Giappone E Abenomics (0MO3)

- Modificato il 19/7/2021 09:56
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
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I tre pilastri del ventilato rilancio del Giappone sono:

 

1) politica monetaria audace;

2) politica fiscale flessibile;

3) una strategia di crescita con cui la mano pubblica finisce per stimolare gli investimenti privati.

 

Il presupposto è l'accantonamento, almeno tempotraneo, del problema del debito pubblico (pari, in Giappone, a circa il 240% del PIL, più o meno il doppio dell'Italia) per concentrarsi sulla promozione dello sviluppo di una economia appena uscita da una recessione.











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141 di 231 - 30/9/2015 11:38
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Asia positiva ma Pechino teme la fuga dei capitali

Dopo il sell off (-4%) di Tokyo ieri, le Borse asiatiche cercano il rimbalzo e sono tutte positive nonostante i dati macro da Cina e Giappone siano grigi. Resta elevata la volatilità e la paura del reale rallentamento di Pechino, che ha messo in crisi negli ultimi tre mesi il settore delle materie prime e i Paesi estrattori.

Alle ore 8 italiane l’Hang Seng scambiava a +1,42% e Shanghai a + 0,92%. Il Nikkei ha chiuso a 17.388,15 punti (+2,70%).

A questo riguardo è intervenuto l’ufficio responsabile della valuta estera in Cina, avvertendo che la fuoruscita dei capitali dal Paese (nonostante tutti i mezzi restrittivi messi in atto dal governo per impedire il deflusso) continuerà almeno fino alla fine dell’anno spinta dall’ulteriore rallentamento dell’economia interna e dal probabile aumento dei tassi negli Usa.

L’amministrazione statale sulle valute (State Administration of Foreign Exchange) ha messo in guardia società ed operatori economici che userà tutti i mezzi per impedire un’emorragia di capitali. Non sarebbe la prima volta che la Cina manda in campo la polizia per ristabilire l’ordine nei mercati finanziari.

Lo scorso agosto, le riserve in valuta estera della Cina hanno registrato un calo record di 93,9 miliardi di dollari dopo che la Banca centrale ha sorpreso il mercato svalutando lo yuan del 2% (era l’11 agosto).

Proprio oggi la Cina ha pubblicato il dato sull’avanzo delle partite correnti nel secondo trimestre del 2015, fermo a 73 miliardi di dollari rispetto al dato preliminare di 76,6 miliardi. E ha rivisto al ribasso il disavanzo in conto capitale a 40,6 miliardi di dollari dai precedenti 76,6 miliardi.

Domani è attesa la pubblicazione del dato definitivo sul settore manifatturiero di settembre in Cina. Nel contempo, però, Shanghai sarà chiusa per il primo dei 5 giorni di festività che termineranno il 7 ottobre.

Le vendite al dettaglio in Giappone sono cresciute dello 0,8% ad agosto rispetto a un anno prima, grazie anche al contributo dei turisti cinesi che hanno fatto grandi acquisti negli outlet. Lo yen debole contro il dollaro non ha però aiutato i consumi interni, perché i beni importanti da un anno a questa parte sono più costosi e meno appetibili per i giapponesi. Secondo gli osservatori il dato è piuttosto debole, se si pensa che la Banca centrale giapponese ha posto come obiettivo un’inflazione al 2%.

La produzione industriale in Giappone è calata però in maniera inattesa per il secondo mese consecutivo ad agosto. Ora gli economisti si attendono che il Paese possa ricadere di nuovo nella recessione (lo è stato giusto un anno fa). La produzione è scesa dello 0,5% ad agosto rispetto ad un mese prima, e segue il dato in contrazione di luglio (calo dello 0,8%). Le attese degli economisti erano invece per una crescita dell’1%.

La produzione nel terzo trimestre dell’anno è ora attesa in calo dell’1,1% dopo essere scesa dell’1,4% nel secondo trimestre. Lo ha reso noto il ministero dell’Economia.
142 di 231 - 02/10/2015 09:31
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo debole, è fuga dei capitali dai mercati emergenti

Il Nikkei ritraccia a 17.725,13 punti (+0,02%) dopo il rimbalzo di ieri, iniziando a riflettere sulla reale situazione del Paese. Un report della Boj scrive che le attese delle società sull’inflazione sono scese molto nel terzo trimestre, nonostante le proiezioni della banca centrale siano di un 2%. In Cina è attiva solo la borsa di Hong Kong, che sta rimbalzando (alle ore 8 italiane) del 2,7% dopo la chiusura per festività di ieri. Shanghai, invece, riaprirà dopo le celebrazioni nazionali la settimana prossima.

Gli investitori sono nervosi, stanno attendendo i dati sul mercato del lavoro che gli Usa pubblicheranno nel pomeriggio per capire se sarà effettivamente alzato il costo del denaro dopo 10 anni negli Stati Uniti.

Il possibile rialzo dei tassi di interesse negli Usa entro dicembre è una cattiva notizia per i mercati emergenti, perché convoglierà i capitali oltre oceano, dove la crescita è confermata. Ieri Jeffrey Lacker, presidente della Fed di Richmond, ha detto al Wall Street Journal che vede probabile un ritocco dei tassi già a fine ottobre. Il governatore ritiene, a supporto della sua posizione, che il mercato del lavoro americano sia strutturalmente migliorato.

Nel frattempo è fuga dei capitali dai mercati emergenti. Gli afflussi torneranno negativi alla fine del 2015 per la prima volta dopo la storica crisi del Far East nel 1988, quando oltre 9 miliardi di dollari abbandonarono la regione. Lo scrive l’indagine condotta dall’Institute of International Finance.

Secondo le proiezioni dell’istituto, i mercati emergenti potrebbero vedere uscite nette per circa 540 miliardi di dollari. La situazione è critica a tal punto, scrive Marketwatch (gruppo Wall Street Journal), che il problema è sotto osservazione da parte del presidente della Bce Mario Draghi e del governatore della Fed, Janet Yellen. Entrambi hanno citato nei loro discorsi recenti problemi di crescita globale soprattutto in Cina.

L’indice Msci Emergening Market, che registra i movimenti dei maggiori gruppi della regione, ha registrato un calo del 19% nel terzo trimestre, portandosi ai minimi negli ultimi sei anni. I dati sono di FactSet.
143 di 231 - 05/10/2015 08:49
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
L'Asia rimbalza su attese di nuovi stimoli. Piove il downgrade della World Bank

I dati deludenti sull’occupazione negli Usa pubblicati venerdì hanno dato benzina alle borse asiatiche, facendo ballare Tokyo e Hong Kong (Shanghai è ancora chiusa per festività). A questo si sono aggiunte le voci di nuovi stimoli all’economia che i governi cinese e giapponese dovrebbero effettuare a breve. Alle ore 8 italiane, l'Hang Seng scambiava a +1,28%, il Nikkei ha chiuso a 18.005,49 punti (+1,6%).

Anche perché l’indice Nikkei Japan Services Pmi di settembre è sceso a 51,4 da 53,7 di agosto, che comunque aveva rappresentato il massimo negli ultimi due anni. Da ricordare che 50 è lo spartiacque fra crescita (i valori superiori) e contrazione.

Nel frattempo, nel weekend è intervenuta la Banca mondiale che ha abbassato le previsioni di crescita economica relativa al 2015 per il Far East e l’intero Pacifico portandoli al 6,5% dal precedente 6,7%. Rivista al ribasso anche l’economia cinese, al 6,9% rispetto al 7,1%.

I listini hanno festeggiato la possibilità ormai remota (per Bloomberg è crollata al 10%) che la Fed alzi i tassi quest’anno. Una probabilità al 50% è prevista non prima del marzo 2016. Ciò significa che gli investitori torneranno alle valute asiatiche, storicamente ad alto rendimento, dalle quali erano fuggiti nei mesi scorsi portando gli afflussi di investimenti in Asia in territorio negativo per la prima volta dal lontano 1998, quando la regione andrò in crisi.

Di conseguenza oggi sono rimbalzate tutte le valute del Far East contro il dollaro e con loro le materie prime. Unica eccezione, lo yen, che si è indebolito a 120,06 dopo i dati flebili sull’andamento del settore servizi di settembre.

Secondo David Welch, responsabile del trading azionario di Reorient Group a Hong Kong interpellato da Marketwatch (gruppo Dow Jones), “le attese ora sono che il governo cinese avvii stimoli in settori precisi come quello automobilistico, immobiliare e a Macau e che riparta con un nuovo e più ampio stimolo monetario e fiscale nel primo trimestre del 2016”.

I mercati sono poi in attesa che venga annunciato l’accordo commerciale fra gli Usa e 11 Paesi asiatici, Trans-Pacific Partnership, negoziato ad Atlanta. E questa potrebbe essere una delle ragioni per cui oggi il Nikkei sta rimbalzando.

L’oro si è stabilizzato per ora a 1.136,5 dollari all’oncia dopo essere cresciuto del 2% venerdì scorso a New York. Il petrolio Wti crude è salito dello 0,4% a 45,71 dollari il barile durante le contrattazioni asiatiche dopo aver ceduto a NY lo 0,7%, mentre il Brent si è portato a 48,29 dollari (+0,3%). Venerdì scorso gli Usa avevano annunciato un’ulteriore riduzione dei pozzi americani, scesi di altre 26 unità a quota 614, ai minimi negli ultimi cinque anni.
144 di 231 - 06/10/2015 09:10
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo sale in attesa della Boj mentre Hong Kong paga lo slowdown cinese

Mercati asiatici positivi trainati da Tokyo e dalla scommessa su altri stimoli oltre al QE esistente che la banca centrale giapponese dovrebbe comunicare durante il suo incontro di domani. Un altro fatto positivo è la firma conclusiva al Trans-Pacific Partnership agreeement, storico accordo commerciale fra gli Usa, il Giappone e altri dieci Paesi asiatici.

Alle ore 8 italiane l’Hang Seng scambiava a +0,10% mentre Shanghai è ancora chiusa per festività. Il Nikkei ha chiuso a 18.186,10 punti (+1%).

Gli economisti si attendono ora che i mercati dei Paesi interessati si aprano, diventino più stringenti le regole per la proprietà intellettuale in modo da difendere meglio brevetti e scoperte nel settore medico e tecnologico e, soprattutto, che si formi un blocco economico in contrapposizione all’influenza della Cina nella regione.

Il Nikkei Hong Kong Purchasing Managers Index è salito leggermente a settembre, ma è rimasto in territorio di contrazione a causa del rallentamento della Cina. Il dato è cresciuto a 45,7 a settembre da 44,4 di agosto, secondo l’indagine realizzata da Markit Group, in ogni caso sotto il livello 50, che rappresenta lo spartiacque fra crescita e recessione.

Il Pmi di settembre a Hong Kong è stato appesantito dalla caduta sia nella voce produzione, sia nuovi ordini provenienti dalla Cina continentale. Annabel Fiddes, economista di Markit, ha detto a Marketwatch (gruppo Wall Street Journal) che “ora la preoccupazione maggiore è il calo profondo dei nuovi contratti che vengono dalla Cina, iniziato con la crisi finanziaria e guidato al ribasso, almeno in parte, dalla svalutazione recente dello yuan”. L’economista ha poi aggiunto che l’indice Pmi manifatturiero di Hong Kong è da tempo ai livelli minimi toccati nel 2009.

Oggi l’Australia ha pubblicato i dati sul deficit commerciale (corretto per la stagione) relativi al mese di agosto, che è stato pari a 3,1 miliardi di dollari australiani contro le attese degli analisti per 2,6 miliardi (a luglio il deficit era stato di 2,8 miliardi). Le esportazioni sono rimaste invariate, mentre le importazioni sono cresciute dell’1% rispetto al mese precedente.

Gli economisti si attendono ora che la banca centrale australiana intervenga a breve per effettuare due tagli del costo del denaro nell’arco dei prossimi 12 mesi (oggi il tasso è al 2%), a causa del rallentamento dell’economia dovuto alla crisi delle materie prime.

Diverse valute del Far East hanno continuato a rinforzarsi, come la rupia indonesiana e il ringgit malesiano, mosse dalle aspettative che non vi saranno a breve ritocchi nel costo del denaro negli Stati Uniti.
145 di 231 - 07/10/2015 08:58
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo sale nelle speranza di un QE2, calano le riserve della Cina

Asia positiva, soggetta a una certa volatilità durante le contrattazioni, soprattutto per il Giappone dopo l’esito del meeting della Boj. Alle ore 8 italiane l’Hang Seng scambiava a +1,59% (Shanghai riapre domani dopo la settimana di festività) mentre il Nikkei ha chiuso a 18.322,98 punti (+0,75%).

Oggi lo yen ha guadagnato terreno contro 14 delle 16 maggiori valute mondiali dopo che il governatore della Banca centrale, Haruhiko Kuroda, al termine di una riunione della Boj durata due giorni ha mantenuto invariata la politica di incremento della base monetaria al ritmo di 80 mila miliardi di yen l’anno (667 miliardi di dollari). La Boj ha detto che l’economica giapponese “continua a migliorare con moderazione, anche se le esportazioni e la produzione sono stati colpiti dal rallentamento dei mercati emergenti”.


Quasi la totalità dei 36 economisti interpellati da Bloomberg aveva previsto la decisione. Ora si attendono i commenti del governatore, per cercare di capire (e anche qui gli osservatori sono compatti) se il 30 ottobre la Boj deciderà invece di agire. Le attese sono di un maggiore stimolo rispetto al programma di Qe attuale, che non riesce a far ripartire né i consumi interni in maniera significativa, né l’inflazione. Il timore è che, dopo il calo dei prezzi registrato ad agosto assieme alla produzione industriale, il Giappone sia tornato in recessione come un anno fa, nell’autunno del 2014.

Goldman Sachs, JPMorgan Securities e Barclays avevano avvisato la propria clientela di una possibile sorpresa (un maggiore intervento), da parte della Boj, anche se le probabilità più concrete sono attese per il 30 ottobre.

Lo yen è salito dello 0,3% a 119,93 contro il dollaro e ha guadagnato lo 0,2% contro l’euro a quota 131,21. “La debolezza del dollaro non continuerà a lungo, è limitata dalle attese del board della banca centrale il 30 ottobre”, ha commentato a Bloomberg Jun Kato, senior fund manager di Tokyo per Shinkin Asset Management Co. “C’è anche la probabilità che, se Kuroda manterrà il tono dei discorsi precedenti, un intervento a fine mese inizi a scemare”, ha concluso.

Le riserve in valuta estera della Cina sono intanto scese di 43,26 miliardi di dollari a quota 3.514 miliardi di dollari alla fine di settembre, dopo aver registrato la maggior perdita il mese precedente. Ad agosto la discesa era stata di 93,9 miliardi di dollari (record storico), dopo che la Banca centrale aveva effettuato una svalutazione dello yuan del 2%. Alla fine di agosto, la Cina aveva registrato riserve per 3.557 miliardi di dollari.
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146 di 231 - 13/10/2015 08:53
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo, Nikkei in rosso. Balzo di Sharp

La borsa di Tokyo ha ripreso le contrattazioni dopo la pausa di ieri con una seduta negativa. L’indice Nikkei ha lasciato sul terreno l’1,11% a 18.235 punti. Da segnalare il balzo di Sharp (+6,47%, dopo essere arrivata a guadagnare fino al 10%), sull’ipotesi dell’intervento di un fondo di investimento per rilanciare l’azienda.
147 di 231 - 13/10/2015 12:25
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Asia in rosso, Cina e Fmi pesano sui listini

Borse asiatiche in rosso, oggi, la Cina zavorra gli acquisti. Prima è arrivato il downgrade del Fondo monetario internazionale, che ha abbassato le previsioni sulla crescita reale di Pechino per il 2015 al 3,1% dal 3,3% di luglio (il partito popolare conferma per ora il 7%), poi, oggi, i dati molto attesi su import-export, in calo.

Alle ore 8 italiane, l’Hang Seng viaggiava a -0,44%, mentre Shanghai è stata stabilizzata dal governo perché non cedesse (+0,01%). Nel frattempo il Nikkei ha chiuso a 18.252 (-1,02%).

Secondo fonti governative, lo scorso settembre le esportazioni della Cina espresse in dollari sono scese del 3,7% rispetto a un anno prima (-1,1% in yuan), dopo il calo più forte del 5,5% (-6,1% in yuan) ad agosto. Le importazioni, invece, sono crollate del 20,4% (-17,7% in yuan) anno su anno, contro il -13,8% (-14,3% in yuan) registrato ad agosto. Il disavanzo commerciale è di conseguenza salito a 60,3 miliardi di dollari dai precedenti 60,2 di agosto.

Le esportazioni sono appesantite da un costo del lavoro più elevato e dalla più forte concorrenza di Paesi a basso costo del lavoro nel Far Eeast. A ridurre l’export di settembre, a detta di alcuni economisti, ha contribuito anche l’esplosione nel porto di Tianjin e la chiusura temporanea delle fabbriche per la parata militare a Pechino (lo scopo era ridurre l’inquinamento).

Il target sull’export fissato dal governo per tutto il 2015 è una crescita del 6%, contro il +7,5% del 2014 e il +8% del 2013. Entrambi i due precedenti, ricorda oggi Marketwatch (gruppo Wall Street Journal), non sono stati raggiunti.

Nel frattempo, l’indice della produzione di settembre è sceso per la seconda volta di seguito a settembre, mentre le riserve in valuta estera sono calate di oltre 40 miliardi di euro e il settore immobiliare non riesce a ripartire.

Intanto il petrolio ha cercato si recuperare, durante le contrattazioni asiatiche, una minima parte dello scivolone registrato ieri a New York (-5%): il Brent crude ha guadagnato l’1% a 50,52 dollari il barile.

I prezzi sono scesi all’improvviso dopo che l’Opec ha reso noto di aver incrementato la produzione di greggio ai massimi negli ultimi tre anni lo scorso mese, con una media di 31,57 milioni di barili al giorno, in crescita di 109.000 barili al giorno rispetto al mese scorso e oltre i target di 30 milioni di barili previsto dall’organizzazione.

Domani sono attesi i dati sull’inflazione cinese di settembre.
148 di 231 - 14/10/2015 08:47
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
La Cina arranca e manda in rosso l'Asia

Asia in rosso oggi dopo la serie di dati pubblicati dalla Cina, che evidenzia una forte debolezza dell’economia del Paese. L’inflazione ha rallentato il passo oltre le attese degli economisti, mentre i prezzi alla fabbrica hanno ceduto per il 43° mese consecutivo. E i prestiti alle aziende sono calati ai minimi dal 2004.

Alle ore 8 italiane, l’Hang Seng scambiava a -0,81%, Shanghai a -0,58%. Più profondo il rosso del Nikkei, che ha chiuso in calo dell'1,9%. Hanno pesato i dati macro diffusi dalla Cina, che evidenziano la debolezza dell’economia del Paese.

A frenare il Nikkei, oltre ai timori per la mancata crescita di Pechino, si è aggiunto il rialzo dello yen contro il dollaro (119,59 il cambio), dopo che il Giappone torna a essere considerato un porto sicuro tra le turbolenze del Far East.
Quanto alla Cina, l’inflazione ha rallentato il passo oltre le attese degli economisti, mentre i prezzi alla produzione hanno ceduto per il 43° mese consecutivo. Intanto i prestiti alle aziende sono calati ai minimi dal 2004.

L’indice sui prezzi al consumo nel Paese di Mezzo è salito dell’1,6% a settembre anno su anno, in calo rispetto al +2% dello scorso agosto. Un gruppo di economisti interpellati dal Wall Street Journal aveva invece previsto un +1,8% in media.

Il rialzo dell’inflazione in Cina, nei mesi scorsi, è avvenuto dopo una serie di forti incremementi nel prezzo della carne di maiale, che ha registrato il suo culmine ad agosto. Yu Qiumei, un economista dell’ufficio di statistica cinese, ha scritto che i prezzi del cibo sono scesi dello 0,1% a settembre rispetto al mese precedente, mentre i beni di tipo diverso sono aumentati dello 0,2%.

“Cifre piuttosto deboli”, è il commento di Tommy Xie, economist di Ocbc interpellato da Marketwatch (gruppo Wsj), "se si considera che i prezzi al consumo di solito salgono prima della China’s Golden Week Holiday di ottobre".

Oggi la Cina ha pubblicato anche i prezzi dei beni alla fabbrica, che sono scesi del 5,9% a settembre rispetto ad un anno prima, in calo per il 43° mese consecutivo a causa di una sovraproduzione di merci. La cifra è in linea con le attese degli economisti.

Secondo la Banca centrale cinese, la domanda di prestiti nel settore manifatturiero è scesa a 49,3 nel terzo trimestre, la prima volta sotto quota 50, da quando la Pboc ha cominciato a pubblicare i dati dal 2004. Il dato era al 53,1 nel secondo trimestre del 2015 e 59,3 nel terzo trimestre del 2014.

Sui mercati asiatici il petrolio ha registrato un rialzo contenuto (sul Nymex i futures sul Wti sweet crude di novembre erano scambiati ieri a 46,49 dollari al barile, in rialzo di 0,34 dollari nelle scorse ore durante la sessione del Globex), ma i movimenti dei trader sono all’insegna della cautela, nonostante la Cina abbia fatto scorte di greggio lo scorso mese, quando i prezzi erano scesi ai minimi.

Ieri l’International Energy Agency ha scritto che la domanda globale di petrolio scenderà a 1,2 milioni di barili al giorno l’anno prossimo rispetto agli 1,8 milioni registrati quest’anno, ai massimi dal 2010. A questo si aggiunga che, a partire dal 2016, comincerà a girare sul mercato internazionale anche il petrolio iraniano. Solo un accordo all’interno dell’Opec sul taglio della produzione potrebbe ridare vitalità ai prezzi, fatto sul quale gli analisti di Citi dubitano.
149 di 231 - 16/10/2015 11:34
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Asia positiva, ma chiede un altro taglio dei tassi in Cina

Ancora positive, oggi, le borse asiatiche. Gli investitori acquistano per due ragioni: la fiducia che la Fed non alzerà i tassi quest’anno, bloccando di fatto un’ulteriore fuga del denaro dall’Asia verso gli Usa e l’attesa di ulteriori manovre di stimolo sia in Giappone, che non riesce a far decollare l’inflazione, sia in Cina, che rallenta sempre più il passo.

Alle ore 8 italiane, l'Hang Seng scambiava a +0,5%, Shanghai a +0,66%, il Nikkei ha chiuso a 18.291,80 punti (+1,08%).

Lo Shanghai Composite è sulla via per chiudere la settimana con un rialzo di quasi il 6% e ha guadagnato il 13% dopo il picco dell’ondata ribassista registrato il 26 agosto scorso. Hong Kong, invece, è già sulla via della terza settimana consecutiva di rialzi, su del 3% negli ultimi 5 giorni e del 13% di minimi di fine settembre. In guadagno anche il Nikkei a +1%, vicino ai livelli massimi dell’ultimo mese (18.354,13 punti).

Importanti novità sono attese per l’ultima settimana di ottobre, quando si riunirà il Partito comunista nel suo meeting annuale, per discutere il piano economico dei prossimi cinque anni. Gli economisti si aspettano nuove misure espansive dopo i forti investimenti già in atto nel settore delle infrastrutture e i cinque tagli del costo del denaro avvenuti a partire dallo scorso novembre.

A dire il vero, gli economisti stanno scommettendo su un sesto taglio del tasso di interesse nel giro di un anno, oppure, in alternativa, l’abbassamento del requisito minimo obbligatorio delle riserve per le banche dopo che il parametro è già stato ridotto per tre volte.

Il prossimo appuntamento importante sarà lunedì prossimo, quando la Cina pubblicherà i dati sul terzo trimestre 2015. Nel secondo, gli economisti erano stati sorpresi da una crescita stabile (attesa dal governo, peraltro) del 7%.

Nel frattempo, il petrolio ha recuperato parte delle perdite durante le contrattazioni asiatiche (Brent crude, +0,8% a 50,15 dollari il barile, in netto ribasso rispetto ai 54 dollari il barile della settimana scorsa), causate dai dati su sulle scorte americane di greggio in continua crescita.
150 di 231 - 19/10/2015 08:49
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Asia in rosso, la Cina cresce ma è un'economia a due facce

Alle ore 8 italiane, l’Hang Seng scambiava a -0,46%, Shanghai era a -0,10%, il Nikkei ha chiuso a -18.131,23 punti (-0,88%).

Il calo delle borse asiatiche è stato in gran parte determinato dagli ultimi dati diffusi dalla Cina, la cui economia è cresciuta oltre le attese nel terzo trimestre grazie al settore servizi e consumi. Segnale che le manovre di stimolo messe in atto dal premier Li Keqiang stanno avendo il loro effetto. Il pil è salito del 6,9% nel trimestre che termina a settembre rispetto ad un anno prima, contro le stime degli economisti per un +6,8%. Resta tuttavia l’espansione più lenta dal 2009.

Ciononostante, restano al palo il manifatturiero, gli investimenti in fixed-asset e in discesa la produzione di acciaio. Tanto che gli osservatori hanno cominciato a parlare di pericolosa economia a due-velocità. Le borse asiatiche di conseguenza oggi sono in rosso.

Il settore servizi e i consumi interni hanno aiutato a mitigare i dati negativi del manifatturiero e dell’export. Il governo ha tagliato il tasso di interesse per ben cinque volte dal novembre 2014 e avviato investimenti nel settore delle infrastrutture nel corso degli ultimi mesi per portare la crescita al +7% pianificato, target ad oggi mai raggiunto nel 2015.

"E’ quella che chiamiamo economia a due velocità", ha spiegato a Bloomberg Zhu Haibin, chief China economist di JPMorgan Chase & Co. a Hong Kong. "Il rallentamento del settore manifatturiero è il problema più grande dell’economia cinese a breve termine".

Mentre i servizi sono cresciuti dell’8,4% nel terzo trimestre, l’industria secondaria, voce che comprende il manifatturiero, è rallentata al +6%. E la produzione industriale di settembre nel frattempo è cresciuta del 5,7% contro le attese degli economisti per un +6%. Le vendite interne (retail sales) sono salite del 10,9% contro stime di un +10,8%.

Gli investimenti in fixed-asset sono saliti del 10,3% nei primi nove mesi del 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014, contro una proiezione degli economisti per un +10,8%. E’ il ritmo più lento dal 2000. La crescita blanda della produzione industriale e degli investimenti in fixed-asset hanno fatto sorgere qualche dubbio agli economisti sulla veridicità dei dati relativi al pil cinese.

“Non confidiamo del tutto in questi numeri, siamo piuttosto sorpresi dall’accelerazione nei servizi considerato il collasso del mercato azionario”, hanno scritto in una nota i due economisti di Bloomberg Tom Orlik e Fielding Chen. L’indicatore del pil cinese realizzato da Bloomberg è sceso, a settembre, al +6,55% dal 6,64% dello scorso agosto.

A causa di una domanda interna in crisi, a settembre la produzione cinese di acciaio è scesa di 66,12 milioni di tonnellate, in calo del 3% rispetto ad un anno prima. La produzione nei primi nove mesi è stata di 608,9 milioni di tonnellate, in calo del 2,1%.

“I prezzi sono calati per la crisi del settore immobiliare, che ha contratto molto i margini di guadagno”, ha commentato Wu Zhili, analista di Shenzhen a Shenhua Futures Co. “Ci attendiamo che la produzione di acciaio continui a rallentare a questo ritmo ma non dovrebbe crollare”, ha poi aggiunto Wu, “perché i produttori non devono perdere la quota di mercato e di conseguenza i prestiti bancari”.

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151 di 231 - 20/10/2015 08:52
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Borse asiatiche poco mosse. Per gli esperti Usa il pil della Cina sale non più del 3%


Il rallentamento del pil cinese e i propositi dell’Iran di aumentare la produzione di petrolio hanno fatto scivolare il prezzo del greggio del 3% ieri durante le contrattazioni di Wall Street. E oggi i colossi del settore quotati a Hong Kong, PetroChina e China Shenhua Energy, hanno perso oltre il 2% sul listino.

Alle ore 8 italiane di oggi, Hong Kong scambiava a -0,59%, Shanghai a +0,1% (indice in continuo movimento sopra e sotto la parità),a Tokyo il Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,4% a 18.207 punti.

Il Brent crude ha recuperato parte dello scivolone, durante le contrattazioni asiatiche, salendo dello 0,6% a quota 48,91 dollari il barile nella speranza che le scorte americane di greggio siano in contrazione. I dati ufficiali saranno pubblicati domani.

A questo punto la domanda è duplice, ha spiegato oggi a Marketwatch (gruppo Wall Street Journal) Matt Sherwood, responsabile della strategia di investimento di Perpetual Investment Ltd: “Quanto può accelerare la crescita della Cina nel quarto trimestre? Il governo effettuerà davvero un altro stimolo come gli investitori si attendono?”.

In Giappone, due delle tre unità finanziarie del gigantesco gruppo statale Japan Post Holdings hanno fissato il prezzo dell’ipo al top della forchetta, mettendo così in evidenza una forte domanda da parte del pubblico retail per quella che è oggi la maggiore quotazione del Paese in quasi vent’anni.

Nel frattempo, ieri, gli americani si sono chiesti quanto possano essere veritieri i dati governativi sulla crescita dell’economia cinese: sta rallentando davvero solo al +6,9% oppure non riesce ad andare oltre il 3%? Marketwatch ha raccolto le opinioni di alcuni esperti.

Danny Gabay, co-direttore di Fathom Consulting, interpellato anche dalla Bbc, ha detto che “usando un metro diverso per stabilire la crescita del Paese come l’uso dell’elettricità, la crescita del credito e altri indicatori interni, si arriva ad pil pari al 3%, non 7,3%, ma proprio un 3% secco”.

“Se si guarda alla crescita del trasporto via rotaia, al consumo di elettricità e alla domanda di linee di credito, il quadro non è così salutare”, è il commento di Russ Mould, direttore degli investimenti della società di brokeraggio AJ Bell. “I dati suggeriscono un pil fra il 3% e il 4%”.
152 di 231 - 21/10/2015 08:44
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Balzo dell'1,9% per la borsa di Tokyo, Shanghai in picchiata

Asia a due velocità, oggi, col Giappone in netto rialzo nonostante i dati decisamente negativi e sotto le attese sull’import-export di settembre. Lo yen si è appena indebolito sul dollaro a quota 119,95. In rosso, invece, Shanghai, che sconta un quadro generale in rallentamento, mentre Hong Kong oggi è chiusa per festività. Petrolio sottotono, il Wti scambiava in Asia a 45,84 dollari il barile (-0,11%), a poche ore dai vertici Opec.

Alle ore 8 italiane, Shanghai era in calo del 3,3% (con un crollo improvviso da -0,8% delle ore precedenti), mentre il Nikkei scambiava a +1,97%.

Le esportazioni in Giappone sono aumentate meno delle attese a settembre, contenute da un domanda debole da parte della Cina e delle altre economia asiatiche. Il rialzo è stato dello 0,6% rispetto ad un anno prima a 6.417 miliardi di yen, in miglioramento per il 13esimo mese consecutivo, ha commentato il ministero delle Finanze. Eppure un gruppo di economisti interpellati dal Wall Street Journal si era atteso un ben più consistente 3,4% di incremento. Si tratta della crescita più contenuta da 13 mesi a questa parte nonostante la debolezza strutturale dello yen contro il dollaro.

Le esportazioni in Cina, il secondo mercato per importanza, sono scese del 3,5% a settembre, dopo il calo del 4,6% lo scorso agosto. L’export verso l’Asia in generale è sceso nello stesso periodo dello 0,9%, in primo calo negli ultimi sette mesi. Le importazioni sono crollate invece dell’11,1% a quota 6.532 miliardi di yen, il secondo mese consecutivo di cali e il più importante dopo quello di marzo (-14,4%).

La produzione industriale giapponese è scesa sia a luglio che ad agosto, sollevando lo spettro di un’altra recessione dopo quella vissuta nell’autunno del 2014. E molti osservatori si aspettano che a breve la Banca centrale implementi il programma di allentamento monetario.

Il bilancio commerciale del Giappone, nel frattempo, ha toccato il deficit di 114,5 miliardi di yen. Un pool di economisti interpellati dal WSJ aveva previsto invece un avanzo (surplus) di 100 miliardi di yen.

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153 di 231 - 27/10/2015 08:52
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Asia contrastrata, Tokyo chiude negativa

La Borsa di Tokyo ha chiuso in perdita, con l'indice Nikkei che ha segnato una diminuzione dello 0,90%, pari a 170,08 punti, e si è fermato a quota 18.777,04. Seduta migliore invece in Cina: a Shenzhen l'indice Composite ha chiuso in rialzo dello 0,7% mentre a Shanghai il Composite ha chiuso poco sopra la parità (+0,1%).

Anche i mercati asiatici hanno quindi assunto un atteggiamento guardingo in attesa delle decisioni della Fed sui tassi, che vedono il presidente Jellen alle prese con decisioni non facili. Lo stato di salute dell'economia statunitense è infatti buono, sebbene le indicazioni provenienti dalle trimestrali Usa sono inferiori alle aspettative, ma la Fed dovrà tenere conto anche delle politiche sempre più espansive della Bce, della Bank of Japan e delle autorità cinesi, che stanno utilizzando la leva monetaria per cercare di ridare slancio alle rispettive economie in difficoltà.
154 di 231 - 28/10/2015 08:46
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo scommette su nuovi stimoli, la Cina teme la Fed

Borse cinesi negative, oggi, soprattutto Shanghai, che alle ore 8,20 italiane perdeva l’1,73% mentre Hong Kong era in rosso solo per lo 0,72%. Tokyo ha chiuso invece in positivo, con un rialzo dello 0,7% a 18.903,02 punti, trainata dalle attese che entro venerdì la Banca centrale giapponese introduca un nuovo piano di allentamento monetario.

Gli investitori sono tornati ad essere nervosi, sono molto cauti in attesa che la Federal Reserve concluda il meeting di due-giorni e stabilisca come intende muoversi a breve sul fronte del rialzo dei tassi. Sarebbe la prima volta che accade negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti.

La decisione della Fed è fondamentale per l’Asia, perché un possibile aumento del costo del denaro farebbe di nuovo scivolare gli investimenti dal Far East verso gli Usa, considerati un porto più sicuro. E mettendo così alle corde soprattutto il gigante dell’Asia, la Cina.

Lo yen nel frattempo è rimasto piatto nelle scorse ore contro il dollaro a quota 120,42 dopo essersi rinforzato, il giorno prima, a 120,14. Questo era avvenuto in seguito alla notizia che una nave militare Usa è stata avvistata vicino alle isole artificiali nel Mar cinese del Sud, contese fra Pechino e Tokyo. Temendo un rinfocolarsi delle tensioni in Asia, gli investitori hanno cercato nello yen un porto sicuro, scrive oggi Marketwatch (gruppo Wall Street Journal).

Nel frattempo, il petrolio è rimasto piatto, in Asia, con il Wti che scambiava a 46,79 dollari per barile, dopo che i prezzi erano scesi del 2,3% nelle contrattazioni overnight della borsa di New York, per i timori che le scorte americane siano cresciute per la quinta settimana consecutiva.
155 di 231 - 30/10/2015 08:53
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Tokyo, in arrivo super aiuto del governo. Cina al palo

Tokyo positiva (+0,8%) grazie al traino del dollaro, che si è rinforzato nelle scorse ore contro lo yen portandosi a 120,32 rispetto a 121,11 della chiusura di Wall Street. Il cambio è in veloce movimento dopo che i media giapponesi hanno cominciato a parlare di un nuovo piano di stimoli da parte del governo pari a 3.000 miliardi di yen (25 miliardi di dollari), mentre la Banca centrale giapponese ha lasciato invariato il QE attuale che prevede acquisto di asset annuali pari a 80 mila miliardi di yen annui (660 miliardi di dollari).

Cina a due velocità e comunque debole, con Hong Kong che alle ore 7,50 italiane era in rosso per lo 0,52% e Shanghai positiva per lo 0,17%. La decisione del partito centrale, che ieri ha annunciato per la prima volta dagli anni Ottanta la possibilità per ogni famiglia di avere liberamente due figli al posto di solo uno, non ha sortito grandi effetti in borsa. Anche perché gli investitori hanno compreso bene che la mossa è uno dei numerosi tentativi del governo di dare una spinta al pil, cresciuto nel terzo trimestre ufficialmente del 6,9%, ai minimi dal 2009.

Intanto il colosso cinese dei casinò, Sands China quotato a Hong Kong, ha annunciato che l’utile netto del terzo trimestre è crollato del 46% a 344,8 milioni di dollari dai precedenti 643,1 registrati nel 2014. I ricavi sono scesi del 28,9% a 1,65 miliardi di dollari dai 2,32 miliardi del 2014. A monte della crisi, proprio il rallentamento dell’economia cinese.

Alla chiusura del secondo incontro annuale, la Banca centrale giapponese ha tagliato oggi nettamente le attese sull’inflazione relative all’anno fiscale che chiuderà a marzo 2016. Erano per una crescita dello 0,7% e sono scese ad un +0,1%. Si tratta del quinto taglio consecutivo negli ultimi dodici mesi.

Nel paniere dell’inflazione della Boj è escluso il cibo fresco, ma è presente l’energia. E qui il prezzo del petrolio gioca un ruolo importante. Lo scopo della banca centrale era quello di portare l’inflazione vicino al 2% entro marzo 2016, adesso l’obiettivo è stato spostato alla fine dell’anno fiscale 2016, che corrisponde alla primavera del 2017. Quindi è slittato di dodici mesi.

E anche in questo caso c’è stata una riduzione nelle previsioni: nel 2016 l’inflazione dovrebbe salire dell’1,4% contro il precedente +1,9%. E’ la terza revisione al ribasso. Solo l’ouloook su marzo 2018 per ora resta invariato a +1,8%. La banca centrale pubblica i suoi outlook due volte l’anno, ad aprile e a ottobre, che vengono rivisti/confermati di solito a gennaio e a luglio.

Oggi la Boj ha tagliato anche le stime sul Pil: nel 2016 sarà dell'1,2% rispetto alla precedente stima dell'1,7%. L’export di auto, camion e bus in Giappone è salito nel frattempo del 2,2% anno su anno a settembre per la prima volta in due mesi a quota 419.005 veicoli, rispetto ai 410.181 del 2014. Anche qui grazie all'aiuto del cambio favorevole dollaro-yen.

Nelle contrattazioni asiatiche, il petrolio Wti è tornato a indebolirsi, con un calo dell 0,74% a quota 45,72 dollari il barile, dopo che due giorni fa aveva registrato un rally a Wall Street del 6%.

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156 di 231 - 02/11/2015 08:41
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
La Cina manda a tappeto l'Asia. Yuan ai massimi dal 2005

I dati sulla produzione industriale della Cina hanno mandato le borse asiatiche a tappeto, soprattutto Tokyo. Nel frattempo, la banca centrale di Pechino si è mossa fissando il cambio (onshore) yuan-dollaro ai massimi negli ultimi 10 anni (luglio 2005) a 6,3154, in rialzo dello 0,5% rispetto al fixing di venerdì scorso. Lo yuan scambiato all’interno del Paese (onshore) può oscillare sopra o sotto il 2%, secondo le ultime decisioni del governo.

Alle ore 8 italiane, l’Hang Seng scambiava a -0,9% , Shanghai era in perdita dell’1,23%. Il Nikkei ha chiuso a 18.683 punti (-2,10%).

L’indice Caixin China manufacturing purchasing managers index è salito a ottobre a 48,3 da 47,2 di settembre. Lo hanno reso noto oggi Caixin Media C. e Markit, le due società che hanno elaborato i dati. Ieri, poi, è stato pubblicato l’indice ufficiale (governativo) Pmi, a quota 49,8, sotto le attese degli economisti e invariato rispetto al mese precedente.

Il lato positivo dei dati di Caixin è che si è registrato un miglioramento e che quindi la produzione industriale sta cercando di uscire dal pantano. Quello negativo è che si tratta dell’ottavo mese in cui l’indice non riesce a raggiungere neppure quota 50, la soglia che separa la contrazione dallo sviluppo economico.

Lo yuan aveva cominciato a salire già venerdì scorso, scrive oggi Marketwatch (gruppo Wall Street Journal), forse mosso dalle autorità cinesi e anche dai trader in attesa del meeting del Fondo monetario internazionale di fine novembre, che stabilirà la composizione del basket di valute. E la Cina cerca di far inserire lo yuan da tempo. Uno dei problemi che deve risolvere per poter accedere al portafoglio del Fmi, è dimostrare al mondo che la sua valuta può essere scambiata ben più liberamente rispetto all’attuale cambio controllato.

"Le misure di stimolo economico messe in atto nei mesi scorsi stanno evidenziando i loro effetti positivi", ha commentato He Fan, capo economista di Caixin Insight Group. "La domanda aggregata debole, sia interna che dall’estero, resta il primo ostacolo alla crescita economica. Inoltre bisogna stare molto attenti al continuo calo dei prezzo delle materie prime", ha aggiunto. Il prezzo di produzione dei beni di consumo, in fatti, è sceso per il 43° mese consecutivo.

La differenza fra il monitoraggio di Caixin e quello governativo nell’indice Pmi è che il primo tiene conto anche delle attività delle piccole e medie imprese, mentre il secondo tende più a seguire i grandi gruppi statali.

Oggi anche l’India ha pubblicato i dati sulla produzione manifatturiera di ottobre, ai minimi negli ultimi 22 mesi. L’indice India Manufacturing Purchasing Managers' Index di Markit è sceso a 50,7 da 51,2 di settembre.

Il petrolio ha ripreso a indebolirsi durante le contrattazioni in Asia: il Wti americano la perso lo 0,49% a quota 46,36 dollari al barile.
157 di 231 - 09/11/2015 08:40
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Asia positiva, la Cina ignora il calo dell'export

Asia ancora a due velocità: Tokyo e Shanghai ben intonate mentre l’Hang Seng ha continuato a ondeggiare sopra e sotto la parità per tutta la sessione. La Cina sta ignorando per ora i dati piuttosto allarmanti sulle esportazioni, di cui vive il Paese.

Oggi, fra l’altro, è intervenuto un rappresentante del governo per precisare che il target di crescita del 6,5% nel 2016 di cui aveva parlato la settimana scorsa il presidente Xi Jinping è solo la base di partenza per il futuro. E che il vero obiettivo sarà stabilito dal governo non prima di marzo.

Alle ore 8 italiane l’Hang Seng scambiava a -0,07% mentre Shanghai era positiva per l’1,7%. Il Nikkei ha chiuso a 19.642,74 punti (+2%).

Le esportazioni in Cina sono scese a ottobre per il quarto mese consecutivo del 6,9% anno su anno in dollari dopo il calo del 3,7% registrato a settembre. Il dato è peggiore delle previsioni, ferme al -4,1% di un panel di 11 economisti interpellati dal Wall Street Journal.

Anche le importazioni sono calate del 18,8% rispetto ad un anno prima contro il -20,4% registrato a settembre. L’import ha è sceso del 15% anno su anno nei primi nove mesi del 2015, perdendo nel contempo il 4% in volume.

Il surplus commerciale della Cina si è ampliato ad ottobre a quota 61,64 miliardi di dollari dai 60,3 miliardi di settembre.

Il mistero del Commercio ha detto che le esportazioni difficilmente vedranno un miglioramento nel 2015, mentre l’import registrerà un declino “relativamente importante” come conseguenza del calo del prezzo delle materie prime.

Il governo di Pechino ha posto un target del 6% di crescita del commercio anno su anno, che con probabilità non riuscirà a raggiungere, così come non ha raggiunto il +7,4% prefissato lo scorso anno (la crescita si è attestata a +7%).

Sabato la banca centrale cinese ha reso noto che le riserve in valuta estera sono aumentate, a ottobre, di 11,39 miliardi di dollari a quota 3.526 miliardi di dollari, ponendo così fine ad un calo durato cinque mesi consecutivi. Gli economisti hanno interpretato questa inversione di tendenza come un segnale di attese più deboli fra gli investitori che lo yuan si deprezzi ancora.

Alcuni esportatori interpellati da Marketwatch (gruppo Wall Street Journal) alla grande fiera di Canton hanno spiegato che il deprezzamento della valuta cinese voluto dalla banca centrale lo scorso agosto in realtà ha avuto un effetto boomerang sul commercio, perché sono stati subissati di telefonate dai clienti internazionali che, a fronte di un calo dello yuan del 2% contro il dollaro, pretendevano sconti del 6% sul listino merci. Alla fine hanno ottenuto in media ritocchi al ribasso del 4%.

(MILANO FINANZA)
158 di 231 - 10/11/2015 09:12
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
In Cina frena l'inflazione, borse asiatiche fiacche

Asia debole per il timore che la Federal Reserve aumenti il costo del denaro a dicembre e per i dati preoccupanti sull’inflazione in Cina. Ieri Pechino aveva pubblicato l’aggiornamento su import ed export, in forte calo a ottobre, ma le borse asiatiche erano rimaste pressoché indenni. Oggi la musica è cambiata.

Alle ore 8 italiane, la borsa di Hong Kong era negativa per l’1,2%, Shanghai scambiava a +0,4% dopo un ondeggiamento continuo sopra e sotto la parità, mentre a Tokyo il Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,2% a 19.671 punti.

L’inflazione in Cina cede il passo: ha registrato un +1,3% a ottobre rispetto ad un anno prima, contro il +1,6% di settembre. A influire, il calo del cibo più a buon prezzo. Un panel di 11 economisti interpellati dal Wall Street Journal aveva previsto un +1,4%.

Ad agosto il costo della vita era salito del +1,7%. Sempre a ottobre, l’indice dei prezzi alla produzione è calato del 5,9% anno su anno e dello 0,4% rispetto a settembre. Le attese degli economisti erano per una discesa del 5,8%.

Ieri le autorità di Borsa erano riuscite a mitigare (soprattutto sul listino di Shanghai) l’effetto depressivo sul calo dell’export cinese con la notizia che le autorità intendono riaprire il mercato dei capitali alle Ipo, congelate la scorsa estate dopo il crollo in Borsa per mancanza di liquidità negli scambi. Nel frattempo, la stessa Shanghai ha recuperato il 20% dai minimi segnati ad agosto.

Nel frattempo, i margin loans (prestiti che i broker conferiscono ai clienti, coperti da titoli di Borsa di questi ultimi) sono saliti per la quinta seduta consecutiva a oltre 1.100 miliardi di yuan (172,86 miliardi di dollari) ieri, il livello più alto dal 25 agosto, secondo dati Wind Information Co. Ed è proprio la bolla dei margin loans che ha mandato a gambe in aria Shanghai la scorsa estate, perché forti vendite improvvise causate da panico hanno fatto crollare i titoli sottostanti ai margin loans, mentre le posizioni legate a questi ultimi erano ancora aperte.

Mentre lo yen sta ondeggiando ai livelli più bassi contro il dollaro da fine agosto, quotando attorno a 123,24. Un’ottima notizia per le società nipponiche, specializzate nell’export.

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159 di 231 - 11/11/2015 10:04
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
Cina: frena l'industria, ma balzano le vendite delle auto

Borse asiatiche deboli, oggi, a causa dei dati poco brillanti dalla Cina. La produzione industriale è cresciuta del 5,6% a ottobre rispetto a un anno prima, in rallentamento se si guarda al +5,7% registrato a settembre. Un mese fa il dato aveva disatteso le previsioni di 11 economisti interpellati dal Wall Street Journal per un +5,8%. Intanto la borsa di Tokyo ha chiuso in rialzo dello 0,1%, mentre alle 8 ora italiana, Shanghai saliva dello 0,3% e l'Hang Seng era piatto.

Gli investimenti in fixed-asset nelle zone della Cina non rurale sono cresciuti, nei primi dieci mesi del 2015, del 10,2% anno su anno, contro il +10,3% del periodo gennaio-settembre. Le attese degli analisti erano per un +10,1%.

Le vendite al dettaglio sono salite dell’11% a ottobre anno su anno, in accelerazione rispetto al +10,9% di settembre e meglio delle attese per un +10,9%. Il dato contrasta con quello dell’inflazione nello stesso periodo, pubblicato ieri dalla Cina, che parla di un rallentamento dal +1,6%, al +1,3%. Le vendite al dettaglio sono salite dello 0,83% a ottobre rispetto a settembre.

Nel frattempo, l’investimento nello sviluppo immobiliare ha continuato a rallentare anche se la vendita di case è salita nei primi dieci mesi dell’anno, grazie ad una serie di incentivi del governo nel settore.

La vendita di abitazioni è balzata del 16,1% anno su anno, in rialzo rispetto al +15,6% di settembre, mentre gli investimenti nel mattone sono cresciuti, nel periodo gennaio-ottobre 2015, del 2% a 7.880 miliardi di yuan, in rallentamento rispetto ai +2,6% dei primi nove mesi, quando la crescita aveva toccato i minimi dal 2009.

I nuovi sviluppi immobiliari, dal settore residenziale a quello commerciale, sono crollati invece del 13,9% a 1.270 miliardi di metri quadrati a causa della domanda ferma nelle città definite “lower tier”, i centri meno importanti, che restano oberati di edifici non venduti.

Le vendite di nuove auto in Cina è balzata del 13% a ottobre anno su anno, il salto più importante negli ultimi dieci mesi, grazie ad un programma di incentivi varato dal governo che ha abbassato il prezzo di acquisto delle nuove auto più piccole del 10% (queste ultime rappresentano il 70% delle auto commercializzate nel Paese).

La Cina ha venduto 1,94 milioni di auto il mese scorso, rispetto all’1,71 milioni di un anno fa. Le vendite totali di veicoli sono salite del 12% anno su anno a 2,22 unità.

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160 di 231 - 13/11/2015 08:42
GIOLA N° messaggi: 30151 - Iscritto da: 03/9/2014
La Cina e la Fed mandano in rosso l'Asia

Il calo delle materie prime e il crollo del credito in Cina hanno mandato a tappeto tutta l’Asia, facendo scivolare il benchmark australiano delle società energetiche e minerarie ai minimi negli ultimi sette anni. Il rame, nel frattempo, ha toccato il punto più basso dal 2009 e il petrolio americano, il Wti, scambia da ieri sera, sessione di Wall Street, sotto i 42 dollari al barile (41,51 dollari in Asia). Pare si stia concretizzando una delle grandi minacce per l’economia mondiale individuate dal Credit Suisse: il rallentamento/crollo dell'economia cinese (l’altra ha che a fare con l’aumento dell’inflazione core negli Usa).

Alle ore 8 italiane, l’Hang Seng era negativo per il 2,3%, Shanghai perdeva l'1%, mentre Tokyo ha chiuso in ribasso dello 0,5% a 19.569 punti.

A rendere più difficile la situazione, le parole pronunciate ieri da diversi esponenti della Federal Reserve, che hanno confermato l’intenzione di alzare i tassi per la prima volta dal 2006. Lo ha detto il presidente della Fed di New York, William C. Dudley, spiegando che le condizioni per un liftoff “possono essere soddisfatte a breve”. Il presidente della Fed di Chicago, Evans, ha poi aggiunto che il costo del denaro potrebbe essere portato all’1% entro la fine del 2016.

Le mosse delle banche centrali stanno spingendo nell’angolo gli investitori, sempre più nervosi: da un lato la Fed e i suoi tentennamenti verso un incremento del costo del denaro, dall’altro la Bce, che, parole di ieri del governatore Mario Draghi davanti alla Commissione europea, intende muoversi a favore di ulteriori e anche diversi stimoli a dicembre per far ripartire l’inflazione core nell’Eurozona.

In Cina l’erogazione del credito è precipitata ai minimi negli ultimi 15 anni. A ottobre, le nuove erogazioni si sono dimezzate rispetto al mese precedente. Dai 1.050 miliardi di yuan concessi a settembre, sono scese a 513,6 miliardi.

La spirale di involuzione cinese la spiega bene il report sul Global Outlook 2016 pubblicato dal Credit Suisse, per cui il passaggio di un’economia basata sulle forti esportazioni ad una che si fonda sulla crescita interna potrebbe essere traumatico se gli investimenti si appiattissero. L’effetto immediato sarebbe un altro crollo delle materie prime e dei Paesi legati all’estrazione di queste ultime, oltre che spingere gli investitori ad un’avversione al rischio per le Borse.

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