L'export italiano sarà un tema centrale del Governo Conte-bis. Tanto che la questione del rafforzamento degli strumenti per promuovere le esportazioni è finita nel programma di Governo giallorosso, con un esplicito riferimento a un possibile riassetto in Sace.

L'articolo 28 del documento, che sintetizza i principi che guideranno l'azione dell'esecutivo, parla esplicitamente delle necessità di individuare "strumenti più idonei per promuovere e accompagnare il Made in Italy, potenziando le attività di consulenza e di supporto finanziario e assicurativo in favore degli esportatori, anche attraverso l'individuazione di un adeguato modello di condivisione dei rischi tra Sace il ministero delle Finanze".

La questione, scrive MF, è in ballo da tempo. Non solo perché c'è da rinnovare il vertice della società controllata da Cassa Depositi e Prestiti, ma anche perché bisogna firmare la nuova convezione con il Tesoro, anche quella ferma da mesi, vitale per le attività di Sace e soprattutto per le grandi imprese italiane che lavorano con mega commesse (da Fincantieri a Leonardo ed Eni).

Oggi la società opera nei casi di eccessiva concentrazione del rischio tramite una convenzione con Via XX Settembre, che prevede che il Tesoro copra fino al 50% degli importi da assicurare. Una percentuale che può salire fino all'80% per le operazioni che vengono autorizzate dal Cipe.

Prima della crisi di Governo che ha portato alla nascita del Conte-bis sembrava che fosse stata trovata la quadra non solo sul nuovo vertice ma anche sulle nuove convenzioni, con il Cipe già convocato per il prossimo 26 settembre. Poi ragioni di opportunità istituzionale hanno portato i soggetti coinvolti a rimandare il riassetto a una fase successiva all'insediamento del nuovo governo.

Così il consiglio di amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti, riunitosi il 27 agosto scorso, ha portato a un nulla di fatto ed è rimasto aperto in attesa di nuova convocazione, e pure la riunione del Cipe è stata posticipata a data da destinarsi. In ballo, come detto, c'è anche un riassetto più profondo dell'attività di Sace e allo scopo da mesi era stato avviato un tavolo istituzionale che ha messo insieme rappresentanti della compagnia, del Mef e di Cdp, con il coordinamento di Palazzo Chigi. Un lavoro che ha prodotto un documento in cui sono state messe nero su bianco diverse ipotesi possibili per uscire dallo stallo.

Tra le opzioni ci sarebbe quella di un ritorno della controllata di Cdp direttamente sotto le insegne del ministero, che però dovrebbe sborsare qualche miliardo di euro per riacquistarla o magari effettuare uno scambio di partecipazioni. C'è anche l'ipotesi di un rafforzamento patrimoniale della società, che comunque sarebbe costosa, ma a carico di Cdp. Ci sono poi altre soluzioni possibili, che passerebbero per un maggiore coinvolgimento del Tesoro, con l'innalzamento della percentuale di garanzia pubblica per i rischi particolarmente concentrati. O anche la possibilità (già prevista dalla normativa vigente ma mai attuata) che lo Stato si accolli tutto il peso della garanzia, con Sace che si limiterebbe a istruire il dossier. Ma si pensa anche a una governance rafforzata del ministero nelle operazioni per le quali fornisce la garanzia; in questo caso si potrebbe prevedere la possibilità di integrare con rappresentanti del Tesoro il board di Sace quando si delibera sulle operazioni in riassicurazione.

Il programma di governo non lascia intendere quali di queste soluzioni sia quella più probabile, ma è chiaro che la questione sarà un punto centrale dell'azione del Conte-bis e del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e l'obiettivo è di replicare le best pratice internazionali, introducendo anche nuovi strumenti (come i crediti di aiuto previsti in Francia e in Giappone). Le possibili soluzione tecniche sono tutte sul tavolo, ora tocca alla politica. Di certo per rendere l'Italia più competitiva bisognerà velocizzare i processi.

red/sda

 

(END) Dow Jones Newswires

September 06, 2019 02:10 ET (06:10 GMT)

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