Il 2019 sarà ancora un anno impegnativo per il sistema bancario italiano sul fronte del derisking. Le impegnative scadenze fissate dall'addendum della Bce impongono agli istituti di non restare con le mani in mano, ma di procedere a nuove cessioni dopo quelle realizzate l'anno scorso.

In queste settimane però, scrive MF, c'è un elemento di forte incertezza che pesa sul sistema: il prossimo 6 marzo scadrà infatti la garanzia pubblica sulle cartolarizzazioni (gacs), lo strumento varato nel 2016 dal governo Renzi e già rinnovato in due occasioni.

Ancora oggi le grandi banche e i loro consulenti legali e finanziari sono allo oscuro delle intenzioni dell'esecutivo e nel settore non mancano segnali di preoccupazione. Anche perché, se molti scommettono su un rinnovo della garanzia, le nuove condizioni non sono ancora chiare. Sembra anzi che nelle scorse settimane diversi esponenti della Lega abbiano chiesto di rendere più costoso lo strumento per gli istituti che vorranno ricorrervi, ridefinendo il paniere di credit default swap.

Finora infatti la garanzia è costata quanto viene pagata in media sul mercato la protezione dal rischio di default sul debito di emittenti italiani, finanziari e corporate, classificati investment grade. Dal primo al terzo anno viene pagato il cds di riferimento a tre anni. Nel quarto e quinto anno viene pagato il cds di riferimento a cinque anni più un premio, nel sesto e settimo anno si paga il cds a sette anni più un premio e per gli anni successivi vale il cds di riferimento a sette anni. Il paniere oggi è composto tra gli altri dai cds su Ubi, Unicredit , Intesa Sanpaolo , Enel , Acea , Telecom Italia , Finmeccanica e Mediobanca .

red/fch

 

(END) Dow Jones Newswires

February 15, 2019 02:31 ET (07:31 GMT)

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