Mentre la crisi economica affossava gran parte dell'Italia,
l'anno scorso e nella prima parte di quest'anno, c'era invece chi
al contrario se la cavava molto bene. Tanto da attrarre le
attenzioni degli investitori esteri, interessati a mettersi in
portafoglio gioiellini che, solo per il fatto di trovarsi in
Italia, venivano valutati a prezzi convenienti se confrontati con
quelli che circolavano per analoghe aziende nei Paesi dell'Europa
cosiddetta core.
Ma l'm&a ha funzionato, e continua a funzionare, anche in
senso inverso, scrive Milano Finanza. Lo dimostra il colpaccio di
Marco Sala, amministratore delegato di Gtech, negli Usa dei giorni
scorsi, con l'annuncio dell'acquisizione di International Game
Technologies da 4,7 miliardi di euro che, una volta conclusa,
porterà il gruppo di giochi italiano a essere il leader mondiale
del settore.
Nonostante la crisi, in Italia ci sono ancora aziende in salute,
che hanno approfittato del loro buon momento per investire sia in
Italia sia all'estero e ampliare le proprie quote di mercato o la
propria gamma di prodotti e servizi offerti: 3.5 miliardi di
operazioni Italia su estero è il bilancio dei primi sei mesi del
2014, che diventano più di 8 se si computa anche il blitz della ex
Lottomatica.
L'attività ha riguardato in primo luogo i già noti investitori
seriali, cioè le aziende che hanno fatto delle acquisizioni ormai
una strategia consolidata di crescita internazionale, come
Amplifon, Brembo, Interpump, Prysmian o Campari.
Senza contare l'acquisizione delle acquisizioni, quella di Fiat
che l'anno scorso ha perfezionato il deal Chrysler, un'operazione
che l'amministratore delegato Sergio Marchionne ha poi concluso a
cavallo dell'anno, con l'annuncio a Capodanno della sigla
dell'accordo per l'acquisizione della quota del 41,46% di Chrysler
ancora nelle mani del fondo pensione Veba.
La strategia di acquisizioni all'estero, però, riguarda anche
aziende italiane di dimensioni piccole e medie, poco conosciute al
largo pubblico, ma invece ben posizionate a livello internazionale
nella loro nicchia di business.
Così, per esempio, la milanese Imr Automotive spa, leader nello
stampaggio di componenti in plastica per esterni per l'industria
automotive, ha rilevato per 2,5 milioni di euro da una procedura
concorsuale la tedesca Fpk Lightweight Technologies Deutschland
Gmbh, controllata del gruppo spagnolo Mondragon e produttrice di
componenti in plastica neri per esterni di autoveicoli.
In questo quadro non va poi dimenticata l'attività dei fondi di
private equity italiani, i quali di norma non investono
direttamente in società estere, ma tendono invece a finanziare le
aziende partecipate affinché, loro sì, conducano una campagna
acquisti all'estero. Un esempio particolarmente riuscito è quello
di Fine Sounds, il gruppo leader mondiale nell'audio di alta gamma
con i marchi Sonus Faber, McIntosch, Wadia, Sumiko e Audio
Research, ceduto dal fondo Quadrivio lo scorso maggio ai fondi Lbo
France e Yarpa.
L'unica eccezione plateale a questa strategia è quella di
Investindustrial, il veicolo di private equity di cui Andrea Bonomi
è principal partner e in cui la famiglia Bonomi è il principale
investitore. Investindustrial ha ormai un solido track record in
investimenti condotti su aziende estere, in Spagna, nel Regno Unito
e che ora punta alla Francia, con la discussa opa sulle azioni di
Club Méditerraneé, brand noto in tutto il mondo come sinonimo di
villaggi vacanza.
red/als