I ricavi di Alitalia stanno tornando a crescere. La tendenza che si è registrata a fine 2017 (+ 3% a dicembre), è confermata anche dai primissimi dati del 2018, secondo il direttore commerciale della compagnia, Fabio Maria Lazzerini, che stima un incremento del 4-5% anno su anno per il trimestre gennaio-marzo.

«Alcune cose stanno cambiando, il fatturato per la prima volta dopo 6 anni è tornato a crescere, anche se il 2017 non è stato un anno facile», ha detto Lazzerini, che per il 2018 stima anche un incremento del 10% dell'offerta di lungo raggio, nonostante Alitalia abbia cancellato Pechino e dimezzato i voli per L'Avana. Intanto, però, arriva il semaforo rosso di Bernstein alla cessione di Alitalia, con un monito per gli eventuali acquirenti a portare avanti offerte senza adeguate garanzie, soprattutto sul fronte del costo del lavoro, per non rischiare di ritrovarsi come l'ex azionista Etihad.

In sintesi, per la banca d'affari, Alitalia così com'è non è un buon affare, ferma restando l'attrattività indiscussa del mercato italiano. Tutto, perciò, andra visto dopo le elezioni del 4 marzo prossimo, per capire come il nuovo esecutivo si muoverà tra le spinte dei sindacati e l'esigenza di chiudere la partita Alitalia. Oltre che nel controllo dei costi, la chiave per Bernstein è anche nei tempi.

Ora che si sono allungati, visto che la cordata EasyJet-AirFrance-Delta ha chiesto un mese ancora per mettere a punto un'offerta congiunta, c'è margine perché i concorrenti in gara possano presentare un'offerta migliorativa rispetto a quella iniziale. Anche il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha confermato che sarà difficile chiudere prima delle elezioni. Nel caso in cui ci fosse carta bianca per una ristrutturazione, come per esempio quella richiesta da Lufthansa , secondo Bernstein la gara potrebbe addirittura riaprirsi e allargarsi ad altri pretendenti.

red/fch

 

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February 06, 2018 02:31 ET (07:31 GMT)

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