Cina...E Se...

- 12/8/2009 22:15
ninicap N° messaggi: 3710 - Iscritto da: 02/5/2007

Repubblica.it

La Cina scopre la disoccupazione venti milioni tornano nelle campagne

Secondo gli esperti partira' una nuova emigrazione verso Asia, Europa e Africa

Nelle fabbriche attendevano gli ordini per Natale 2009, invece niente
dal nostro corrispondente GIAMPAOLO VISETTI

PECHINO - Il primo a vedere la fessura nella diga occupazionale cinese e' stato Jin Jiangbo. Ha 36 anni. Non e' un economista. Fa il fotografo. Un anno fa, quando ancora Pechino macinava record produttivi, e' sceso lungo il delta del fiume delle Perle. Nel Guadong, epicentro mondiale delle esportazioni, ha ripreso fabbriche chiuse, dormitori vuoti, capannoni abbandonati. Un deserto sconosciuto, che lui stesso non capiva. Le sue immagini, all'inizio, sono state censurate. Un anno dopo, ora che la crisi dell'Occidente e' maturata anche ad Oriente, quegli scatti profetici sono diventati il simbolo della Cina. Il Paese che produce tutto, a sessant'anni dalla rivoluzione comunista, e' minato dalla prima, grande crisi del suo capitalismo.

Un esercito di nuovi disoccupati, in fuga dalle citta' costiere dove stanno chiudendo fino a sette aziende su dieci, torna nei villaggi contadini lasciati negli ultimi vent'anni. Per la terza economia del mondo, che ha appena annunciato il prossimo sorpasso sul Giappone, e' uno choc. Oltre venti milioni di ex contadini, emigrati e trasformati in operai, rientrano in famiglia. Il controesodo dei nuovi disoccupati, vittime del piu' impressionante boom industriale della storia, cambia anche il profilo del paesaggio.

Si spopolano, e cadono in rovina, avveniristiche e sconfinate periferie urbane, appena costruite. Le campagne antiche dell'interno, rimaste prive di servizi, popolate di vecchi, scoppiano e si gonfiano di baracche. I dati ufficiali fissano la disoccupazione al 4,1%. Gli esperti spostano pero' il livello reale poco sotto il 20. Dietro il cortocircuito cinese, la recessione in America ed Europa. Le esportazioni, a luglio, sono calate del 22,9%. Le importazioni segnano un meno 14,9%. Migliaia di aziende dipendono dall'export fino all'80%. Su 6 milioni di nuovi laureati, 3 milioni sono senza lavoro.

I 586 miliardi stanziati dal governo sostengono credito e investimenti. Non bastano pero' per arrestare i licenziamenti. Nelle fabbriche, in questi giorni, si attendevano gli ordini per i regali di Natale di tutto il mondo. L'ultima spiaggia del 2009: giocattoli, hi-tech, moda. Invece niente. Il consumatore globale aspetta e l'ex coltivatore di riso cinese, che nel frattempo ha ceduto la sua terra, perde il posto. Gli specialisti di flussi migratori si dicono certi: nel sudest asiatico, ma anche in Europa e Africa, con l'autunno la Cina non spedira' merce, ma nuovamente braccia.

Nessuno, tra Shanghai e Shenzhen, era preparato a contrastare i tagli delle imprese, privatizzate per il 95% in trent'anni. Le conseguenze sono drammatiche. Milioni di persone, che hanno perso tutto, coprono due o tremila chilometri per rientrare, da sconfitti, in irriconoscibili luoghi d'origine. Nelle fabbriche la tensione sale. Senza straordinari, la paga crolla da 250 a 40 euro al mese. Gli operai non riescono piu' a spedire soldi a casa, o a pagare gli studi ai figli. Gli anziani, privi di pensione e assistenza medica, perdono la sola fonte per la sussistenza.

Entro il 2030, secondo le proiezioni, 320 milioni di ultra sessantacinquenni faranno saltare il nascente welfare made in China. Chiamata dagli Usa a "salvare il mondo", questa nuova Cina dominante inizia cosi' a temere di non riuscire a salvare nemmeno se stessa. Centinaia di sommosse, sfociate in conflitti e omicidi, hanno sconvolto nelle ultime settimane la vita delle aziende. I manager, che fino all'ultimo tacciono fallimenti o fusioni, scelgono la notte per scappare.

Per conservare il posto, o per ottenerne uno, i lavoratori sono costretti a pagare i dirigenti che restano. Le assunzioni, ha rivelato ieri il governativo China Daily preannunciando arresti, finiscono anche all'asta per 10 mila yuan. In alcuni casi le imprese chiedono "anticipi retributivi" ai dipendenti, con la promessa di restituirli entro quattro anni. Nelle universita', comprese quelle di Pechino, migliaia di laureandi fingono di essere stati assunti per poter discutere la tesi e non essere retrocessi in atenei di provincia. L'ordine del governo e' perentorio: le previsioni occupazionali, assai ottimistiche, devono avverarsi.

Tra allievi e professori, da gennaio, si registra un boom di suicidi. Liu Wei, laureanda in informatica nello Hebei, ha lasciato un diario. La sua testimonianza, diffusa in internet, e' diventata lo specchio del dramma nascosto dalle autorita'. "Mi vergogno - si legge - perche' i miei hanno fatto grandi sacrifici per non ridurmi a seguire la loro fine. Ora non possono piu' pagare la mia retta e io non trovero' un lavoro per mantenerli". Si e' uccisa per 70 euro al mese.

Milioni di falsi contratti sarebbero stati scritti con la complicita' dei dirigenti comunisti di numerose province. Secondo il partito centrale, la crescita cinese resta all'8%, la produzione industriale di luglio segna un piu' 11% e l'occupazione nel primo semestre 2009 avrebbe segnato un piu' 0,13%. Nessuno si fida piu' di nessuno. La popolazione assiste infatti alla rotta di quella che stava diventando la classe media e al ritorno nel Medioevo agricolo della metropolitanizzata "generazione Ikea".

"Non sorprende - dice il Tao Li, docente alla School of Business di Shenzhen - che i dati ufficiali sulla disoccupazione siano ampiamente sottovalutati. Chi perde il lavoro si registra solo per ottenere sussidi pubblici. Ma questi sono limitati, o soggetti a corruzione e clientele politiche. I disoccupati-fantasma sono l'effetto della nuova sfiducia interna cinese". L'incertezza taciuta, del resto, e' chiara. Milioni di cause per insolvenza assediano i tribunali. Le banche faticano a recuperare i crediti per immobili e arredi a basso costo. I venti milioni di "nuovi disoccupati cinesi made in Usa" si sommano ai 140 milioni di migranti che lavorano spostandosi di provincia in provincia. Il consumo di energia industriale, in sei mesi, e' diminuito del 48%.

Anche nella capitale la spesa alimentare, da gennaio, e' stata tagliata del 32%. Lo stesso Global Times, voce indiretta del partito comunista, ha riferito ieri che la gente ha reagito "con ironia" alla notizia che i salari urbani sarebbero cresciuti del 13%, fino a 2142 dollari al mese. Alti funzionari pubblici, coperti dall'anonimato, riferiscono di un governo "in forte fibrillazione". Le ondate di disoccupati, per la prima volta, scuotono il potere. Da settimane seminano insoddisfazione e rabbia nella pancia della nazione.

Alla vigilia del sessantesimo anniversario dalla rivoluzione di Mao, il primo ottobre, Pechino teme che le sommosse davanti ai cancelli chiusi si saldino con le rivolte etniche finora represse nel sangue. I nuovi disoccupati dello Guangdong, fanno pero' piu' paura di uiguri e tibetani. Gli "incidenti di massa", in un anno, sono stati oltre 80 mila.

Da minoranza, gli ex operai possono infatti diventare maggioranza e incrinare il trionfante nazionalismo capitalista degli han. Con i colletti bianchi rispediti nei campi, gli intellettuali appesi a "rimborsi spese" a termine, i braccianti affamati dal crollo dei prezzi e i separatisti sempre piu' infiltrati dall'integralismo religioso, possono formare un blocco sociale difficile da contrastare. "E' il lavoro - dice Shi Xiao, direttore dell'Osservatorio sociale di Shanghai - il vero nervo scoperto di questo potere. Ha puntato tutto sul denaro, facendo dimenticare al Paese i suoi diritti. Se fallisce sull'occupazione, il partito potrebbe presto sentirsi rivolgere domande sulla democrazia".

Preoccupato da ogni forma di contestazione, il generale Meng Guoping ha annunciato un piano per "gestire in modo piu' efficace sommosse, emergenze e scontri etnici". E' il primo, a 82 anni dalla fondazione dell'Armata popolare di liberazione. "Viene presentato come lotta al terrorismo - dice l'economista Eric Fishwick - ma la cerchia del presidente Hu Jintao pensa a come gestire i milioni di cinesi che stanno perdendo tutto".

Pechino sa che "il futuro e' incerto" e che l'economia finanziaria e' sfuggita anche dalle sue mani. Per ordine dell'Ufficio nazionale delle statistiche, garante estremo della crescita cinese, si rifugia cosi' nella tradizione poetica. "Sono fiero di essere un mattone nell'edificio occupazionale della repubblica", ha scritto ieri Guo Zhenglan, licenziato di Changping, aderendo alla "campagna di Stato per il lavoro". L'ha superato Yan Qiao, che fino a giugno costruiva sfere con la neve finta per il mercato europeo. "Grazie alla statistica - ha dichiarato - posso riordinare le mie stelle nel cielo della fabbrica".

(12 agosto 2009)



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MODERATO MARIA DOLORE (Utente disabilitato) N° messaggi: 3770 - Iscritto da: 10/8/2021
MODERATO MARIA DOLORE (Utente disabilitato) N° messaggi: 3770 - Iscritto da: 10/8/2021
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MODERATO DucaconteVolpegufocorvo (Utente disabilitato) N° messaggi: 7257 - Iscritto da: 20/6/2021
MODERATO DucaconteVolpegufocorvo (Utente disabilitato) N° messaggi: 7257 - Iscritto da: 20/6/2021
28 di 242 - 19/11/2023 13:08
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021

Cina, perché il paragone con il Giappone degli anni Novanta non regge

di Xiaolin Chen*
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Sebbene il Paese stia affrontando una serie di sfide, per KraneShares la Cina potrebbe avere ancora ampio margine per incrementare il numero di politiche di supporto e per rilanciare l’economia

L'attuale situazione economica della Cina ha indotto dei paragoni con il "decennio perduto" del Giappone degli anni Novanta, ma un esame più attento rivela differenze determinanti tra i due Paesi, che ci fanno pensare che la Cina non sia destinata a un'analoga e prolungata stagnazione.

29 di 242 - 19/11/2023 13:09
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021

Un primo aspetto da considerare quando si fa questo confronto è la crescita del PIL che vede i due paesi in due traiettorie molto diverse. Anche se la Cina non sta registrando una crescita a due cifre come quella che dagli anni Novanta al 2010 l’ha portata a diventare la seconda economia al mondo, l’obiettivo di crescita del 5% rappresenta un tasso di crescita solido verso la modernizzazione del paese. Ben superiore al tasso di crescita del PIL del Giappone degli anni ’90, che si attestava intorno all'1%.

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Quando si fa questo paragone si guarda spesso anche alle valutazioni del settore immobiliare, sostenendo in particolare che quello cinese sia attualmente in una fase di consolidamento, proprio come avvenuto in Giappone negli anni '90. In quegli anni però il valore degli immobili in Giappone era pari al 560% del PIL, quindi un livello molto più alto rispetto a quello nella Cina di oggi, che si attesta al 260% del PIL. Anche se crediamo che la fase di consolidamento del settore immobiliare cinese non sia ancora terminata, pensiamo che sia vicino ad entrare in una fase più positiva per contribuire alla crescita del PIL.

30 di 242 - 19/11/2023 13:09
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021
La stessa dinamica si può osservare sui mercati azionari. Attualmente, il mercato azionario cinese registra una valutazione che è ai minimi degli ultimi dieci anni - principalmente per preoccupazioni legate a fattori macroeconomici - mentre il Giappone negli anni '90 riportava valutazioni azionarie elevate. Riteniamo che, quando l'attenzione tornerà a concentrarsi sui fondamentali e sugli utili delle società cinesi, le valutazioni azionarie si riprenderanno. Questo costituirà un incentivo interessante per gli investitori globali a premiare i solidi utili delle società cinesi, che non si sono ancora riflessi pienamente nei prezzi delle azioni.
31 di 242 - 19/11/2023 13:10
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021

Se si guarda invece alle valute, mentre negli anni ’90 c’è stato un forte apprezzamento dello yen del 200%, oggi la Cina riesce a gestire la fluttuazione del renminbi, che è guidata più dai differenziali dei tassi di interesse che da fattori strutturali. Inoltre, la politica monetaria cinese è ancora espansiva, mentre gli Stati Uniti e la maggior parte dei mercati sviluppati si trovano in una fase di rialzo dei tassi di interesse.

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32 di 242 - 19/11/2023 13:11
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021

La Cina si trova ad affrontare anche una serie di sfide demografiche, ma il governo sta intervenendo proattivamente per alleviare le pressioni che ne derivano. Negli anni ’90 la popolazione del Giappone era di 123 milioni e questo numero non è cambiato in trent’anni, con la popolazione che è ancora intorno allo stesso livello. Anche la Cina, secondo alcune previsioni, continuerà ad avere una popolazione di 1,4 miliardi nei prossimi dieci o vent’anni. Tuttavia, la politica del figlio unico che era stata introdotta negli anni '80 in Cina è stata poi allentata negli ultimi anni a causa dell'invecchiamento della popolazione.

33 di 242 - 19/11/2023 13:11
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021

Per aumentare il tasso di natalità, il governo cinese offre sussidi finanziari alle famiglie con neonati. Inoltre, in Cina l'istruzione è gratuita fino all'università, il che alleggerisce ulteriormente la pressione finanziaria sulle famiglie. Ci vorrà del tempo affinché questo si traduca in una crescita della popolazione, ma siamo convinti che la Cina tornerà a crescere demograficamente nei prossimi anni.

34 di 242 - 19/11/2023 13:11
MULTYNYCK N° messaggi: 5681 - Iscritto da: 10/10/2021

Un ultimo elemento da considerare è il tasso di urbanizzazione, che in Cina è oggi del 65,20%, ovvero inferiore di circa il 12% rispetto al 77,34% del Giappone degli anni '90. Per arrivare allo stesso livello, altri 168 milioni di cinesi, ovvero più dell'intera popolazione del Giappone, dovranno spostarsi nei centri urbani.

Pertanto, sebbene il Paese stia affrontando una serie di sfide, riteniamo che la Cina abbia ancora ampio margine per incrementare il numero di politiche di supporto e per rilanciare l’economia e che la sua fase di sviluppo differisca in modo sostanziale dall'era post-boom del Giappone.

35 di 242 - 04/12/2023 23:16
Gianni Barba N° messaggi: 33391 - Iscritto da: 26/4/2020
L'economia cinese sta cambiando. Ma il mondo non è pronto
BARRON'SLeggi dopo

L'economia cinese sta cambiando. Ma il mondo non è pronto

di Marc Chandler
tempo di lettura mezz'oretta

Gli economisti sostengono che dovrebbe aumentare i consumi a discapito degli investimenti. Ma il mondo ha la capacità e la resistenza ambientale per vedere aumentare in modo significativo i consumi della Cina?

Napoleone aveva avvertito che la Cina era un gigante addormentato e che il mondo avrebbe tremato al suo risveglio. E così è stato, e la gestione della sua ascesa è una delle sfide principali di quest'epoca.

36 di 242 - 04/12/2023 23:17
Gianni Barba N° messaggi: 33391 - Iscritto da: 26/4/2020

Gli economisti sostengono che lo squilibrio della Cina, che privilegia gli investimenti rispetto ai consumi, minaccia la prosperità globale. La saggezza convenzionale suggerisce che la Cina dovrebbe aumentare i consumi. Può assorbire una parte maggiore del proprio surplus commerciale. In astratto sembra una soluzione corretta, ma in concreto sembra poco sensata dal punto di vista ambientale e politico. Mette gli Stati Uniti nella posizione di dire agli altri Paesi cosa possono fare per aiutare l'America e spinge un modello di sviluppo che si basa sul continuo degrado ambientale.

La Cina è ancora un Paese povero. Rappresenta circa il 18% della popolazione mondiale e circa il 13% dei consumi mondiali. Il prodotto interno lordo pro capite della Cina è di circa 12.700 dollari, secondo la Banca Mondiale. Il mondo ha la capacità e la resistenza ambientale per vedere aumentare in modo significativo i consumi della Cina?

37 di 242 - 04/12/2023 23:18
Gianni Barba N° messaggi: 33391 - Iscritto da: 26/4/2020

Il consumo pro-capite è più che raddoppiato nell'ultimo decennio

Per dare un'idea, gli Stati Uniti hanno più di 800 veicoli leggeri ogni 1.000 persone. La Cina? Meno di 200. Secondo le stime delle Nazioni Unite, la Cina consuma circa il 13% di calorie in meno rispetto agli americani e circa il 4% in meno rispetto agli europei. Il consumo di acqua in Cina è poco più di un terzo di quello medio americano. Pro capite, la Cina produce meno di un quarto dei rifiuti solidi urbani che gli americani producono quotidianamente, e circa il 60% della media globale.

I consumi rappresentano circa il 54% del Pil cinese. Il consumo pro-capite è più che raddoppiato nell'ultimo decennio, un'impresa rara che spesso sfugge ai critici. E per alcuni consumi, la Cina è al di sopra delle sue possibilità. La Cina è responsabile di un terzo degli acquisti globali di beni di lusso, di più di un quarto degli smartphone e di quasi un quarto dell'energia mondiale.

Alcuni sostengono che una rete di sicurezza sociale più forte in Cina ridurrebbe la pressione sulle famiglie a risparmiare per la disoccupazione, la malattia e la vecchiaia. Tuttavia, è ancora discutibile la correlazione tra i consumi e l'estensione della rete di sicurezza sociale, come dimostra uno sguardo agli Stati Uniti e all'Unione Europea.

Inoltre, sappiamo che gli investimenti non sono limitati dallo stock di risparmio: nonostante il suo debole sistema di sicurezza sociale, la Cina è diventata la fabbrica del mondo, il leader nella produzione e lavorazione delle terre rare, il leader nei veicoli elettrici all'avanguardia, il più grande produttore di pannelli solari. Ci sono ragioni convincenti per cui la Cina dovrebbe rafforzare il paniere di beni che i cittadini ricevono (i diritti acquisiti), al di là delle presunte implicazioni per il mix consumi/investimenti.

La Cina ha ridotto il suo stato sociale mezzo secolo fa, quando gli Stati Uniti e l'Europa stavano rivedendo i loro. La "ciotola di riso di ferro" del leader cinese Mao Zedong, che comprendeva lavoro garantito, assistenza sociale e sanitaria, è stata abbandonata soprattutto con il pretesto delle riforme di mercato. Tuttavia, c'è poco interesse a rivitalizzarla sotto il governo del presidente Xi Jinping.

  • Leggi anche: La crisi geopolitica fa correre l’oro. Può spingersi a 2.300 dollari
38 di 242 - 04/12/2023 23:18
Gianni Barba N° messaggi: 33391 - Iscritto da: 26/4/2020

La proprietà come motore dello sviluppo cinese

L'ex consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, W.W. Rostow, con il suo libro "Le fasi della crescita economica", continua a influenzare le opinioni sulla modernizzazione a Washington. Rostow vede nel consumo di massa lo stadio più alto della società. Ne consegue l'idea che la Cina lo debba abbracciare, come la notte il giorno. Tra l'altro, presuppone che il consumo sia neutrale rispetto al valore. Cosa che deve essere ancora verificata.

È stato necessario inculcare la preferenza per il nuovo rispetto al vecchio. L'obsolescenza incorporata e l'enfasi sul cambiamento della moda richiedono trasformazioni culturali, una rivoluzione permanente. Il carattere acquisitivo è un artefatto culturale; è la sublimazione e normalizzazione dell'accumulatore e dell'avaro. Ironia della sorte, il consumo è apparentemente un’espressione individuale, eppure genera conformismo.

39 di 242 - 04/12/2023 23:19
Gianni Barba N° messaggi: 33391 - Iscritto da: 26/4/2020

La proprietà è stata il motore dello sviluppo cinese. E’ stata un veicolo di risparmio. Ha generato la domanda di beni e industrie. Le vendite di terreni erano una fonte essenziale di entrate per i governi locali. Ma la crisi immobiliare cinese ha imposto una svolta. Pechino ha reindirizzato gli investimenti verso il settore manifatturiero e (di nuovo) verso le infrastrutture. Il tutto sta andando bene come riparare una ruota bucata in un'auto in movimento.

Dall'inizio degli anni 90, gli investimenti hanno raggiunto una media di oltre il 40% del Pil cinese, un valore altissimo. Ma ogni unità di investimento genera una minore unità di produzione. Gli investimenti della Cina in capacità produttiva le faranno guadagnare quote di mercato a scapito del resto del mondo. La Cina sta costruendo il maggior numero di centrali elettriche a carbone del mondo, ma allo stesso tempo sta investendo più del resto del mondo in tecnologie verdi.

L'ascesa della Cina sarebbe dirompente anche se fosse un Paese capitalista trasparente e dinamico. Molti Paesi agiranno per proteggere i propri posti di lavoro e le proprie industrie, ma hanno intrapreso questa strada da tempo. Le dimensioni della Cina implicano che qualsiasi cosa faccia, essa diventa significativa e ha ripercussioni su tutto il mondo. Questo include i consumi e gli sprechi.

Forse gli economisti hanno ragione: il mondo non può permettersi che la Cina continui a investire una percentuale così alta del suo Pil. Ma la Terra può sostenere e l'ambiente può assorbire una classica modernizzazione fatta di consumi e sprechi apparentemente infiniti? In ogni caso, siamo impalati sulle corna del dilemma.

Marc Chandler è chief market strategist di Bannockburn Global Forex, una divisione della First Financial Bank. I commenti degli ospiti come questo sono scritti da autori esterni alla redazione di Barron's e MarketWatch. Riflettono la prospettiva e le opinioni degli autori.


(Translated from the original version by Milano Finanza Editorial Staff)

Barron's
Orario di pubblicazione: 04/12/2023 13:33
Ultimo aggiornamento: 04/12/2023 15:10
40 di 242 - 06/12/2023 11:16
Gianni Barba N° messaggi: 33391 - Iscritto da: 26/4/2020
MERCATI AZIONARI

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