolifere.

(MILANO FINANZA)

207 di 231 - 29/1/2016 09:44
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Bank of Japan e PBoC danno la scossa all’Asia

L’azione decisa delle banche centrali ha risvegliato i listini asiatici, Tokyo e Shanghai in testa. Dapprima la People’s Bank of China ha pompato nel sistema finanziario altri 100 miliardi di yuan (poco più di 15 miliardi di dollari).

Successivamente, nel cuore della notte italiana, la Bank of Japan ha annunciato la decisione di portare in territorio negativo, da +0,1% a -0,1%, i tassi di remunerazione dei depositi. La decisione degli uomini di Kuroda ha avuto come effetto immediato quello di deprimere i corsi dello yen contro il dollaro del 2,1%.

La valuta giapponese ha poi recuperato nel prosieguo della seduta. Gli operatori sulla borsa di Tokyo ci hanno messo un po’ a capire il senso dell’operazione della BoJ, comunque volta a innalzare le masse monetarie e, sperabilmente, l’inflazione, oltre che a indebolire lo yen, valuta che aveva nelle ultime settimane registrato notevoli afflussi di capitali smobilizzati da asset più rischiosi come le commodity e le valute ad esse collegate.

In questo modo la banca centrale giapponese ha probabilmente sparato l’ultima cartuccia rimastale per risvegliare dal torpore il sistema economico e far ripartire la dinamica dei prezzi. Infatti in questo modo, come ha già fatto in Europa la Bce, le bance commerciali dovrebbero essere più incentivate a erogare prestiti alle imprese

Di conseguenza l’indice Nikkei ha conosciuto una fase di alti e bassi che tuttavia si è conclusa in netto rialzo, +2,8%.

Nel frattempo l’indice Composite della borsa di Shanghai stava già mettendo a segno notevoli progressi sull’onda della massiccia immissione di liquidità da parte della People’s Bank of China. Verso fine seduta lo Shanghai composite veleggiava intorno al +3,1%, mentre Hong Kong era in progresso del 2,2%.
208 di 231 - 03/2/2016 09:15
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Petrolio a 29 dollari, Asia al tappeto

Il petrolio manda a ko anche l’Asia dopo la brutta seduta di Wall Street ieri. Alle ore 7:50 italiane il Nikkei perdeva il 3,15%, l’Hang Seng il 2,7% e Shanghai stava recuperando da uno scivolone portandosi a -0,9%. Intanto il barile americano Wti scambiava sotto la soglia psicologica dei 30 dollari (quella che secondo le banche d’affari preannuncia default nel sistema) a 29,65 dollari (-0,74%) dopo aver ceduto il 6% a New York nelle scorse ore.

Gli investitori hanno ignorato il segnale positivo giunto dalla Cina dal settore servizi, sostenuto più di altri dalla politica espansiva del governo. L’indice privato Caixin Pmi servizi è salito a 52,4 a gennaio rispetto a 50,2 nel mese di dicembre.

E' stato il secondo giorno di ribassi per la maggior parte dei lsitini della regione asiatica, che era rimbalzata alla fine della scorsa settimana grazie al sostegno (inatteso) della Banca centrale giapponese. In seguito a quella mossa, lo yen si era indebolito a 121,68 contro il dollaro venerdì scorso, quando la Boj aveva introdotto i tassi di interesse negativi. Ma oggi la valuta nipponica si è rinforzata dello 0,4% a 119,46 andando a colpire i colossi esportatori giapponesi. E il Nikkei è crollato.

Gli economisti stano analizzando in queste ore le minutes della Banca del Giappone, che mostrano un intenso dibattito fra i membri del consiglio sulle misure adottate venerdì.

La maggior parte delle valute della asiatiche oggi è sotto pressione nei confronti del dollaro statunitense. Il dollaro australiano, il cui movimento è strettamente legato con le fluttuazioni delle materie prime, ha perso lo 0,3%.

I costanti timori sulla crescita reale della Cina hanno stano pesando sui titoli del settore immobiliare, anche dopo che Pechino ha introdotto una politica di prestiti più morbida per gli acquirenti delle abitazioni. Il governo di Pechino ha detto ieri sera che avrebbe reso meno onerosi i mutui nella maggior parte delle città cinesi per gli acquirenti della prima casa. Per le famiglie che non hanno ancora rimborsato il loro primo mutuo, la banca ha ridotto l'acconto sulla seconda casa al 30%, dal 40% precedente.

(MILANO FINANZA)


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209 di 231 - 04/2/2016 08:46
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Galoppano euro e petrolio, sale la Cina. Tokyo riflette

La Cina rimbalza grazie al volano del petrolio: alle ore 7:40 italiane Hong Kong scambiava in rialzo dell’1,21%, Shanghai era positiva per l’1,34% ma Tokyo resta debole (-0,85%). Il greggio ieri ha corso per quasi il 10% a Wall Street passando (barile Wti americano) da 29,6 a 32 dollari il barile, oggi in Asia scambia a 32,57 dollari, in crescita dello 0,9%. I dati dell’Eia (Energy Information Administration) di ieri sera avevano però spiegato in maniera chiara che le scorte hanno raggiunto un picco preoccupante (8 milioni di barili di troppo la settimana scorsa).

Ieri sera gli analisti americani interpellati da Marketwatch (gruppo Wsj) e da Bloomberg si sono scatenati sul tema e, dopo aver rivisto tutte le affermazioni recenti di Opec, Russia & co., che di fatto confermano lo status quo, hanno concluso che si tratta di una gigantesca, pericolosa speculazione. Il prezzo del Wti americano potrebbe scendere a breve, basandosi questa volta sui fondamentali, a 25 dollari il barile.

Certo è che il greggio, quotato in dollari, è aiutato in queste ore dalla decisa discesa del dollaro sulle maggiori valute mondiali. La divisa americana ha raggiunto ieri sera a Wall Street 1,111 sull’euro e oggi scambia a 1,108. Ma a novembre dello scorso anno, prima del discorso di Draghi che aveva irritato gli investitori, era a quota 1,05 e le banche d’affari americane scrivevano report su report sulla probabile parità a fine 2015 fra euro e dollaro (1:1). La discesa del dollaro si è fatta più incisiva nelle scorse ore dopo la pubblicazione dello stato di salute del settore servizi americano, più debole del previsto.

Intanto lo yen sta scambiando in rialzo contro il dollaro a quota 118,06 e questo non fa bene alla Borsa giapponese, che vive sui colossi esportatori di beni. Gli economisti stanno poi tentando di analizzare i segnali contrastanti da parte della Banca centrale del Giappone per quanto riguarda l’ultima manovra di stimolo di venerdì scorso, che ha inaspettatamente introdotto i tassi di interesse negativi. Dalle minutes della Boj è emerso ieri che non c’era affatto unanimità all’interno del gruppo di lavoro.

Intanto gli analisti si chiedono se la famosa riunione fra membri Opec e non Opec (Russia, Messico…) avrà veramente luogo fra febbraio e marzo, come annunciato nei giorni scorsi. Per ora l’Iran si è chiamato fuori.

(MILANO FINANZA)
210 di 231 - 10/2/2016 08:51
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Cina, quanto durerà ancora l’emorragia di capitali

Le riserve nette in valuta estera della Cina sono diminuite di oltre 600 miliardi di dollari dal loro picco (raggiunto a metà del 2014) di 3.990 miliardi di dollari. Nel 2015, comprendendo nel calcolo i flussi derivanti dal suprlus commerciale e gli afflussi di moneta da investimenti esteri in Cina, il deflusso netto è stato pari a 1000 miliardi, secondo alcune stime.

A che punto la discesa delle riserve valutarie diventerà critica? Alcune stime fissano quella soglia in 3.000 miliardi di dollari, soglia non molto distante dall’attuale se le riserve scenderanno di altri 200 miliardi entro i primi di marzo, come alcuni prevedono. La prossima domenica saranno resi noti i dati di gennaio.

Altri abbassano quella soglia a 2.600 miliardi, più o meno l'importo necessario per salvaguardare la liquidità secondo le metriche del Fondo monetario internazionale, che prendono in considerazione il debito estero a breve termine, le esportazioni, le passività estere di portafoglio e M2, una misura della massa monetaria.

Altri ancora credono che in realtà non ci sia nessuna soglia minima definita e, implicitamente, che la Cina non adotti le linee guida del FMI. Pechino è disposta a spendere altri 400 miliardi di dollari quest'anno e 300 miliardi di dollari nel 2017 per sostenere lo yuan, noto anche come il renminbi, dice l'economista Zhang Fan della RHB Research: "La stabilità monetaria resta la priorità”.

Il tema è cruciale, in un momento nel quale la Cina sta influenzando negativamente l’andamento dei mercati finanziari globali, quelli dei produttori di materie prime e quello della fiducia degli investitori. Ma sia dal governo sia dalla banca centrale non giungono risposte precise sull’argomento.

Riuscirà Pechino ad arginare il deflusso in poco tempo? E’ una questione aperta. Gli economisti dicono che il governo sta lavorando particolarmente duro per evitare che le famiglie medie perdano la fiducia nello yuan. Secondo alcuni osservatori, i recenti articoli dei media di stato cinesi che criticavano l’investitore miliardario George Soros per i suoi commenti negativi sulla economia cinese avevano lo scopo di compattare l’opinione pubblica al riguardo, in un Paese in cui gli investitori non sono sempre influenzati dai fondamentali. "I cinesi fanno scorte persino di aglio e cipolle", dice l'economista della OCBC Bank, Dongming Xie, "Potrebbero iniziare ad accaparrarsi dollari statunitensi."

La Cina sta affrontando questioni delicate, man mano che la soglia delle riserve si sta abbassando, dicono gli analisti. Con i leader del partito unico che predicano la stabilità della moneta, è difficile fare marcia indietro e lasciare che il mercato ritrovi l'equilibrio dello yuan. Un deprezzamento acuto, inoltre, potrebbe innescare una guerra valutaria globale e aumentare i crediti in sofferenza in Cina. Mentre controlli più stretti sui capitali potrebbero smorzare l’efficacia delle riforme finanziarie, già indebolita.

Con il passare del tempo, il costo dell’intervento cresce e la ricchezza nazionale piano piano si scioglie. "Il giorno in cui le riserve valutarie si esauriranno, il renminbi diventerà carta straccia all'estero", ha scritto un utente sul sito web Sina.

Nelle ultime settimane, Pechino ha cercato di attirare più capitali in Cina e rallentato gli sforzi per evitare nuove fughe, sforzi per lo più inutili in quanto gli investitori hanno trovato i modi più creativi per superare il massimale di 50 mila dollari in valuta estera acquistabile in un anno. "I loro tentativi di rendere più severi i controlli sui cambi sono falliti” sostiene l’analista Angus Nicholson di IG Markets.

C’è ancora la possibilità di raddrizzare le cose, dicono gli esperti. Una volta che le aziende cinesi avranno finito di rimborsare la maggior parte del loro debito estero, la pressione in uscita potrebbe rallentare. E, vista la maggiore stabilità, gli investitori cinesi tornerebbero a rimpatriare capitali, visti i rendimenti generalmente più elevati in Cina che all'estero.

Per il momento, la casta economica della Cina è sulla difensiva in un circolo vizioso che si basa essenzialmente sulla fiducia: si parte dalle misure di intervento, seguite da cattive notizie economiche, da un ulteriore deprezzamento yuan e da nuovi interventi. "Ogni bit di stabilità è temporaneo” dice Chen Long, analista della società di ricerche di GaveKal Dragonomics.

I funzionari della banca centrale sperano in una pausa in occasione delle festività di inizio anno, pausa che però per loro potrebbe rivelarsi molto breve, visto che i mercati globali raramente riposano. "Il governo cinese deve affrontare alcune grandi decisioni", sostiene Nicholson, “E il momento di prenderle sta arrivando più velocemente di quanto sperano molti leader cinesi".

(MILANO FINANZA)
211 di 231 - 10/2/2016 09:02
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Borsa di Tokyo ancora giù (-2,3%), torna ai livelli del 2014

Il mercato azionario giapponese ha inciampato di nuovo (Nikkei -2,3% a 15.713 punti) mentre quello australiano è caduto in territorio orso (S&P ASX 200 -2,2%). I due indici sono stati trainati al ribasso dalla volatilità dovuta al petrolio che a partire da ieri sera, durante la contrattazione di Wall Street, è tornato scambiare attorno a 28 dollari il barile (Wti americano). Questa mattina il Wti viaggia attorno a 28,4 dollari. L’area è considerata pericolosa dagli analisti perché rischia di innescare una serie di fallimenti nel sistema. Intanto le borse cinesi sono ancora chiuse per la festività del nuovo anno lunare.

Ieri il Nikkei aveva ceduto il 5,4%, la perdita maggiore dal giugno 2013. Gli investitori continuano a cercare nello yen un rifugio dalla volatilità del mercato globale spingendo la valuta giapponese dello 0,4% nelle ultime ore, al suo livello più forte dal 2014 nei confronti del dollaro statunitense, che ora scambia a 114,45. E questa è una notizia negativa per le multinazionali nipponiche, che derivano gran parte degli utili dalla debolezza della valuta.

Gli investitori sono preoccupati che i mercati debbano ancora toccare il fondo, ansiosi per la salute dell'economia globale e la situazione delle imprese energetiche man mano che i prezzi del petrolio affondano. L'incertezza rimane anche per un possibile inasprimento dei tassi di interesse negli Stati Uniti dopo i dati sulla disoccupazione e l’aumento dei salari.

Sotto pressione anche oggi in Giappone i titoli delle banche e quelli legati alle materie prime. Il Nikkei è sceso fino a quota 15.626 andando a rompere il ribasso di 15.658,20 registrato il 30 ottobre 2014, il giorno prima che la Banca centrale annunciasse il suo programma di QE.

I rendimenti dei titoli governativi a 10 anni si sono portati in territorio leggermente positivo oggi, dopo essere scesi ieri sotto zero ieri per la per la prima volta nella storia.

(MILANO FINANZA)
212 di 231 - 09/10/2016 11:23
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
...

2jad0
213 di 231 - 16/4/2017 13:29
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
ATTENZIONE 1-2-3 HIGH JOE ROSS SHORT DA 18.970

3r1zd
214 di 231 - 16/4/2017 13:32
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
I finanziari mandano in rosso la borsa di Tokyo

Chiusura negativa per la borsa di Tokyo. L’indice Nikkei ha registrato una flessione dello 0,68% a 18.427 punti, penalizzato dai ribassi subiti dai titoli del settore finanziario: Mizuho Financial Group e Mitsubishi UFJ Financial Group hanno ceduto rispettivamente l’1,45% e l’1,36%.


3r1zu
215 di 231 - 25/4/2017 14:25
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Quotando: giola - Post #213 - 16/Apr/2017 11:29
ATTENZIONE 1-2-3 HIGH JOE ROSS SHORT DA 18.970

3r1zd



Tokyo, il Nikkei rivede i 19mila

Giornata positiva per la borsa di Tokyo, che ha sfruttato l'abbrivio delle altre piazze mondiali dopo l'esito del primo turno delle presidenziali francesi. Il Nikkei ha guadagnato l'1,08% a 19.079 punti.


3thsb
216 di 231 - 01/11/2017 09:27
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo vola, Sony balza del 10%

Il Nikkei segna un altro record ventennale grazie anche all'ulteriore indebolimento dello yen sul dollaro. Sotto pressione l'euro, mentre balzano oro e petrolio. Listini cinesi positivi, con moderazione

di Elena Dal Maso

Nikkei scoppiettante, dopo le la festa di Halloween segna un rialzo dell’1,86% toccando quota 22.420 punti e un nuovo record negli ultimi 21 anni. Nel frattempo, l’Hang Seng alle ore 7:40 italiane è in guadagno dello 0,81% e Shanghai in rialzo dello 0,25%. Tokyo chiude così ottobre in bellezza, segnando il miglior mese da due anni a questa parte.

Oro in deciso rialzo a 1.275,9 dollari per oncia (+0,43%), petrolio americano Wti a 54,77 dollari il barile (+0,72%) dopo i dati pubblicati nelle scorse ore dall’American Petroleum Institute secondo cui le scorte Usa di petrolio e di benzina relative alla settimana scorsa sono calate oltre le attese degli analisti. Questa sera sono attesi invece i dati del governo sulle scorte americane.

Yen in ribasso dello 0,18% a 113,84, l’euro recupera le perdite durante l’avvio della sessione asiatica e si porta a 1,1643 contro il dollaro (minimo intraday a 1,1628).

A Tokyo, grande balzo di Sony (+10%), che ha segnato i massimi negli ultimi nove anni dopo la forte domanda di consolle per la PlayStation 4 e di sensori d’ immagine per i dispositivi fotografici dell’iPhone, cui si aggiungono i buoni risultati della trimestrale.

Intanto il presidente sudcoreano Moon Jae-in ha giurato che Seul non svilupperà mai la propria bomba atomica in risposta alle minacce di Pyongyang. Il regime nordcoreano il 3 settembre scorso ha testato la prima bomba all'idrogeno (dopo i precedenti 5 test di una 'semplice' atomica) e ha ripetutamente minacciato di colpire il Sud con i suoi missili, cannoni e razzi, schierati lungo la linea demilitarizzata che segna il confine con i due Stati.

Nei prossimo giorni Moon riceverà il presidente Usa, Donald Trump, in missione nella regione per provare a trovare una via d'uscita alla crisi innescata dalla Corea del Nord e dai suoi programmi nucleari e missilistici.
5nd06
https://www.milanofinanza.it
217 di 231 - 19/11/2017 08:57
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
SI DEVE A VICTOR SPERANDEO LA PRIMA DEFINIZIONE, RIPRESA POI DA JOE ROSS, DEL PATTERN CHIAMATO 1-2-3 E FORMALIZZATO NELLE DUE VERSIONI HIGH E LOW.

LA CONFORMAZIONE DEI PREZZI CHIAMATA 1-2-3 HIGH E' MOLTO SEMPLICE E MOLTO EFFICACE, SI TRATTA NELLA SOSTANZA DI UNA SPECIE DI DOPPIO MASSIMO MANCATO CHE RICHIEDE POCHE REGOLE PER ESSERE TRACCIATO.

CONDIZIONI NECESSARIE

PER PARLARE DI 1-2-3 HIGH, NELLA VERSIONE SPERANDEO, SONO NECESSARIE 3 CONDIZIONI:

1) LA PRESENZA DI UN TREND CONTENUTO IN UNA TRENDLINE CHE VIENE VIOLATA AL RIBASSO, GENERANDO IL PUNTO 1;

2) IL TENTATIVO DI RIPRESA DEI CORSI CHE SI ESAURISCE IN UN MASSIMO INFERIORE DEL PRECEDENTE, IDENTIFICATO CON IL PUNTO 2;

3) LA ROTTURA DEL MINIMO PRECEDENTE IDENTIFICATA COL PUNTO 3 (NEL GRAFICO SOTTOSTANTE, CHE RIPORTA L'INDICE NIKKEI 225, QUESTO MOVIMENTO NON E' ANCORA AVVENUTO!)

"NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE" POTREBBE ECCEPIRE UN TRADER SMALIZIATO; IN EFFETTI SI TRATTA DI UN DOPPIO MASSIMO FALLITO E IL SEGNALE OPERATIVO E' IL MEDESIMO DELLA PIU' NOTA FORMAZIONE GRAFICA.

E' SENZ'ALTRO VERO, TUTTAVIA LA FORMAZIONE 1-2-3 (SIA NELLA VERSIONE DI SPERANDEO CHE IN QUELLA DI JOE ROSS) COPRE PROPRIO QUEI CASI NON RICONDUCIBILI AL DOPPIO MASSIMO E CHE, COMUNQUE, POSSONO DIFFERIRE ANCHE CONSIDEREVOLMENTE DA UN DOPPIO MASSIMO MANCATO.

5vrkm
218 di 231 - 20/11/2017 15:25
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Quotando: giola - Post #217 - 19/Nov/2017 07:57SI DEVE A VICTOR SPERANDEO LA PRIMA DEFINIZIONE, RIPRESA POI DA JOE ROSS, DEL PATTERN CHIAMATO 1-2-3 E FORMALIZZATO NELLE DUE VERSIONI HIGH E LOW.

LA CONFORMAZIONE DEI PREZZI CHIAMATA 1-2-3 HIGH E' MOLTO SEMPLICE E MOLTO EFFICACE, SI TRATTA NELLA SOSTANZA DI UNA SPECIE DI DOPPIO MASSIMO MANCATO CHE RICHIEDE POCHE REGOLE PER ESSERE TRACCIATO.

CONDIZIONI NECESSARIE

PER PARLARE DI 1-2-3 HIGH, NELLA VERSIONE SPERANDEO, SONO NECESSARIE 3 CONDIZIONI:

1) LA PRESENZA DI UN TREND CONTENUTO IN UNA TRENDLINE CHE VIENE VIOLATA AL RIBASSO, GENERANDO IL PUNTO 1;

2) IL TENTATIVO DI RIPRESA DEI CORSI CHE SI ESAURISCE IN UN MASSIMO INFERIORE DEL PRECEDENTE, IDENTIFICATO CON IL PUNTO 2;

3) LA ROTTURA DEL MINIMO PRECEDENTE IDENTIFICATA COL PUNTO 3 (NEL GRAFICO SOTTOSTANTE, CHE RIPORTA L'INDICE NIKKEI 225, QUESTO MOVIMENTO NON E' ANCORA AVVENUTO!)

"NULLA DI NUOVO SOTTO IL SOLE" POTREBBE ECCEPIRE UN TRADER SMALIZIATO; IN EFFETTI SI TRATTA DI UN DOPPIO MASSIMO FALLITO E IL SEGNALE OPERATIVO E' IL MEDESIMO DELLA PIU' NOTA FORMAZIONE GRAFICA.

E' SENZ'ALTRO VERO, TUTTAVIA LA FORMAZIONE 1-2-3 (SIA NELLA VERSIONE DI SPERANDEO CHE IN QUELLA DI JOE ROSS) COPRE PROPRIO QUEI CASI NON RICONDUCIBILI AL DOPPIO MASSIMO E CHE, COMUNQUE, POSSONO DIFFERIRE ANCHE CONSIDEREVOLMENTE DA UN DOPPIO MASSIMO MANCATO.

5vrkm




5w1qw
219 di 231 - 08/2/2018 08:31
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Rimbalzo deciso per di Tokyo, Shanghai ancora in rosso

Gli investitori hanno acquistato approfittando dell'indebolimento dei titoli dopo due cali consecutivi sulla scia delle buone trimestrali. A sostenere il listino anche lo yen debole, che perde lo 0,39% a 109,77 contro il dollaro. L'euro sotto 1,23 contro il biglietto verde. In rosso Shanghai. In Cina cala il surplus di bilancio, vola l'import

di Paola Valentini

La borsa di Tokyo chiude in rialzo, nonostante Wall Street abbia archiviato le contrattazioni sotto la parità ieri. L'indice Nikkei ha terminato la seduta con un guadagno dell'1,13% a 21.890,96 punti dopo i pesanti cali delle prime due giornate di questa settimana e il più cauto +0,2% di ieri. Gli investitori hanno acquistato approfittando delle discese dei titoli per comprare.

A sostenere il listino anche lo yen debole che perde lo 0,39% a 109,7 contro il dollaro, il maggior calo dal 2015. Mentre l'euro è tornato sotto quota 1,23 e alle ore 8:00 tratta a 1,2263.

A risollevare il sentiment del mercato azionario giapponese è anche la stagione delle trimestrali, che sta mostrando risultati superiori alle attese. Subaru ha guadagnato quasi il 2% dopo i conti del quarto trimestre pubblicati oggi.

In rosso invece Shanghai, che cede l'1,4% sempre per via della carenza di liquidità nel sistema bancario. Positivi gli altri listini asiatici (Sensex +1,2%, Hang Seng +0,38%, Singapore +0,39%).

Intanto è risultato dimezzato il surplus commerciale della Cina, che a gennaio si attesta a 20,3 miliardi di dollari. In calo da 25,6 a 21,9 miliardi di dollari anche l'avanzo commerciale con gli Usa. Le importazioni cinesi a gennaio volano a +36,9%, a dimostrazione che la domanda interna è in crescita. Gli analisti si aspettavano una crescita più contenuta del 10,6%. Avanza dell'11,1% anche l'export.
6ks8o
https://www.milanofinanza.it
220 di 231 - 18/2/2018 07:57
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Il gestore fondi: la Borsa di Tokyo continuerà a crescere fino al 2020

di Stefano Carrer

Fino alle Olimpiadi di Tokyo, il mercato azionario giapponese dovrebbe dare ampie soddisfazioni agli investitori di medio periodo. E anche oltre, soprattutto se si puntasse sulle medie imprese. Yunyoung Lee, Fund manager Japanese equities di Janus Henderson, ritiene che la Borsa nipponica sia un “long term buy” e ipotizza un Nikkei a quota 40mila nel corso del 2020, l'anno olimpico. Un vero ottimista, se si pensa che l'indice guida, dopo il picco da circa 30 anni raggiunto verso la fine di gennaio, è andato incontro a una correzione fino a tenere a fatica quota 21mila per poi tentare un recupero verso quota 22mila a metà febbraio.

«La correzione delle ultime due settimane, partita dal mercato Usa, si è estesa ad altre piazze e tutto sommato va considerata salutare, in quanto contraltare all'eccesso di ottimismo che stava facendo saltare troppi parametri», afferma Lee, di passaggio a Milano – Per quanto riguarda il mercato giapponese, i fondamentali sia economici sia tecnici restano positivi. Mentre le valutazioni sono ancora attraenti e lo scenario per la crescita degli utili aziendali aziendali è positivo, l'Abenomics sta passando dalla sua prima fase – incentrata su una politica monetaria espansiva che ha tenuto relativamente debole il cambio delle yen - a una più complessa tra tagli alle imposte e miglioramenti della produttività, mentre una più solida corporate governance continuerà a generare ritorni storicamente da record per gli azionisti».

In questa prospettiva, anche un approccio passivo all'esposizione verso il mercato nipponico promette soddisfazioni. Lee gestisce però direttamente un fondo che investe sulle small cap, società fino a un massimo di 200 miliardi di yen di capitalizzazione: il Janus Henderson Horizon Smaller companies fund. E sottolinea che il maggior valore sprigionabile per l'investitore sta nascosto nel piccolo universo di aziende trascurate dagli analisti (mentre le più grandi finiscono per esser monitorate fino all'eccesso).

Sul lungo termine, il suo fondo ha decisamente sovraperformato, salvo l'anno scorso a causa di fattori contingenti che hanno interessato tre stock prescelti. Ad ogni modo, c'è un continuo “rebalancing” del portafoglio: di recente, in particolare, è stato alzato il peso del comparto consumer discretionary e ridotto quello dell'information technology. Tra titoli che a lui piacciono, figurano Tokyo Steel Manufacturing, Aiful Corp., Relia, Ricoh, Isetan Mitsukoshi, Pioneer, Asics, Mitsui Engineering & Shipbulding, Nippon Yusen e Nippon Soda.


6occc
http://www.ilsole24ore.com/
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