ROMA (MF-NW)--Non c'è "niente di nebuloso" nella vendita di Netco a

Kkr, solo la legge italiana è diversa da quella inglese. Il presidente di

Tim, Salvatore Rossi, lo spiega al Financial Times che nella Lex Column di martedì scorso, dal titolo "Telecom Italia: buon affare, processo sbagliato", elogiava la bontá dell'operazione di vendita della rete fissa ma sottolineava che "approvare l'operazione senza un voto degli azionisti" è una cattiva idea e "non sarebbe ammissibile nel Regno Unito".

LA REPLICA DI ROSSI AL FINANCIAL TIMES

Rossi è quindi intervenuto con una lettera di risposta pubblicata oggi sul quotidiano finanziario anglosassone per difendere il corretto operato

del cda che domenica scorsa ha approvato a larga maggioranza l'operazione

con 11 voti favorevoli su 14. "Vi ringraziamo per l'apprezzamento espresso nella sostanza dell'operazione -scrive il presidente di Tim nella sua replica- ma vogliamo anche sottolineare come la legge italiana assegni al cda la responsabilità esclusiva per qualsiasi decisione che non comporti una modifica dell'oggetto sociale, indipendentemente dalla rilevanza della decisione. Il codice civile italiano è stato riformato in tal senso nel 2003 proprio per evitare qualsiasi tentativo da parte del consiglio di scaricare le proprie responsabilitá sulle spalle degli azionisti. Per quanto riguarda nello specifico questa operazione, non c'è dubbio che Tim continuerà, dopo la vendita, a installare e gestire reti di telecomunicazione e a fornire questi servizi".

SULLA SCELTA DEL CDA NULLA DI NEBULOSO

"Quindi -conclude Rossi- non c'è nulla di "nebuloso". È la legge del nostro Paese. Come osserva giustamente Lex, Si tratta di "un buon affare", che è stato gestito attraverso un processo chiaro in tutte le sue fasi. Grazie al consiglio, che ha adempiuto correttamente alle proprie responsabilitá, per la prima volta in piú di due decenni TIM ha ora davanti a sè opzioni strategiche attraenti".

TIM: CRESCONO RICAVI E DEBITO

Tim ha reso noti i risultati dei primi 9 mesi dell'anno. Il terzo trimestre ha visto ricavi totali del gruppo in crescita del 3,7% a 4,1 miliardi di euro (4,01 miliardi il consenso); l'ebitda organico è arrivato a 1,7 miliardi (+6,5%, era atteso a 1,64 miliardi), mentre quello after lease è pari a 1,4 miliardi (+8,6%, consenso a 1,36 miliardi). Il segnale positivo giunge dal secondo trimestre consecutivo di ricavi in crescita in Italia, aumentati del 2,2% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso a 2,98 miliardi. Allargando lo sguardo ai nove mesi il fatturato del gruppo è pari a 11,95 miliardi (+3,7%, di cui 8,74 in Italia), con un ebitda di 4,79 miliardi. Il grande neo rimane il debito: altri 200 milioni aggiuntivi di indebitamento netto, salito a 26,3 miliardi, mentre quello after lease registra un aumento di altri 400 milioni per toccare quota 21,2 miliardi. Quest'ultimo era atteso a 21,06 miliardi. Il margine di liquidità al 30 settembre è di 8,9 miliardi. Cifra che garantisce la copertura delle scadenze del debito fino a tutto il 2025 grazie alle operazioni di rifinanziamento messe in campo durante l'anno che hanno consentito la raccolta di 4,1 miliardi.

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