E' proseguita, in maniera meno accentuata, nei primi 9 mesi del
2016 la flessione delle vendite per i principali gruppi editoriali
italiani, con il fatturato aggregato in calo complessivamente del
3,5%. Il gruppo Cairo Comm. e' l'unico ad aumentare i ricavi
(+1,9%) mentre la flessione sfiora il 10% per Class E. (che assieme
a DowJones&Co. controlla questa agenzia) e l'8-9% per Monrif e
Il Sole 24Ore.
E' quanto emerge dall'analisi condotta dal Centro Studi di
Mediobanca sui principali gruppi editoriali italiani tra il 2011 e
il 2015 e i primi 9 mesi del 2016, secondo cui la redditivita'
industriale permane positiva per Mondadori, l'Espresso e Cairo
Comm; il dato peggiore in valore assoluto e' quello de Il Sole
24Ore, con un Mon (Ebit) negativo per 45 mln nel 2016, quasi
raddoppiato rispetto ai -25 mln dei primi 9 mesi del 201, che si
riflette in un risultato netto negativo per 62 mln. Anche Rcs
chiude in perdita il periodo per 17 mln, ma in miglioramento
rispetto ai -12,6 mln del periodo di raffronto.
La ricerca fornisce anche uno spaccato del settore europeo. Il
fenomeno del calo della diffusione dei quotidiani e' comune a tutto
il vecchio Continente. Nell'ambito dei quotidiani
economico-finanziari, va segnalata la recente cessione della The
Financial Times Ltd. dal Gruppo britannico Pearson al Gruppo
giapponese Nikkei Inc. avvenuta nel luglio 2015 per 1.169 milioni
di euro: il Gruppo Pearson esce quindi dal settore quotidiani per
focalizzarsi su quello dei libri scolastici e universitari, mentre
il Gruppo Nikkei (il principale operatore editoriale asiatico
indipendente) diventa leader nella stampa economica detenendo già
il The Nikkei, primo quotidiano economico-finanziario per
diffusione nel mondo. Da segnalare inoltre un'altra recente
modifica nello scenario della stampa europea che ha come
protagonista il magazine britannico The Economist, la cui casa
editrice - The Economist Newspaper Ltd. - fino all'ottobre 2015 è
stata detenuta per il 50% dalla The Financial Times Ltd. che la
valutava al costo ed eleggeva sei dei 13 membri del CdA (il
restante 50% faceva capo a vari azionisti tra cui le famiglie
Cadbury, Rotschild e Schroder). Nell'ottobre 2015 Exor ha rilevato
dalla The Financial Times Ltd. il 27,8% delle azioni ordinarie ed
il 100% delle azioni speciali di categoria B della The Economist
Newspaper Ltd. pervenendo al controllo del 43,4% del capitale
sociale e configurandosi come il principale azionista singolo della
società.
Analizzando i principali dati economico-patrimoniali al 2015
delle società editrici dei maggiori quotidiani d'informazione ed
economici più diffusi nei maggiori Paesi europei, emerge una
situazione di difficoltà, seppur inferiore a quella registrata in
Italia. Quattro gruppi europei sui nove considerati hanno
registrato una riduzione del fatturato complessivo, più evidente
per l'inglese News Group Newspapers (-6,2%) e per la spagnola
Ediciones El Pais (-5,1%); nello specifico, la diminuzione dei
ricavi diffusionali delle due risulta identica al -6,2% per la
prima e sale al -10,1% per la seconda. Tra le società con il
fatturato in aumento si segnala la francese Les Echos con il +4,1%
(+3,6% i ricavi diffusionali) mentre la tedesca Axel Springer
sfrutta la propria diversificazione in altre aree di attività
(servizi informativi, soluzioni di risk management, servizi di
marketing) registrando un incremento vendite dell'8,2%, con i
ricavi diffusionali in diminuzione dell'1,8%. Quest'ultima e il
Gruppo inglese Dmgt, anch'esso diversificato, si distinguono per
essere nel 2015 i migliori quanto a redditività operativa con,
rispettivamente, il 13,4% ed il 12,3% in termini di Mon/fatturato,
seguite dalla News Group Newspapers con il 6,8%. Di contro
l'inglese The Financial Times riporta un'incidenza fortemente
negativa, -46,6%, a causa del versamento di 123 milioni di euro a
favore del fondo pensione Pearson cosi come richiesto in sede di
trasferimento della proprietà al Gruppo Nikkei.
La situazione per News Group Newspapers e per The Financial
Times si ribalta a livello di incidenza del risultato netto sul
fatturato per effetto di componenti straordinarie: la prima chiude
in forte perdita (-54,9%) appesantita da oneri per spese legali e
svalutazioni di testate editoriali mentre The Financial Times
evidenzia un'incidenza del +126% per effetto della plusvalenza di
647 milioni di euro sulla cessione della propria partecipazione in
The Economist Newspaper al Gruppo Exor.
Nel 2015 le società editrici dei quotidiani britannici sono le
prime per produttività (valore aggiunto netto pro capite),
superiore a 100 mila euro per tutte, con News Group Newspapers e il
Gruppo Dmgt a segnalare anche i migliori Clup (costo del lavoro per
unità di prodotto), mentre The Financial Times ha un costo del
lavoro più elevato della produttività (Clup pari al 141,4%). A metà
classifica si collocano le case editrici tedesche con un Clup
comunque inferiore al 100% (70,9% per il Gruppo Axel Springer e
97,7% per DvH Medien) insieme alla spagnola Ediciziones El Pais
(90,8%). Peggiore la situazione degli editori francesi la cui
produttività e ricchezza creata non basta a coprire il costo del
lavoro (come accade per tre delle nove italiane).
Secondo l'indagine la struttura finanziaria appare solida seppur
con differenziazioni tra le case editrici europee selezionate; il
Gruppo Dmgt segnala un ammontare di debiti finanziari superiore ai
mezzi propri (158,9%) mentre News Group Newspapers si distingue per
assenza di debiti finanziari, con anche le due francesi Les Echos e
Société du Figaro con minime esposizioni verso terzi
(rispettivamente, 0,8% e 3,8% rapportati al capitale netto). Sempre
News Group Newspapers si distingue per l'elevata scorta di
liquidità che arriva al 79% dei mezzi propri, seguita da Ediciones
El Pais (36,5%) e DvH Medien (24,4%). Discorso a parte merita anche
sotto questo aspetto The Financial Times, outlayer in entrambi gli
indicatori sul capitale netto (747,4% i debiti finanziari e 612,1%
la liquidità) pressoché azzerato a causa della distribuzione di un
dividendo di 943 milioni di euro. Les Echos e il Gruppo Dmgt
registrano nel 2015 la più elevata percentuale di investimenti in
immobilizzazioni materiali, con l'8% e il 7,3% rispettivamente,
superiore al 4% in altri tre casi; NewsGroup Newspapers non iscrive
a bilancio alcuna immobilizzazioni materiale poiché utilizza
impianti di consociate del Gruppo News Corp.
Aggregando i maggiori operatori europei per nazionalità (nove
italiani, tre inglesi e francesi e due tedeschi) si può costruire
un quadro di sintesi 2015 nel panorama editoriale europeo connesso
ai quotidiani più diffusi. Da questo confronto emerge che
l'aggregato Italia segnala il maggiore calo dei ricavi rispetto
all'anno precedente (-4,2%), con Francia e Gran Bretagna pressoché
invariate; in incremento il fatturato della Germania (+7,6%) sulla
scia di quello del Gruppo diversificato Axel Springer; a livello di
redditività operativa aggregata brillano Germania e Gran Bretagna
(Mon pari al 11,9% e 4,8% sul fatturato), con l'Italia in pareggio
(+0,1%). Peggio di tutti fa la Francia (-1,5%). Anche in base al
costo del lavoro per unità di prodotto, davanti a tutti si
collocano Germania (83,2% il Clup) e Gran Bretagna (84,8%) e in
posizione intermedia l'Italia che migliora scendendo al di sotto
del 100% al 93,2%, non così la Francia (106,4%), penalizzata
rispetto all'Italia da un costo del lavoro più elevato (100 mila
contro gli 82 mila dell'Italia). Per solidità finanziaria le
posizioni sono più ravvicinate con in testa la Germania (49,5% il
rapporto fra debiti finanziari e mezzi propri), seguita da Gran
Bretagna (61,5%), Francia (62,3%) e Italia (67,9%); più liquido
l'aggregato Gran Bretagna (87,0% rapporto fra liquidità e debiti
finanziari), seguito da quello Francia (38,5%), Italia (31,2%) e
Germania (21,3%). Infine negli investimenti materiali primeggia la
Gran Bretagna (7,1%), seguita da Germania (4,2%), Francia (3,6%) e
con l'Italia fanalino di coda (1,6%).
lab
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November 23, 2016 09:00 ET (14:00 GMT)
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