Gran parte delle banche italiane è diventata public company che hanno fisiologicamente allentato il legame con gli azionisti storici. Ubi fa eccezione, come testimonia la recente nascita di un patto parasociale che riunisce le diverse anime del gruppo, ricomponendo le contrapposizioni del passato. Molte le dinastie imprenditoriali nella compagine, a conferma non solo di un saldo legame culturale ma anche di una particolare attenzione per l'evoluzione del rapporto tra banca e azienda. Un rapporto che, secondo il vicepresidente esecutivo di Brembo Matteo Tiraboschi, è cambiato profondamente negli ultimi anni, ma che oggi sarebbe il caso di ripensare.

Domanda. Tiraboschi, perché la famiglia Bombassei, che controlla una multinazionale come Brembo , ha scelto di investire in una banca?

Risposta. Soprattutto per ragioni storiche e, per certi versi, affettive. Da una delle banche che hanno dato vita a Ubi Brembo ottenne il primo finanziamento oltre 50 anni fa. Da allora il legame con il gruppo è stato forte e l'iniziativa presa nelle scorse settimane con il nuovo patto parasociale certifica una volta di più questa vicinanza. L'iniziativa testimonia infatti un forte senso di appartenenza e la chiara volontà di mettere insieme soggetti economici diversi del Nord Italia.

D. Una scelta fatta in vista di un possibile consolidamento del settore bancario?

R. Il contesto economico e le scelte di politica monetaria della Bce pongono le banche davanti a diverse opzioni strategiche. Ubi ha un ottimo management, che saprà fare le scelte giuste per creare valore.

D. Vero è che il rapporto tra banca e impresa è cambiato profondamente negli ultimi dieci anni. Con che conseguenze?

R. La crisi del 2008-2009 è stata uno spartiacque che ha cambiato profondamente la relazione. Prima prevaleva un rapporto di fiducia in cui il banchiere si sforzava di capire i progetti dell'imprenditore e prendeva le decisioni sulla base della loro effettiva valenza industriale. La crisi ha cambiato questo paradigma, condizionando di conseguenza l'accesso al credito.

D. L'accesso al credito è peggiorato?

R. Oggi il banchiere è un tecnico chiamato dalla regolamentazione a sottoporre il business plan dell'imprenditore a una verifica asettica. Il progetto dietro a un investimento viene valutato attraverso griglie interpretative che ne trascurano le specificità, in nome di un assestment puramente numerico. Tutto questo mette molti vincoli al banchiere e limita fortemente l'accesso al credito. Con questo non voglio criticare la categoria, ma porre un problema di metodo.

D. Eppure le politiche espansive della Bce mirano proprio a portare liquidità nell'economia reale. Il meccanismo di trasmissione non funziona?

R. La Bce ha fatto molto, ma le rigidità del sistema bancario hanno reso faticosa la trasmissione. Penso ad esempio alla scelta di ignorare le peculiarità strutturali di ogni Paese. Che piaccia o meno, in Italia il rispetto delle scadenze sui pagamenti è sempre stato più lasco che in Nord Europa. Dalla pubblica amministrazione in giù i ritardi sono all'ordine del giorno: è un problema non solo di processi ma anche di cultura. Irrigidire le tempistiche imponendo la stessa disciplina a tutti i Paesi è una forzatura che ha finito per penalizzare banche e imprese.

D. La disponibilità a erogare mostrata in passato dalle banche italiane ha però creato il macigno degli npl, senza contare alcune degenerazioni dell'approccio relazionale al credito. Non crede che il vecchio modello avesse delle vulnerabilità?

R. Gli npl sono stati il costo che il sistema bancario ha pagato per sostenere l'economia italiana negli anni della crisi. Senza quello sforzo il Paese si sarebbe bloccato, come forse si bloccherebbe oggi se si ripresentasse una recessione di quel tipo nel nuovo contesto regolamentare. Detto questo, in alcune banche ci sono stati episodi di mala gestio, ma si è trattato di casi isolati che nulla tolgono all'impegno complessivo profuso dal sistema.

D. Insomma, le imprese vorrebbero investire ma non trovano banche disposte a finanziarle?

R. Al di là dello specifico momento di contrazione che stiamo attraversando in questi mesi, non c'è dubbio che le imprese italiane investirebbero di più in un diverso contesto. L'accesso al credito è diventato molto più problematico che in passato. Addirittura alcune volte l'azienda non va più a chiedere finanziamenti perché sa che se li vedrebbe rifiutare.

D. Il problema riguarda soprattutto le pmi?

R. Non è tanto un problema di dimensione, ma di track record. Se una piccola impresa ha sempre avuto i conti in ordine può ancora ottenere credito, ma se in passato ha avuto problemi il processo si rivela molto più complesso. L'errore oggi è tollerato molto meno che in passato.

D. Eppure le aziende avrebbero a disposizione strumenti alternativi al debito bancario. Perché non li sfruttano?

R. Sicuramente i cambiamenti intercorsi in questi anni hanno permesso alle imprese di affinare le strategie e di diversificare le fonti di finanziamento. Scelte virtuose perché dipendere eccessivamente dal debito bancario non è una strategia prudente. Non dobbiamo però nasconderci che per una piccola azienda resta ancora difficile accedere al mercato obbligazionario o alla borsa o al private equity. Indipendentemente dalla qualità del bilancio, il fattore dimensionale resta un ostacolo significativo. Ecco perché rimane essenziale la relazione con una banca che conosca il settore e il territorio di riferimento.

D. Ha ancora senso parlare di Banca del territorio nel 2020?

R. Mai come in questo momento storico per la banca è essenziale conoscere a fondo l'azienda. In termini non solo contabili, ma soprattutto industriali e strategici. Pensiamo ad esempio al delicato problema dell'internazionalizzazione; oggi sono pochissime le banche che accompagnano le imprese italiane all'estero, eppure ci sarebbe bisogno di servizi di questo genere per fare il salto di qualità. Ecco perché tra banca e azienda occorre recuperare una relazione che non guardi solo a parametri contabili, ma anche al respiro industriale dei progetti.

red

 

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November 04, 2019 02:14 ET (07:14 GMT)

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