rampani
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Atuttabillaaaaaa… ahahah
22 di 96-24/1/2018 19:310
GIOLA
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Banche, addendum Bce su Npl potrebbe slittare
Il documento sarà comunque finalizzato entro il primo trimestre. Per il capo della vigilanza Nouy gli istituti "si devono preparare"
Resta sotto i riflettori il tema della vigilanza dell'Unione Europea sui crediti deteriorati delle banche italiane, dopo che nelle ultime ore una delle maggiori funzionarie della Banca centrale europea, Danièle Nouy, presidente del supervisory board dell'ente, ha fatto capire che potrebbe essere rimandata di qualche mese l'applicazione del cosiddetto "addendum" alle linee guida comunitarie sugli Npl, alias Non Performing Loans.
Parlando a Francoforte, presso la sede della Bce, la Nouy ha dichiarato: "L'addendum è stato sottoposto a pubblica consultazione che si è chiusa a dicembre. Abbiamo esaminato tutti i commenti e le opinioni legali che abbiamo ricevuto ed emenderemo di conseguenza l'addendum. Tra le altre cose, potremmo cambiare la data di applicazione e chiariremo il contesto di Pillar 2 in cui si inserisce della Bce. Ci stiamo coordinando con la commissione europea sulla sua proposta per un livello minimo di accantonamento prudenziale in base al Pillar 1. L'addendum sarà finalizzato nel primo trimestre di quest'anno".
Si ricorderà che il cosiddetto "addendum" è, riassumendo, una integrazione alle linee guida sugli Npl già emesse dalla BCE nel marzo 2017, una sorta di "aggiunta" che l'Europa ha pubblicato in autunno e che prevede di spingere le banche a coprire integralmente i deteriorati dopo sette anni, oppure due anni, a seconda siano crediti garantiti o non garantiti, decorrendo dal momento della loro iscrizione a credito deteriorato.
La Nouy ha invitato gli istituti a non sprecare la possibile dilazione e a impegnarsi comunque per raggiungere l'obbiettivo senza perdere tempo: "Il mio primo messaggio alle banche è questo: fare troppo poco e tardi non è un'opzione percorribile. Porterà sicuramente a maggiori problemi nel futuro. Il mio secondo messaggio alle banche è questo: preparatevi per l'addendum".
il capo della vigilanza Bce ha ricordato il nuovo stress test per capire quali banche sono sottocapitalizzate, spronandole a rimediare ai rischi di mercato, sotto la stretta supervisione dell'Europa. Lo scopo, come spiega lei stessa, è anche arrivare al ventilato sistema europeo di assicurazione dei depositi, o Edis. Secondo la Nouy, la creazione dell'Edis potrebbe comportare "un'altra revisione della qualità degli asset e ciò dovrebbe rappresentare per le banche un ulteriore incentivo a ripulire i loro bilanci".
Il tema dell'addendum è molto sentito dalle banche italiane, che detengono il 25% degli Npl di tutta la galassia bancaria della Ue. I criteri europei di valutazione vengono ritenuti troppo rigidi dall'Italia, e un incontro fra la Nouy e la Banca d'Italia svoltosi a Roma lo scorso 17 gennaio non è valso a far ammorbidire le posizioni europee. La prospettata dilazione di alcuni mesi, però, sembra offrire almeno l'occasione per guadagnare tempo.
Danièle Nouy, responsabile del comitato unico europeo di vigilanza bancaria
23 di 96-06/2/2018 14:460
GIOLA
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FinecoBank, utile record. Dividendo invariato
Il gruppo ha chiuso il 2017 con profitti pari 218,5 mln di euro (+8,9% rispetto al precedente picco del 2016). Proposta una cedola di 0,28 euro per azione. Nell'ultimo trimestre ricavi e margine di interesse battono le attese del consenso, ma il risultato netto è inferiore
di Paola Valentini
Utile netto a 218,5 milioni (+8,9% rispetto al precedente record del 2016) per FinecoBank che ha proposto un dividendo di 0,28 euro per azione, invariato rispetto allo scorso anno. Il risultato di gestione della banca guidata dall'ad e dg, Alessandro Foti, è salito dell'11,4% a 353,4 milioni, mentre i ricavi totali sono aumentati del 7,9% a 586,7 milioni (al netto del profitto non ricorrente realizzato nel 2016 dalla vendita della quota in Visa Europe) trainati dall'area investing (+12,9% anno su anno) con le commissioni di gestione a +14,7% grazie al continuo miglioramento dell'asset mix e della produttività della rete e dell'area banking (+11,1% anno su anno). In calo il cost income ratio (39,8%, 1,9 punti percentuali in meno sul 2016).
Per quanto riguarda il solo quarto trimestre soltanto i ricavi e il margine di interesse hanno battuto le attese del consenso FactSet. Il margine di interesse è stato di 70 milioni, +10,4%, principalmente supportato da volumi in aumento e da una maggior incidenza dell'attività di lending. Gli analisti si aspettavano 68 milioni. I ricavi sono saliti del 12,6% rispetto allo stesso periodo 2016 a 155,8 milioni, trainati dall'area investing e dall'area banking, rispetto ai 151,8 milioni previsti dal consenso. Mentre l'utile netto si è attestato a 61,6 milioni, +11,9% sul quarto trimestre 2016 e a fronte dei 64 milioni del consenso.
Al 31 dicembre le masse hanno raggiunto quota 67,2 miliardi, in crescita del 11,6% rispetto al 2016. E' salito il saldo del gestito, +15,6% a 33,1 miliardi, mentre quello della raccolta amministrata è risultato pari a 14,2 miliardi (+8,3%) e la raccolta diretta a 19,9 miliardi (+7,7% anno su anno) grazie alla continua crescita della base di nuovi clienti e dei depositi transazionali.
Inoltre la quota delle masse riferibili alla clientela del segmento del private banking, ossia con asset superiori a 500 mila euro, si è ampliata sempre di più. Questi patrimoni si sono attestati a 25,9 miliardi, in rialzo del 16%. In totale il gruppo ha registrato nel 2017 una raccolta netta di 5,958 miliardi con un incremento del 18% sul 2016.
FinecoBank ha poi confermato la sua solida posizione patrimoniale con un Cet1 ratio (transitional) al 20,77% al 31 dicembre 2017. In occasione dei dati dell'anno, il gruppo ha fornito anche l'aggiornamento sui risultati del primo mese del 2018. Gennaio si è chiuso con una raccolta netta di 412 milioni, +55% anno su anno con le attività finanziarie che hanno toccato il picco di 68,12 miliardi (+13% anno su anno) con oltre 1,208 milioni di clienti (+7% anno su anno). Intanto è in via di realizzazione il progetto relativo alla nuova asset management company in Irlanda: la società dovrebbe essere pienamente operativa entro il primo semestre 2018, in linea con le attese. Al momento il titolo FinecoBank segna a Piazza Affari un ribasso del 2,83% a 9,47 euro.
P.S.: LA LINEA DEL PIAVE (MME 50) PER ORA REGGE!
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24 di 96-07/2/2018 15:200
GIOLA
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FinecoBank, analisti tiepidi dopo i conti
Gli analisti hanno apprezzato risultati 2017 e dati della raccolta di gennaio, ma restano tiepidi sulle potenzialità di crescita dell'azione. Il titolo si è apprezzato di oltre il 70% negli ultimi 12 mesi per cui la cautela espressa dalle investment bank è comprensibile. In rialzo gli utili attesi e i prezzi obiettivo anche grazie al via della sgr irlandese da metà anno
di Roberta Castellarin
Il titolo FinecoBank tratta piatto a Piazza Affari a 9,32 euro il giorno dopo aver comunicato i conti. Un andamento che rispecchia il parere degli analisti, che hanno apprezzato risultati 2017 e dati della raccolta di gennaio, ma restano tiepidi sulle potenzialità di crescita dell'azione. Il titolo si è apprezzato di oltre il 70% negli ultimi 12 mesi, per cui la cautela espressa dalle investment bank è comprensibile. In rialzo invece gli utili attesi e i prezzi obiettivo anche grazie al via della sgr irlandese da metà anno.
Che il nodo sia quello di un basso potenziale di crescita ulteriore dell'azione lo sottolinea Kepler Cheuvreux, che ha ridotto la raccomandazione su FinecoBank da buy a hold con prezzo obiettivo confermato a 10 euro. "E' tutto grande, solo il margine di rialzo è limitato", affermano gli analisti, che apprezzano i "solidi" risultati trimestrali ma abbassano il giudizio sul titolo alla luce del margine di upside limitato rispetto al loro target price.
Mantiene un giudizio neutral e un target price a 9,5 euro anche Mediobanca , che sottolinea come i conti siano risultati in linea con le attese. E lo stesso vale per il dividendo proposto a 0,285 euro che corrisponde a un dividend yield del 3% circa. Gli esperti di Mediobanca sottolineano che la raccolta netta a gennaio è stata di 412 milioni di euro, registrando un +55% anno su anno e di questi 252 milioni di euro sono confluiti in guided product (+35% anno su anno). Ora questi ultimi rappresentano il 64% del totale degli asset in gestione, rispetto al 57% di un anno fa.
Per quanto riguarda i conti l'utile netto si è attestato a 218,5 milioni (+8,9% rispetto al precedente record del 2016) . Il risultato di gestione della banca guidata dall'ad e dg, Alessandro Foti, è salito dell'11,4% a 353,4 milioni, mentre i ricavi totali sono aumentati del 7,9% a 586,7 milioni (al netto del profitto non ricorrente realizzato nel 2016 dalla vendita della quota in Visa Europe) trainati dall'area investing (+12,9% anno su anno) con le commissioni di gestione a +14,7% grazie al continuo miglioramento dell'asset mix e della produttività della rete e dell'area banking (+11,1% anno su anno). In calo il cost income ratio (39,8%, 1,9 punti percentuali in meno sul 2016).
Per quanto riguarda il solo quarto trimestre, soltanto i ricavi e il margine di interesse hanno battuto le attese del consenso FactSet. Il margine di interesse è stato di 70 milioni, +10,4%, principalmente supportato da volumi in aumento e da una maggior incidenza dell'attività di lending. Gli analisti si aspettavano 68 milioni. I ricavi sono saliti del 12,6% rispetto allo stesso periodo 2016 a 155,8 milioni, trainati dall'area investing e dall'area banking, rispetto ai 151,8 milioni previsti dal consenso. Mentre l'utile netto si è attestato a 61,6 milioni, +11,9% sul quarto trimestre 2016 e a fronte dei 64 milioni del consenso.
"La sorpresa positiva sul margine di interesse, grazie all'ottima crescita dei volumi di impieghi e su gli altri ricavi, ha compensato commissioni e costi leggermente peggiori del previsto", dicono gli analisti di Equita , che assegnano al titolo un giudizio hold e un prezzo obiettivo a 9,7 euro. Gli esperti sottolineano che durante la società ha comunicato che verrà lanciato un servizio di advisory sulla raccolta amministrata (con fee di 20-100 punti base). Inoltre Fineco am a Dublino inizierà ad operare a metà 2018. "Abbiamo stimato in base alle indicazioni fornite che Fineco am possa produrre 28 milioni di utile addizionale nel 2019 rispetto ai 18 milioni che avevamo nel modello", dicono gli esperti. Che aggiungono: "La visibilità sulla crescita degli utili data da Fineco am ci porta ad applicare il multiplo target di 20 volte al 2019 anziché al 2018 come fatto finora". L'attesa sull'utile rettificato 2018 sale del 4%, mentre il target price sale del 17% a 9,7 euro.
Banca Imi sottolinea che non sono emerse sorprese particolari dai conti del quarto trimestre della società guidata da Foti. Il giudizio per Banca Imi è hold e il prezzo obiettivo a 8,3 euro. "Crediamo che la strategia di crescita sostenibile portata avanti dalla società darà i suoi frutti, ma che consideriamo già incorporati dai prezzi di mercato attuali", dicono gli esperti di Banca Imi.
Mantiene il giudizio neutral, ma alza il target price da 8 a 9 euro Banka Akros. "FinecoBank ha il modello di business nel settore più efficace e meno rischioso, ma dopo la performance in borsa della società (+74% negli ultimi 12 mesi), non vediamo ulteriore upsite anche considerando le valutazioni elevate. Crediamo anche che ci potrà essere maggiore volatilità in vista delle elezioni del 4 marzo", si legge nel report di Banca Akros.
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25 di 96-17/2/2018 13:440
GIOLA
N° messaggi: 35454 -
Iscritto da: 03/9/2014
FinecoBank, Banca IMI alza a 9,2 euro il prezzo obiettivo
Dopo la diffusione dei conti del 2017 gli analisti di Banca IMI hanno alzato da 8,3 euro a 9,2 euro il prezzo obiettivo su FinecoBank. Gli esperti hanno confermato l’indicazione di mantenere le azioni in portafoglio.
26 di 96-20/3/2018 11:570
rampani
N° messaggi: 72925 -
Iscritto da: 03/9/2007
non mettele mai dietlocinese... ahahaha
27 di 96-24/7/2019 19:490
Ercole76
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Iscritto da: 06/11/2013
Ottimo titolo, da comprare, può essere una preda di banca straniera
28 di 96-03/8/2019 15:330
GIOLA
N° messaggi: 35454 -
Iscritto da: 03/9/2014
Ecco a chi fa gola Fineco dopo l’uscita frettolosa di Unicredit
Che cosa succederà a Fineco. Fatti, nomi, numeri e scenari
Per la prima volta nella sua storia ultraventennale a inizio maggio FinecoBank è diventata una banca indipendente. Il nuovo status è coinciso con la decisione di Unicredit di dimezzare – e in seguito azzerare – la quota azionaria (35%) in suo possesso. Nell’attesa di vedere se nei prossimi giorni Consob ufficializzerà tra i compratori qualche nuovo azionista rilevante, nelle ultime ore BlackRock è stata la prima a scoprire le carte.
In concomitanza col disimpegno di Unicredit il gigante americano dell’asset management ha incrementato al 10,233% (8,444% di quota azionaria semplice, 0,82% oggetto di contratti di prestito titoli e 0,969% tramite contract for differences) la posizione complessiva nel capitale della banca multicanale guidata da Alessandro Foti, diventandone il principale azionista dopo l’addio di Unicredit.
Agli attuali corsi borsistici l’investimento vale 645 milioni di euro. Va detto che essendo la più grande società di investimento al mondo (con oltre 6.500 miliardi di dollari in gestione) BlackRock è posizionata tatticamente su gran parte delle large cap mondiali, Piazza Affari compresa. Tuttavia va anche ricordato che pochi mesi fa il colosso americano si era proposto come capofila di una cordata di fondi che avevano cercato di rilevare Carige, salvo poi tirarsi indietro.
L’anno scorso inoltre era più volte circolata la voce che BlackRock stesse trattando con Intesa Sanpaolo l’acquisto del 10% di Eurizon, ma anche in quel caso la vicenda non ebbe alcun seguito. Che il terzo tentativo possa essere quello buono? Si vedrà nelle prossime settimane se la società aggiungerà altri acquisti o si limiterà a presidiare l’investimento.
Indipendenti sì, ma fino a quando? «Non c’è alcuna differenza sostanziale rispetto a prima, anche perché di fatto abbiamo sempre operato con quel tipo di spirito» votato all’indipendenza gestionale, aveva dichiarato alcune settimane fa l’amministratore delegato Alessandro Foti, commentando il progressivo disimpegno di Unicredit da Fineco.
Poiché tuttavia ora il capitale della banca è interamente sul mercato qualche fondo o qualche competitor potrebbe iniziare a ragionare su una possibile scalata. Certo, il boccone è tutt’altro che piccolo, considerato che Fineco capitalizza 6,2 miliardi e che pertanto promuovere un’Opa per arrivare almeno al 50% più un’azione partendo da zero e riconoscendo un minimo premio minimo ai soci significherebbe mettere sul piatto un assegno tra 3,2 e 3,5 miliardi.
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Nei mesi scorsi qualche pensiero in questo senso lo aveva fatto Mediobanca, sempre alla ricerca di un «unicorno» su cui reinvestire i proventi della programmata cessione del 3% delle Generali. Anche Mediolanum potrebbe avere qualche interesse per la partita o quantomeno così è parso d’intendere leggendo tra le righe di un’intervista che l’amministratore delegato Massimo Doris ha rilasciato pochi giorni fa.
Doris ha parlato di un interesse ad acquistare una rete di promotori in Italia a due condizioni: un prezzo conveniente e la disponibilità a trattare da parte del socio di controllo. Il secondo punto, con l’uscita di Unicredit, è di fatto venuto meno nel caso Fineco. Il primo al momento rimane uno scoglio, considerato che tra i competitor quotati in Italia Fineco è al momento quella con il p/e più caro. Stando ai dati di Bloomberg, a fine 2018 il rapporto prezzo/utili di FinecoBank era 26,1, contro il 20 di Azimut , il 18 di Banca Generali e il 15 della stessa Mediolanum.
L’adieu di Mustier parte da lontano. Il disimpegno di Unicredit è stato progressivo. I primi segnali risalgono all’estate 2016: oltre a un rafforzamento patrimoniale da 13 miliardi (condotto in porto nella primavera dell’anno successivo), la cura da cavallo imposta da Jean-Pierre Mustier all’indomani dell’approdo in piazza Gae Aulenti aveva richiesto il sacrificio di alcuni gioielli, primo tra tutti Pioneer, rilevata da Amundi per 3,5 miliardi.
La dismissione del braccio di risparmio gestito aveva seguito di qualche settimana la vendita della quota nella controllata polacca Pekao, acquisita da Pzu e dal fondo statale Pfr per 2,4 miliardi. Per reperire ulteriori risorse necessarie a rafforzare gli indicatori patrimoniali di Unicredit e rilanciarne le ambizioni, il banchiere di Chamalières aveva infine deciso di mettere mano anche al 65,5% con cui controllava Fineco. Una mossa che aveva sorpreso il mercato, suscitando più di una perplessità per via degli utili che la banca multicanale ha sempre macinato. Un primo pacchetto del 10% era stato collocato a 5,4 euro, mossa che aveva consentito di fare provvista per 330 milioni.
L’operazione aveva poi avuto un seguito nel novembre dello stesso anno, quando era stata ceduta con le medesime modalità un altro 20% di Fineco per 552 milioni (4,55 euro per azione). A ben altri livelli di prezzo sono avvenute le due cessioni più recenti, deliberate quando i titoli di FinecoBank avevano ormai sfondato quota 10 euro. Un primo collocamento fuori mercato a inizio maggio ha riguardato una quota del 17% per 1,014 miliardi (9,8 euro per azione). D’intesa con il consorzio di collocamento, poiché le azioni di Fineco avevano ripreso vigore nelle settimane successive, Mustier ha infine scelto di spossessarsi dell’ultimo 18% per 1,1 miliardi (9,85 euro per azione). In quattro tranche insomma Mustier ha incassato poco meno di 3 miliardi di euro, dando una bella spinta al Cet1 capital ratio della sua Unicredit.
INTANTO 1-2-3 LOW JOE ROSS IN FORMAZIONE...MASSIMA ALLERTA!
29 di 96-12/8/2019 15:080
GIOLA
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Iscritto da: 03/9/2014
BUY STOP A 9 €
30 di 96-13/8/2019 13:370
GIOLA
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Iscritto da: 03/9/2014
1-2-3 LOW JOE ROSS NON FORMATO...BUY STOP ANNULLATO!
31 di 96-27/12/2019 09:210
GIOLA
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Iscritto da: 03/9/2014
IL PIAVE...ULTIMO BALUARDO!
32 di 96-06/1/2020 11:440
GIOLA
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Iscritto da: 03/9/2014
PIAVE GUADATO!
33 di 96-30/3/2020 08:470
GIOLA
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Iscritto da: 03/9/2014
Dividendi: nessuna banca potrà distribuirli in Europa fino a ottobre
L’ha stabilito la Bce: non è un divieto (non potrebbe esserlo) ma una sollecitazione. Possibili effetti in Borsa OGGI, LUNEDI' 30 MARZO.
La decisione è stata annunciata ieri sera dopo la chiusura delle Borse: la Bce e quindi Bankitalia di rimando hanno sollecitato le banche dell’area di competenza a non distribuire dividendi. Questa in sintesi la sollecitazione:
1°) l’invito ha una durata limitata: almeno fino al prossimo mese di ottobre;
2°) stessa pressione per quanto riguarda i “buy back”;
3°) l’intervento riguarda i dividendi non ancora distribuiti e anche quelli messi all’ordine del giorno di assemblee degli azionisti (è il caso per esempio di Banca Intesa);
4°) occorre che gli istituti di credito guardino con oculatezza agli effetti della pandemia in corso, intervenendo il più possibile nei confronti dell’economia reale.
Il verdetto, che non è espresso in termini di obbligo ma di sollecitazione (da cui nessuna banca potrà inevitabilmente esimersi), cancella il rischio di una politica a macchia di leopardo relativamente alla distribuzione di dividendi, come già si stava delineando da qualche giorno, con annunci del tutto contradditori.
La decisione è più che corretta, data la gravità del momento, ma porterà immancabilmente a pressioni ribassiste per le azioni del settore. Resta poi da capire se quel “fino a ottobre” sarà interpretato come rinuncia definitiva per il dividendo 2019 oppure come rinvio di alcuni mesi, con magari l’erogazione a partire dall’autunno di una quota parte rispetto a quanto inizialmente previsto.
LORENZO RAFFO di LOMBARDREPORT
34 di 96-16/9/2020 09:240
pako7
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37 di 96-23/9/2020 15:280
luigi_dambrosio
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Un rintracciamento era necessario per attaccare a modo i 13,50