Giappone E Abenomics (0MO3)

- Modificato il 19/7/2021 09:56
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Grafico Intraday: Ishares Nikkei 225 AgGrafico Storico: Ishares Nikkei 225 Ag
Grafico IntradayGrafico Storico

 

I tre pilastri del ventilato rilancio del Giappone sono:

 

1) politica monetaria audace;

2) politica fiscale flessibile;

3) una strategia di crescita con cui la mano pubblica finisce per stimolare gli investimenti privati.

 

Il presupposto è l'accantonamento, almeno tempotraneo, del problema del debito pubblico (pari, in Giappone, a circa il 240% del PIL, più o meno il doppio dell'Italia) per concentrarsi sulla promozione dello sviluppo di una economia appena uscita da una recessione.











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181 di 231 - Modificato il 16/12/2015 09:04
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014

Balzo dell'Asia alla vigilia della Fed

Le aspettative di un rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale Usa, con conseguente apprezzamento del dollaro, ha sostenuto i listini del Far East, con sensibili apprezzamenti a Tokyo (+2,6%) Hong Kong (+1,95%) e Shenzen (+1,3%)

Gli operatori danno praticamente per scontato un ritocco all'insù dei tassi officiali Usa. "La fed non si farà distrarre dalle difficoltà sul mercato dei bond high yield, che peraltro si sono attenuate. La volatilità si mantiene a livelli contenuti" riferisce un report di Standard Chartered citato da Marketwatch (gruppo Wall Street Journal).

Un rialzo dei tassi americani, con conseguente rafforzamento del dollaro, stimolerà l'export di due economie, come Cina e Giappone, ancora molto legate alle vendite all'estero dei prodotti nazionali.

Ha aiutato anche il recupero dei titoli enerrgetici cinesi, determinato dal fatto che le autorità hanno deciso di sospendere gli aggiustamenti al ribasso dei prezzi alla pompa dei carbUranti.

Ciò ha indotto gli speculatori a ridurre le scommesse al ribasso contro i titoli del comparto, inducendoli quindi a ricoprirsi le posizioni short. Sinopec a Hong Kong ha messo a segno un rialzo del 2,1% mentre Petrochina ha guadagnato l'1,1%. Questi due gruppi hanno contribuito al progresso dell'indice Hang Seng.

Da segnalare infine il tonfo a Hong Kong del titolo Prada, che ha perso il 9% dopo aver riportato un calo del 26% nell'utile netto dei nove mesi del 2015
182 di 231 - 21/12/2015 08:46
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Boj e yen pesano sul Nikkei, petrolio ai minimi dalla crisi del 2008

La borsa di Tokyo ha aperto male, sfiorando perdite attorno al 2%, ma con il passare delle ore ha poi recuperato il rosso. Due le cause, secondo gli osservatori asiatici: lo yen, che venerdì scorso ha registrato un rialzo dell’1,1% contro il dollaro mandando in tilt le società giapponesi che vivono di esportazioni (sono i maggiori gruppi quotati), e il timore che la Banca centrale non incrementi il suo programma di allentamento quantitativo nel 2016.

Alle ore 7,50 italiane, l’Hang Seng scambiava a +0,32%, Shanghai era positiva per l’1,73%, il Nikkei, a pochi minuti dalla chiusura, perdeva lo 0,37%.

A dire il vero venerdì la Boj aveva annunciato nuove misure, fra cui l’allungamento delle maturities medie dei titoli di Stato che compra e il futuro acquisto di etf. Quest’ultimo particolare aveva colto di sorpresa di investitori, che oggi hanno dimostrato la loro delusione. Infatti vorrebbero un più semplice QE2, un programma allargato di acquisto di asset. Dopo la delusione di Mario Draghi a inizio dicembre in Europa, oggi tocca ad Haruhiko Kuroda, il governatore della Boj, non essere accolto favorevolmente dal mercato.

Non aiuta certo i listini la continua debolezza del petrolio, che in Asia ha perso (Wti americano) un altro 0,86% e quota a 34,42 dollari il barile, ai minimi dalla crisi finanziaria del 2008. Il Brent europeo, invece, è sceso ai minimi dal 2004 a 36,17 dollari il barile (futures con scadenza febbraio 2016). Sia il Wti che il Brent hanno perso il 35% da inizio anno.

Continuano i timori di scorte eccessive dopo che l’Opec, il 4 dicembre, ha tolto ogni limite alla produzione e dopo che gli Usa hanno cancellato giorni fa la legge, vecchia di 40 anni, che vietava l’esportazione di petrolio americano fuori dagli Stati Uniti.

“Il problema è che i prezzi delle materie prime restano bassi, il debito delle società è troppo alto e i mercati emergenti continuano a soffrire. A questo si aggiunga che la Fed insiste nel parlare dell’economia americana come se fosse forte mentre appare sempre più sulla via della debolezza”, ha commentato Stewart Richardson, chief investment officer di RMG Wealth Managemement a Londra, contattato da Bloomberg.
183 di 231 - 22/12/2015 08:43
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Cina debole, troppa produzione e troppe case

Borse cinesi in recupero a fine sessione dopo aver aperto in rosso. La causa è un comunicato del Central Economic Work Conference, pubblicato dall’agenzia di stato Xinhua nella giornata di ieri, che evidenzia due problemi importanti nell’economia del Paese. Da un lato la sovraproduzione industriale, dall’altro l’eccesso di offerta di abitazioni sul mercato. Il documento intero non è stato reso noto, ma sono alcuni passaggi.

Alle ore 7:50 italiane l’Hang Seng scambiava a +0,06%, Shanghai era positiva per lo 0,15% mentre il Nikkei cedeva lo 0,15% a pochi minuti dalla chiusura.

Nel frattempo lo yuan onshore, scambiato all’interno della Cina, è ai minimi contro il dollaro dal 2011 attorno a 6,4783. Intanto il petrolio si sta stabilizzando in Asia vicino ai valori minimi registrati ieri mattina, col Brent europeo mai così basso da 11 anni (36,52 dollari il barile nelle ultime ore) e il Wti americano a 34,66 dollari il barile, ai minimi dalla crisi finanziaria del 2008.

Del resto l’Arabia Saudita continua ad aumentare l’export di greggio, facendo così concorrenza all’interno dello stesso cartello dell’Opec. A ottobre le esportazioni sono cresciute del 3,6% rispetto a settembre a quasi 7,4 milioni di barili al giorno. Il Paese ha incrementato l’export addirittura del 6,8% a ottobre rispetto al dato di un anno prima anche se i prezzi, nel frattempo, sono scesi del 42%.

Del resto la guerra per il controllo del mercato mondiale è viva più che mai, se si pensa che venerdì scorso il presidente americano Barack Obama ha firmato una legge storica, che toglie dopo 40 anni il divieto per i produttori Usa di esportare petrolio.

E mentre Brent e Wti scendono, la Cina continua a riempire i porti di scorte a basso prezzo. A novembre Pechino ha importato 27,3 milioni di tonnellate di crude, in rialzo del 7,6% anno su anno.

Intanto lo yen giapponese si è indebolito dello 0,1% a quota 121,21 contro il dollaro nelle scorse ore dopo il mini rally di venerdì scorso, quando la decisione della Boj di non espandere in maniera incisiva il programma di acquisto di obbligazioni l’anno prossimo aveva scontentato il mercato.

E dopo il crollo del 9,8% ieri, anche oggi Toshiba ha lasciato sul terreno un altro 11,1%. Il gigante giapponese prevede di chiudere l’anno fiscale (a fine marzo 2016) con perdite nette per 4,5 miliardi di dollari e con un taglio di 8.000 dipendenti.

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184 di 231 - 23/12/2015 08:56
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Cina contrastata in attesa di un altro taglio dei tassi

Hong Kong positiva, oggi, Shanghai molto contrastata con un rialzo sopra l'1% seguito da una flessione in zona rossa, a marcare quello che i tecnici definiscono un tentativo di “Santa Rally”, una sessione di festeggiamento del Natale. I volumi, comunque, sono ridotti alla vigilia della festività. Resta debole Tokyo da una settimana a questa parte, da quando venerdì scorso la Banca centrale giapponese ha deluso le attese degli investitori che volevano un acquisto ancora più massiccio di obbligazioni. E invece nel 2016 la Boj si concentrerà sugli etf quotati a Tokyo.

Alle ore 7:50 Hong Kong scambiava a +1,09%, Shanghai a +0,8% per poi improvvisamente cedere a -0,4%. Il Nikkei, a pochi minuti dalla chiusura, fletteva per lo 0,15%.


Sulle piazze cinesi si sta scommettendo un nuovo taglio del costo del denaro, l’ennesimo negli ultimi dodici mesi, per far defluire gli investimenti dall’obbligazionario e spingere le borse al rialzo. Gli acquisti oggi sono stati trainati anche dal rialzo del prezzo del petrolio, col Wti americano che sulle piazze asiatiche scambia a +0,66% raggiungendo i 36,88 dollari, mentre giusto due giorni fa era pericolosamente vicino a sfondare al ribasso la soglia dei 33 dollari al barile.

I fondamentali, in ogni caso, non sono cambiati sul greggio, con scorte sempre molto elevate e l’Arabia Saudita che sta aumentando le esportazioni. Gli analisti però sanno che quando il greggio scende in maniera sensibile si fa avanti la Cina, che acquista barili da stoccare nei porti.

Secondo un report pubblicato da Capital Economics, che vorrebbe essere un misuratore alternativo a quello statale nella definizione del prodotto interno lordo, l’economia cinese è cresciuta da gennaio a novembre di quest’anno del 4,3% rispetto allo stesso periodo del 2014. Unico neo il settore immobiliare, che resta al palo.
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185 di 231 - 28/12/2015 09:07
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Borsa di Tokyo +0,6%, indagato il presidente di China Telecom

La borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,6%, a 18.873 punti. La produzione industriale preliminare del Giappone è scesa dell'1% a novembre su base mensile, per la prima volta in tre mesi, dopo essere cresciuta dell'1,4% a ottobre. Il consenso degli economisti si aspettava una perdita più contenuta pari allo 0,4%. Il Ministero dell'Economia, del Commercio e dell'Industria ha mantenuto invariata la sua valutazione sul comparto, puntualizzando che la produzione "si sta muovendo avanti e indietro". Sul dato hanno pesato i cali nella produzione dei macchinari per le imprese, dell'industria chimica e dei mezzi di trasporto. Nel frattempo le vendite al dettaglio del Giappone sono scese dell'1% a novembre, registrando il primo calo da due mesi.

Il prezzo del petrolio è ancora in calo sui mercati asiatici, a causa di timori per la sostenibilità della ripresa globale e in attesa dei dati sulle scorte Usa. Alle 8 ora italiana, il Wti si mostrava in calo di 34 centesimi, a 37,76 dollari al barile, mentre il Brent scendeva di 12 centesimi, a 37,77 dollari al barile.

Borse cinesi in calo: alle 8 ora italiana Hong Kong perdeva l'1%, Shanghai il 2,1%. Il presidente di China Telecom, Chang Xiaobing, è sotto indagine per presunta violazione del codice disciplinare imposto dalle autorità centrali cinesi. Chang Xiaobing è sotto inchiesta della Commissione centrale degli ispettori disciplinari nel quadro della campagna anticorruzione avviata dal governo per prevenire il dilagante fenomeno delle tangenti e di altri fenomeni di corruzione.

Il responsabile dell'Agenzia di urbanistica della città di Shenzhen, dove si è verificata la gigantesca frana che ha devastato un intero quartiere periferico della città nel Sud della Cina, si è tolto la vita. Secondo quanto riportato dalla polizia locale, Xu Yuan'an, si è ucciso gettandosi nel vuoto.

La frana di Shenzhen, che il 20 dicembre ha sepolto una trentina di edifici, ha causato la morte di 7 persone, ma altre 75 risultano ancora disperse. Il disastro è stato causato dalla montagna di terra e detriti edilizi accumulati illegalmente ai margini degli edifici e poi crollata a seguito delle abbondanti piogge. Ieri si è suicidato anche il proprietario di una miniera nella provincia orientale cinese di Shandong, dove un crollo ha ucciso un operaio e ne ha intrappolati altri 17.

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186 di 231 - 29/12/2015 10:05
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Borse asiatiche in leggero rialzo, Tokyo +0,6%

Seduta positiva alla Borsa di Tokyo. L'indice Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,6% a 18.982 punti. Tra i titoli in evidenza Toshiba con un rialzo del 2,7% dopo che la società ha annunciato le trattative per una nuova linea di credito da 2,5 miliardi di dollari per la ristrutturazione.

Alle 8 ora italiana borse cinesi leggermente positive: Hong Kong +0,4%, Shanghai +0,5%. Sui mercati asiatici si è arrestata la flessione dei prezzi del petrolio: il future sul Brent mostra un recupero di 15 centesimi a 36,69 dollari al barile e performance analoga per il Wti che resta poco sotto i 37 dollari. Intanto si restringe a 100 punti lo spread tra Btp e Bund in avvio dei mercati europei. Il decennale italiano mostra un rendimento invariato rispetto a ieri all'1,60% mentre vendite sul decennale tedesco che vede risalire il rendimento a 0,568%.

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187 di 231 - 30/12/2015 08:53
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Borsa di Tokyo +0,3%, nel 2015 ha guadagnato il 9,1%

La borsa di Tokyo ha chiuso leggermente positiva (+0,3% a 19.033 punti), mettendo così a segno un guadagno da inizio anno del 9,1%. Alle 8 ora italiana, invece, la borsa di Shanghai cedeva lo 0,2%, Hong Kong lo 0,5%. Da qualche giorno l'andamento dei mercati segue quello dei prezzi del petrolio.

Ieri erano andate bene grazie a un forte recupero del barile, mentre oggi il future sul Brent cedeva sui mercati asiatici 14 centesimi, pur restando sopra i 37 dollari al barile attestandosi a 37,47. Il future sul Wti mostrava una flessione più marcata, in calo di 66 centesimi a 37,22 dollari al barile.

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188 di 231 - 04/1/2016 11:54
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
I dati macro e la fine del divieto di vendite azionarie fanno crollare la Cina

I mercati azionari cinesi si sono chiusi automaticamente dopo un tonfo del 7%. Il crollo del listino cinese è stato causato dalla pubblicazione dell'indice Caixin/Markit Pmi del mese di dicembre (in calo a 48,2 dal 48,6 di novembre), che segnala la contrazione dell'attività manifatturiera per il decimo mese consecutivo, e dal fatto che a breve verrà abolito il divieto alla vendita di partecipazioni azionarie per i grandi azionisti, che era stato introdotto dopo le turbolenze della scorsa estate.

Per la prima volta sono scattati nelle borse cinesi i circuit breakers, che prevedono la sospensione degli scambi per il resto della giornata quando il listino scende del 7%.

La Banca centrale della Cina ha fissato il cross dollaro/yuan a 6,5032 contro l'ultimo fixing del 6,4936, portando lo yuan sui minimi contro il dollaro dal 2011. Il cambio dollaro/yen è decollato sopra 6,50 e ha toccato un massimo intraday a 6,5227.

Dal punto di vista grafico ci sarà probabilmente un ulteriore indebolimento dello yuan contro il dollaro. Il biglietto verde potrebbe inoltre apprezzarsi in vista della pubblicazione delle minute del Fomc di mercoledì. Un tono rialzista Fed, tale da far presupporre ulteriori aumenti dei tassi di interesse, dovrebbe infatti spingere al rialzo il dollaro. Attualmente il cambio dollaro/yen è 6,5093.
189 di 231 - 05/1/2016 11:24
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Pechino mantiene l'obbligo all'acquisto di azioni. Shanghai ancora nervosa

Dopo il sell off di ieri in Cina, con l’indice Csi 300 che ha perso il 7% bruciando in una sola seduta 590 miliardi di dollari, si è mosso il governo in maniera pesante. Pechino ha ordinato alla PBoC di iniettare 130 miliardi di yuan (19,9 miliardi di dollari).

I 130 miliardi di yuan che PboC ha iniettato nel sistema sono fondi a breve termine (seven-day reverse repos) ad un tasso del 2,25%. La decisione è stata presa ieri, quando la Banca centrale cinese non ha rinnovato una linea di credito per pari importo a China Development Bank, fra i maggiori istititui di credito del Paese, nella speranza che la liquidità del mercato rimanesse ampia.

Inoltre il governo ha avvertito a voce (attraverso la Consob locale) i manager delle maggiori società pubbliche che l’acquisto coatto di azioni non scadrà a fine settimana. Particolare, questo, rivelato da Bloomberg.

Il risultato? Oggi Shanghai è rimasta forzosamente piatta per due ore come è accaduto dopo il sell off estivo del 2015. Verso le ore 7,30 italiane ha cominciato a perdere quota (-3,3%), per poi portarsi a -2,6% qualche minuto dopo e riprendere il recupero attorno alle ore 8,00 verso un -0,3%. In rosso anche Hong Kong, da un -0,4% nella prima fase di contrattazione, per scendere a un -0,94%. Molto contrastata anche Tokyo, che ha chiuso con un -0,4%.

Attendisti nel frattempo i mercati del petrolio. In Asia il Wti americano tratta a 36,82 dollari il barile, con un modetso rialzo dello 0,16%. Le quotazioni sono soggette a due forze opposte, i dati sull’economia cinese spingono al ribasso, le tensioni fra Arabia Saudita e Iran al rialzo.
190 di 231 - 06/1/2016 09:42
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Shanghai sale per decreto, ma brutti segnali dal Pmi servizi


Mentre Hong Kong oggi resta sotto’acqua e anche Tokyo ha chiuso in rosso (-1%), la borsa di Shanghai sale, ma per decreto. Ieri, infatti, il governo aveva annunciato alle società quotate che la liberalizzazione degli scambi, prevista per il fine settimana, è stata sospesa. Ha così prolungato l'obbligo per le società di Stato di acquistare forzatamente nel listino di Shanghai evitando casi di tracollo dell'indice, come è avvenuto il primo giorno di borsa del 2016.

Nel frattempo il settore servizi, che negli ultimi tempi era andato meglio rispetto al manifatturiero, invia segnali poco incoraggianti. Nelle scorse ore Caixin e Markit hanno pubblicato il loro indice sul Pmi servizi della Cina relativo a dicembre, sceso a 50,2 da 51,2 di novembre. Quota 50 rappresenta lo spartiacque fra crescita e contrazione.

Il dato pesa, al ribasso, per due ragioni: da un lato il peso del comparto nell’economia del Paese (51,4% rispetto al 49,1% di un anno fa) e per il fatto che era l’unico indicatore in crescita nel 2015 (spinto in maniera scientifica da una serie di interventi mirati del governo) contro un indice di produzione sempre più anemico. Secondo Caixin e Markit l’aumento modesto del nuovo lavoro è uno dei dati più deboli nella serie storica dell’indice.

Alle ore 8 italiane, Shanghai stava prendendo lo slancio per il rimbalzo (+1,96%, un’ora prima era a +0,6%), l’Hang Seng scambiava a -0,89% mentre il Nikkei, ha chiuso in calo delll’1%.

L’indice Caixin, gruppo editoriale privato, segue il dato governativo pubblicato venerdì scorso, che invece racconta una storia diversa: il Pmi non manifatturiero è salito a dicembre a 54,4 dal precedente 53,6 di novembre. Fra i due indicatori esiste una differenza, perché quello ufficiale include anche il settore delle costruzioni, che in Cina sta ricevendo un importante sostegno economico (anche se lo stock di edifici invenduti resta molto alto).

Oggi è stato pubblicato anche l’’indice Nikkei Pmi relativo a Hong Kong, in ulteriore discesa, a dicembre, a 46,4 da 46,6 di novembre a causa del rallentamento degli ordini proveniente dalla Cina.

La domanda che gli economisti si pongono ormai da un anno è: quanto sta crescendo, in realtà, la Cina, dopo una serie di dati economici in continua flessione? Goldman Sachs ha previsto un +6,4% nel 2016 dal +6,9% del 2015, con un primo trimestre più difficoltoso (+5,8%). La banca d’affari americana parla di un calo dell’export e un maggiore peso del settore servizi.



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191 di 231 - 07/1/2016 10:10
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Nuovo crollo a Shanghai, -7%

Cina, è un altro tonfo. Nonostante il blocco alla vendita dei titoli, divieto che dovrebbe scadere domani, oggi, dopo un’ora di contrattazione, l’indice Csi 300, che traccia l’andamento dei titoli più rilevanti di Shanghai e Shenzhen, cedeva il 7,31% a quota 3.116. Le contrattazioni erano state sospese per 15 minuti in precedenza quando il listino aveva perso il 5%. Vedendo che alla ripresa la situazione stava peggiorando, il regolatore ha sospeso la seduta odierna.

Sono proseguiti gli scambi a Hong Kong, che alle ore 8 italiane perdeva il 2,80%, mentre il Nikkei ha chiuso a -2,33%. Nel frattempo il petrolio Wti americano, che ieri durante la sessione di Wall Street ha lasciato sul terreno il 5,5%, sta ampliando le perdite anche in Asia. Ha sfondato al ribasso la soglia dei 33 dollari al barile portandosi a quota 32,68, con un ribasso del 3,80%. E il Brent crude con consegna a marzo 2016 perde un altro 4,25% a quota 33,16 dollari.

Dopo quattro giorni di contrattazioni da inizio anno, Shanghai ha lasciato sul terreno il 12%. È la maggiore perdita settimanale dal selloff di fine agosto 2015. Le autorità di borsa avevano chiamato al rapporto nei giorni scorsi i manager dei gruppi statali quotati per avvertirli che la regola sul blocco delle vendite, entrata in vigore 6 mesi fa dopo il crollo dei listini, non sarebbe scaduta domani come previsto. E oggi sul sito di China Securities Regulatory Commission è stata pubblicata ufficialmente una nuova regola, secondo la quale i gruppi che detengono oltre il 5% di una società quotata non possono vendere oltre l'1% dei titoli in portafoglio nei prossimi tre mesi. E devono dare comunicazione preventiva alla Borrsa con almeno 15 sedute di anticipo.

Nel frattempo, la Banca centrale cinese continua a fissare al ribasso il valore dello yuan onshore (scambiato all’interno del Paese, può oscillare all’interno di una banda compresa fra +2% e -2%), che ora viaggia contro il dollaro a 6,5646 (-0,51% rispetto a ieri). Si tratta della maggiore svalutazione della moneta dal 13 agosto scorso.

L’offshore yuan, invece, che scambia liberamente fuori dal Paese, ha toccato un altro minimo che non vedeva dal 2011 a quota 6,5920 contro il dollaro (era a 6,5555 ieri).

192 di 231 - 08/1/2016 10:28
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Torna in campo il National Team. Shanghai sale del 2,3%

È tornato il National team a Shanghai, la squadra di soccorso dei fondi di Stato che acquistano quando il governo ordina di far salire le borse. E il listino sale del 2,3% in maniera controllata, nonostante da oggi non esista più la regola del blocco delle contrattazioni su ribassi del 5%, dopo il crollo del 7,3% di ieri.

Anche oggi Shanghai ha avviato la seduta fra enormi difficoltà, con l’indice che puntava al ribasso, ma è stato recuperato al volo per portarsi ad un +3% poi stabilizzatosi attorno al 2% di guadagni. Gli acquisti sono sostenuti da due fattori: da un lato l’impossibilità di vendere da parte dei grossi gruppi quotati, dall’altra il ritorno, secondo Bloomberg, dei fondi pubblici di supporto, che gli americani hanno ribattezzato National Team, chiamati in soccorso quando Shanghai va in crisi. Oggi i fondi stanno facendo rimbalzare i colossi energetici e quelli finanziari.

Alle ore 7,50 italiane, Shanghai saliva del 2,4%, Hong Kong dello 0,89%, mentre il Nikkei, ha chiuso a -0,4%, livello del resto tenuto per ore. Intanto Il petrolio sta recuperando in parte le perdite dei giorni scorsi, col Wti americano appena sotto i 34 dollari al barile.

Per aiutare a stabilizzare le borse è intervenuta nelle scorse ore anche la banca centrale cinese che ha acquistato yuan (ora trattato a 6,5905 contro la chiusura di ieri a 6,5956) mentre ieri si era mossa al contrario spingendo al ribasso la valuta onshore dello 0,51%. Quest’ultima viene scambiata solo in Cina e in maniera controllata all’interno di una banda di oscillazione con fixing quotidiano fra +2% e -2%.

Di conseguenza anche lo yuan offshore, che viene scambiato liberamente al di fuori della Cina, in queste ore ha fermato la discesa posizionandosi a 6,6727 contro il dollaro, dopo aver toccato ieri i minimi da cinque anni a quota 6,7511.

Lo yuan più debole aiuta senza dubbio l’export cinese ma nel contempo aumenta i rischi per i detentori di titoli di Stato e aumenta la speculazione che il rallentamento nella più grande economia dell'Asia sia più profondo di quanto i dati ufficiali suggeriscono. La svalutazione a sorpresa dello scorso agosto ha irritato i mercati globali, terrorizzati dall'eventualità che il ribasso dello yuan inneschi una guerra valutaria esacerbando le pressioni deflazionistiche nelle nazioni sviluppate.

(MILANO FINANZA)

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193 di 231 - Modificato il 11/1/2016 09:07
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Borse Ue, previsto avvio sotto la parità. L'Asia fa ancora paura

Mentre non si arresta la caduta dei listini azionari asiatici, con la borsa di Shangai che è crollata di un altro 5,3% stamani e ancora più pesanti sono le perdite per l'indice Shenzen composite, che ha lasciato sul terreno il 6,6% (Tokyo oggi è chiusa per festività), per le borse europee si attende un avvio di settimana improntato ancora alla cautela.

Intanto la State Administration of Foreign Exchange cinese, che sta continuando ad adoperarsi per prevenire i rischi sul mercato dei cambi, ritiene che le riserve di valuta estera di Pechino siano "relativamente sufficienti". L'autorità inoltre chiederà alle banche di garantire la legalità delle transazioni valutarie, inasprire i controlli sulle operazioni illegali e "proteggere il normale ordine nel mercato dei cambi".

Le riserve cinesi di valuta estera sono scese di 107,9 miliardi di dollari a fine dicembre a 3.330 miliardi, attestandosi sui minimi da tre anni. Le autorità cinesi devono spendere un significativo ammontare di dollari per sostenere lo yuan, vista la decelerazione della Cina e il rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve.

Inoltre stamani si è appreso che il ministero delle Finanze cinese ha intenzione di imporre un limite all'ammontare di debito detenuto dagli enti locali, aggiustandolo in base alla performance dell'economia.

Sempre a proposito della Cina, un consorzio di investitori che include China National Chemical Corp ha raggiunto un accordo per comprare KraussMaffei Group per un miliardo di dollari, incluso il debito, in quello che rappresenta la maggior acquisizione cinese di una società tedesca.

Oggi l'agenda in Europa è scarna di dati macro. Si attende dalla Spagna la produzione industriale di novembre. In calendario negli Usa alle 18:40 il discorso di Lockhart (Fed) sulle prospettive economiche.

Inoltre, mentre il petrolio continua a deprezzarsi (il barile Wti americano scende a 32,36 dollari), l'euro risulta ancora in rafforzamento sui mercati valutari asiatici, una tendenza guidata secondo gli analisti dall'avversione al rischio che domina in questa fase e che, contrariamente alle attese, sta premiando la valuta unica. L'euro tratta ora a 1,0942 dalla chiusura di venerdì a quota 1.0929.

Gli analisi di Rabobank affermano che gli sviluppi politici in Spagna "stanno preparando il terreno per altre turbolenze sull'euro di entità pari a quelle create dalla Grecia entro i prossimi 18 mesi". "I separatisti", puntualizzano, "si sono insediati nel Governo regionale della Catalogna, promettendo di andare avanti con i piani per scrivere una nuova Costituzione, creare una Banca Centrale e fondare meccanismi propri di sicurezza e difesa".

Inoltre, da segnalare che oggi inizia con Alcoa la stagione delle trimestrali americane. Sul fronte dei singoli titoli di piazza Affari, ancora da seguire Fca e Ferrari . Tra i titoli minori si segnala Cti Biopharma , che ha reso noto l'avanzamento positivo del suo principale programma clinico.

(MILANO FINANZA)
195 di 231 - 12/1/2016 08:42
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Cina fragile, petrolio ai minimi da 12 anni

Grande volatilità in Asia dopo il crollo di Shanghai nella sessione di ieri (-5,3%). L’indice principale della borsa cinese è stato molto volatile nelle prime ore per poi appiattirsi totalmente come accade quando entra in campo il National Team, il gruppo di investitori pubblici che acquista in maniera forzata. Alle 7:25 italiane ha cominciato a cedere andando in rosso per poi essere ripreso al volo e alzasi a un modesto +0,4%. Hong Kong, invece, ha trattato praticamente sempre in negativo (-0,7% alle ore 7:50 italiane). E Tokyo, che oggi riapre dopo le festività di lunedì, si è svegliata male perdendo, poco prima della chiusura, il 2,71%.

Intanto il petrolio ha continuato a cadere e, dopo il 5% perso ieri durante la contrattazione di New York, nella sessione asiatica sta lasciando sul terreno un altro 3% (Wti americano) a quota 30,45 dollari il barile. Già i siti Usa scrivevano ieri sera che il greggio a 32 dollari non si vedeva al Nymex dal 2003. Intanto anche il Brent europeo ha perso il 2% portandosi sotto 31 dollari il barile.

Sia il Wti sia il Brent hanno ceduto da inizio anno il 17% a causa della paura per l’economia cinese, le tensioni in Medio Oriente all’interno del cartello Opec e le previsioni di rialzo del dollaro nel 2016. Quando il dollaro sale, il greggio tende infatti a scendere.

Ne frattempo la Banca centrale cinese ha cercato di stabilizzare lo yuan onshore, controllato dai regolatori e trattato all'interno del Paese, che la settimana scorsa era stato deprezzato dell’1,5% mandando in tilt le borse mondiali. E quindi lo yuan onshore, che può scambiare per il +2%/-2% all’interno di una banda di oscillazione quotidiana, è stato trattato oggi a 6,5733 per dollaro, leggermente più debole rispetto a 6,5695 della chiusura di ieri.

Lo yuan offshore, invece, che viene trattato liberamente fuori dalla Cina, ha toccato nelle scorse ore i massimi da inizio anno a 6,5705 riavvicinandosi, dopo due mesi, alla quotazione della moneta scambiata all’interno del Paese.

Come scrive oggi Marketwatch (gruppo Wall Street Journal), i trader sostengono che lo yuan offshore si stia rafforzando in maniera forzata grazie ai forti acquisti delle banche cinesi di proprietà statale, un segnale di intervento indiretto da parte della banca centrale cinese. Quest'ultima ha limitato la fornitura dello yuan osffshore, riducendo così la liquidità e facendo balzare il tasso col quale le banche di Hong Kong prestano yuan l'un l'altra durante la notte (overnight rate) al livello record del 66,815%. Il tasso era balzato al 13,4% ieri contro il 4% di venerdì scorso.
196 di 231 - 13/1/2016 08:43
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo festeggia lo yen, ma l'export cinese taglia le gambe a Shanghai

Asia a due velocità: da un lato Tokyo festeggia con un rialzo che sfiora il 2,89% grazie al nuovo indebolimento dello yen sul dollaro, e Hong Kong (1,98% alle ore 7,50 italiane) è praticamente invariata da inizio seduta, dopo i dati tanto attesi sulle esportazioni della Cina nel mese di dicembre. Nonostante l’intervento del governo per sostenere il listino, l’indice di Shanghia non riesce invece ad andare positivo e verso fine seduta, attorno alle ore 7,45 italiane, ha al ribasso deciso (-1,52%) dopo il dato sulle esportazioni, piuttosto controverso per poi accentuare la caduta oltre il 2,4%.

Secondo l'Amministrazione generale delle dogane (General Administration of Customs), le esportazioni cinesi sono scese dell'1,4% a dicembre espresse in dollari rispetto a un anno prima, dopo il tonfo del 6,8% a novembre. E’ senza dubbio un calo più modesto rispetto alla diminuzione dell’8,0% prevista da un pool di 15 economisti interpellati dal Wall Street Journal. In termini di yuan, le esportazioni sono aumentate lo scorso mese. Le importazioni, invece, sono scese del 7,6% rispetto all'anno precedente, a fronte di un calo del 8,7% nel mese di novembre.

Ma, come fa notare Marketwatch (gruppo Wsj), questo dato sull’export in Cina è il peggior risultato dal 2009, determinato dalla debolezza della domanda interna che ha continuato a pesare sulla seconda più grande economia del mondo.

L’avanzo commerciale della Cina è cresciuto nel frattempo a 60,1 miliardi di dollari (dicembre 2015) da 54,1 miliardi di dollari di novembre. Le esportazioni deboli dello scorso anno e le importazioni anche più deboli hanno portato a un record nel surplus commerciale annuale di 594,5 miliardi di dollari rispetto ai 382,5 miliardi registrati nel 2014. Le esportazioni relative a tutto il 2015 sono scese del 2,8% e le importazioni sono diminuite del 14,1%.

"In Cina il calo le esportazioni nel 2015 è dovuto principalmente al rallentamento della domanda esterna causato dallo slowdown della ripresa economica globale dopo la crisi finanziaria", ha commentato il portavoce delle dogane Huang Songping nelle scorse ore. “Ma la performance delle esportazioni della Cina è migliore di altre grandi economie del mondo."

Intanto il petrolio cerca di rialzare la testa durante la contrattazione asiatica: sale dell'1,12% a 30,78 dollari (barile Wti americano).

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197 di 231 - Modificato il 14/1/2016 10:39
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo crolla sotto lo yen, in Cina problemi con lo yuan

Tonfo di Tokyo, arrivata a toccare il -4% per poi recuperare a fine seduta il -2,68% alle ore 7,45 italiane. Pesa il pessimo dato sugli ordinativi dei nuovi macchinari (-14,4%) e pesa letteralmente lo yen, che si è rinforzato anche oggi durante la contrattazione asiatica contro il dollaro a 117,29 contro il rispetto alla chiusura di ieri a 117,68. La valuta giapponese è considerata un porto sicuro per gli investitori, in fuga dalla Cina.

Gli ordinativi di nuovi macchinari in Giappone sono crollati per la prima volta a novembre negli ultimi tre mesi a causa della crescita globale rallentata che pesa sul sentiment delle società. Il governo ha registrato un crollo degli investimenti delle imprese, scesi del 14,4% mese su mese (dato destagionalizzato). Gli economisti interpellati da The Wall Street Journal e dal Nikkei si aspettavano un calo del 7,8%. Su base annuale gli ordini sono saliti dell’ 1,2%.

Nonostante il forte calo degli ordini nel mese di novembre rispetto al mese precedente, il governo ha lasciato inalterata la sua valutazione.

Nel frattempo la Cina ha recuperato in parte le perdite della giornata, con l’Hang Seng che alle ore 7,40 quotava a -0,56%, mentre Shanghai stava tentando la corsa a +1,3% dopo una partenza ancora una volta in netto rosso. Il petrolio Wti americano è in guadagno dell’1% a 30,80 dollari il barile, il Brent europeo scambia a 30,22 dopo essere sceso ieri sera a Wall Street sotto la soglia dei 30 dollari, che non vedeva da almeno 10 anni.

Intanto sono tornati i problemi con lo yuan. Dopo i tentativi della Banca centrale cinese di stabilizzare la valuta cinese, oggi lo yuan offshore ha ripreso a scendere. Il dato per gli investitori è particolarmente significativo, perché si tratta della divisa scambiata liberamente fuori dalla Cina e sulla quale solo nell’ultima settimana Pboc ha iniziato a intervenire.

Una discesa dello yuan offshore indica che il mercato teme ancora molto cattive notizie sulla reale crescita del Paese. La valuta scambiata quindi a Hong Kong oggi è scesa fino al -0,64% a quota 6,6071 contro il dollaro. I trader hanno detto di aver notato che le grandi banche statali cinesi stanno vendendo dollari e acquistando yuan per cercare di mantenere il livello della valuta offshore alla pari con quella onshore. Quest’ultima è scambiata solo in Cina ed è direttamente controllata dalla Banca centrale.

(MILANO FINANZA)


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198 di 231 - 15/1/2016 08:48
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Petrolio e banche sgambettano Shanghai (-4%)

Il rally di Wall Street di ieri, con il Nasdaq che ha recuperato il 2% dalle forti perdite del giorno precedente, si è fermato a Shanghai scontrandosi con la nuova debolezza del petrolio. Il Wti americano ha perso il 3% durante la contrattazione asiatica a 30,25 dollari il barile mentre i futures sul Brent crude europeo con consegna a marzo hanno ceduto l’1,5% a 30,42 dollari il barile.

Molto volatile il listino di Shanghai. Alle ore 5:30 italiane è stato tenuto fermo dalle autorità con un ribasso fisso dell’1,5% per un paio di ore (sono intervenuti i fondi di Stato a limitare le perdite), per poi crollare al -3,5%. E da lì in avanti è stato tutto un saliscendi fra il 3,5% e il -4,1%, toccando di nuovo i minimi dal selloff dello scorso agosto.

A Hong Kong l’Hang Seng si è adeguato, scambiando con una certa regolarità attorno al -1,4% mentre si è registrato il crollo più veloce del dollaro di Hong Kong dal 1992 ad oggi. La valuta ha ceduto oggi lo 0,1% dopo aver lasciato sul terreno lo 0,3% ieri in seguito al venir meno della fiducia degli investitori sull’economia cinese.

Debole per tutta la sessione anche il Nikkei, a -0,54% poco prima della chiusura, dopo che lo yen oggi si è apprezzato contro il dollaro registrando un incremento del 2% da inizio anno. Cattiva notizia per i colossi esportatori giapponesi, che vivono sulla svalutazione della moneta.

L'Msci Asia Pacific ha perso in queste ore lo 0,5%, trainato al ribasso dai titoli finanziari ed energetici. L’indice è scambiato al livello più basso dal novembre 2012 dopo due settimane di perdite. L'indice Shanghai Composite, invece, ha esteso le perdite dopo la pubblicazione di un report secondo il quale alcune banche hanno smesso di accettare azioni small-cap come garanzia sui prestiti. Immediatamente anche i futures sull'indice Standard & Poor 500 Index sono scivolati dello 0,8%.

Secondo International Finance News, citata da Bloomberg, ci sono diversi istituti di credito a Shanghai che hanno smesso di accettare titoli quotati di piccole e medie imprese sul listino di Shenzhen (ChiNext) come pegno dopo il recente crollo in azioni. Non solo. Hanno anche deciso di tagliare il collateral ratio sui prestiti garantiti da azioni di gruppi a larga capitalizzazione.

Nel frattempo, i prestiti delle banche cinesi a dicembre sono calati a 597,8 miliardi di yuan, sotto le attese degli economisti (700 miliardi le aspettative di un gruppo di economisti interpellati dal Wall Street Journal).

Lo yuan offshore, intanto, scambiato liberamente fuori dalla Cina, si sta dirigendo verso un guadagno settimanale dell'1% dopo che la banca centrale cinese è intervenuta per sostenere il tasso di cambio costringendo alcuni istituti di credito statali ad acquistare yuan. Lo yuan onshore, invece, direttamente controllato da PboC, è rimasto pressoché invariato oggi contro il dollaro.

(MILANO FINANZA)
199 di 231 - Modificato il 15/1/2016 16:52
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
CINA - Indice CSI 300 ancora dentro la tempesta. L'Analisi Tecnica di Websim

L'indice principale della Borsa cinese ha chiuso la settimana in flessione del 7% a 3.120 punti, inanellando la terza ottava consecutiva in rosso.

Da inizio anno la flessione si è ampliata a un -18%.

Dal picco record del giugno 2015 la Borsa cinese ha quasi dimezzato il suo valore: -43%.

Graficamente, l'indice CSI300 ha consolidato a lungo (per quasi due anni tra fine 2012 e inizio 2014) sopra quota 2mila punti.

Nella seconda metà del 2014 si è innescato un potente rally che da quota 2.200/2.000 punti ha spinto l'indice fino a quota 5.370 punti, non lontano dai massimi di sempre in area 5.800 punti.

La successiva correzione ha trovato un robusto sostegno in area 3mila punti, appoggiandosi alla trendline rialzista avviata nel 2014.

L'attuale discesa ha infranto tale trendline rialzista ma non ancora il sostegno statico in area 3mila punti, che a questo punto diventa il primo livello supportivo da monitorare.

Lo scenario di breve è dunque ancora molto incerto. Per gli acquisti è preferibile attendere ancora qualche punto di correzione.

cina.png?w=529


Uno strumento per operare su questo mercato può essere il seguente:

AMUNDI MSCI CHINA UCITS ETF (CC1.PAR) ISIN: FR0010713784
200 di 231 - 18/1/2016 08:45
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Petrolio ancora giù, A Tokyo (-1,1%) Nikkei sotto quota 17.000

La fine delle sanzioni contro l'Iran a seguito dell'accordo sull'energia nucleare spinge ancora di più al ribasso i prezzi del petrolio. Alle 8 ora italiana il Wti perdeva l'1,8% a 28,88 dollari al barile, il Brent l'1,7% a 28,45 dollari, dopo essersi spinto addirittura sotto quota 28 per la prima volta dal 2003. Anche se il Giappone è un Paese consumatore, la borsa di Tokyo ha chiuso in ribasso dell'1,1% con il Nikkei sotto quota 17.000 per la prima volta dallo scorso settembre, a 16.955 in quanto gli investitori temono che lo yen si rafforzi a causa dell'inceretzza dei mercati, costringendo le società esportatrici a rivedere al ribasso i loro conti. Dall'inizio dell'anno lo yen ha guadagnato il 2,7% sul dollaro. In Cina Hong Kong perdeva l'1%, mentre Shanghai guadagnava lo 0,5%. Ieri, invece le borse dei Paesi del Golfo sono precipitate a causa del ritorno del petrolio iraniano sui mercati.

La giornata di oggi è fondamentale per capire se la caduta di inizio anno è destinata a proseguire, in quanto le borse Usa ed europee sono scese sotto i minimi dello scorso agosto e questo rende ancora più difficile un rimbalzo. Il calo da inizio anno è stato talmente forte che ormai alcuni investitori dicono che bisogna cominicare a prendere in considerazione il rischio di una recessione globale.

La Banca centrale cinese, intanto, ha intenzione di richiedere alle banche straniere impegnate nel trading offshore dello yuan di collocare riserve presso di lei. Nel dettaglio la Pboc vuole che gli istituti di credito mettano, dal 25 gennaio, una parte dei loro depositi onshore in riserve. Il tasso di riserva obbligatoria verrà alzato da zero a "livelli normali", spiega la Banca centrale in una nota, senza però quantificarlo. Per la maggior parte degli istituti cinesi più grandi la percentuale è pari al 17,5%.

La Pboc si sta impegnando a deprezzare lo yuan in maniera metodica, cercando però allo stesso tempo di difenderla dalle pesanti pressioni al ribasso dei trader che speculano su una discesa più consistente e brusca della moneta cinese. La lotta è ancora più intensa sul mercato offshore, dove lo yuan tratta più liberamente. "La Pboc sta difendendo il tasso di cambio a spese dell'internazionalizzazione della sua moneta", sottolinea un analista di una primaria banca cinese.

(MILANO FINANZA)
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