Eni: Descalzi, prezzo petrolio salirà ancora (CorSera)
26 Settembre 2018 - 9:03AM
MF Dow Jones (Italiano)
"Il petrolio a 100 dollari al barile? Non azzardo previsioni.
Dico solo che sarebbe negativo per tutti: per i consumatori, ma
anche per noi produttori, tra instabilità dei mercati e prevedibile
impatto sui consumi. E per l'ambiente, dato che, a quei livelli,
molti tornerebbero al carbone. Ma riconosco anche che, al di là
della fiammata di ieri dopo le decisioni Opec, le condizioni di
mercato possono spingere verso prezzi ancor più sostenuti".
Lo ha detto al Corriere della Sera l'amministratore delegato
dell'Eni, Claudio Descalzi, dopo aver firmato un accordo con
l'Undp, il programma di sviluppo dell'Onu per l'estensione
dell'impegno della multinazionale energetica nello sviluppo
economico dell'Africa e mentre il presidente americano, Donald
Trump, accusa l'Opec che ha respinto la sua richiesta di mettere
più petrolio sul mercato per far calare i prezzi, dal palco
dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
"Al di là dei numeri -alcuni di quelli che oggi vedono il
petrolio a 100, qualche anno fa lo prevedevano a 20- è indubbio che
nel tempo si è ricreato uno squilibrio che fa salire i prezzi. Da
un lato cresce la domanda legata alla mobilità e all'industria. Ma
il maggior fabbisogno -ha continuato Descalzi- non viene
soddisfatto da una maggiore offerta. Anzi, gli investimenti
nell'estrazione calano: eravamo a 800 miliardi di dollari l'anno
nel 2013-14, ora siamo scesi a circa 400. Tenga conto che ne
servirebbero 600 solo per combattere il declino naturale dei
giacimenti petroliferi".
Secondo Trump è colpa dell'Opec, altri dicono che è anche la sua
politica delle sanzioni, come quelle all'Iran, a far crescere i
prezzi. "L'anno scorso -ha spiegato l'a.d. di Eni- abbiamo avuto un
deficit di produzione mondiale di circa 500mila barili al giorno in
media annua. Le sanzioni all'Iran potrebbero sottrarre altri 700
mila barili. L'America è ai limiti con la sua produzione e allora
Trump aveva chiesto all'Opec di compensare aumentando l'offerta di
greggio. L'organizzazione ha opposto un rifiuto che ha fatto
impennare i prezzi".
"Vedremo quale sarà la reazione dell'Opec se i prezzi punteranno
ai go dollari. Senza contare che prezzi più elevati rallenterebbero
lo sviluppo delle economie con danni anche per l'area Opec: quello
sarà il momento della verità", ha continuato.
Descalzi ha poi spiegato che "scegliendoci dopo una approfondita
due diligence, (l'analisi di chi siamo, di cosa facciamo e di come
lo facciamo in quella parte del mondo), come primo partner
energetico globale delle Nazioni Unite per lo sviluppo dell'Africa,
l'UNDP dà credibilità ai nostri sforzi". I problemi giudiziari "li
hanno anche gli altri grandi operatori. E, comunque, sulla
questione dell'Algeria -ha messo in evidenza il manager- siamo
stati assolti. Aspettiamo per il resto, e siamo fiduciosi. Intanto
da parecchi anni noi investiamo in 14 Paesi africani, dall'Angola
alla Nigeria passando per Congo e Mozambico, con l'obiettivo di
affiancare all'attività estrattiva programmi di sostegno delle
economie e delle comunità locali: centrali elettriche, impianti
eolici, solare fotovoltaico per dare energia alle famiglie e alle
imprese di vari Paesi. Ma anche investimenti in agricoltura e in
riforestazione. Fin qui abbiamo fatto tutto con le nostre risorse,
salvo che nel Ghana dove c'è stato un contributo della Banca
Mondiale. Il riconoscimento dell'Onu ci apre, ovviamente, orizzonti
più vasti".
Alla domanda se sia questo il modo giusto per far crescere
questo continente e ridurre i flussi migratori verso l'Europa, "da
anni si parla di interventi per l'Africa, di banche etiche, ma al
dunque le risorse non arrivano. Noi abbiamo fatto investendo da
soli, senza aspettare crediti e risorse. Le faccio l'esempio di una
regione della Nigeria, il delta del fiume Niger, dove, con un
impegno iniziato a fine anni `8o, abbiamo portato una popolazione
di 600 mila persone a sviluppare attività agricole che prima non
esistevano. Una comunità che oggi -ha sottolineato- produce, ha un
reddito e una sua struttura sociale radicata. Servono molte di
queste iniziative: un piano pubblico/privato che offra capacità di
progettazione e costanza nell'attuazione dei programmi".
"In Libia -ha proseguito Descalzi- si deve arrivare a un'intesa
interna tra fazioni. Non entro in questioni diplomatiche, ma deve
essere chiaro che tra noi e Total non ci sono tensioni: lavoriamo
insieme in mezzo mondo, dalla Nigeria all'Egitto, dall'Angola alla
Gran Bretagna. Total è già presente in Libia nel petrolio, noi
soprattutto nel gas, con poco meno di 300mila barili al giorno di
produzione. Lavoriamo quotidianamente gomito a gomito, pur nello
spirito di una sana concorrenza".
Alla domanda se gli investitori internazionali che hanno
scommesso sull'Eni sono allarmati per le politiche del governo, "no
-ha spiegato l'a.d.- anche perché il 95% della nostra attività si
svolge fuori dall'Italia. Col governo abbiamo rapporti costruttivi,
positivi, soprattutto con lo Sviluppo economico per l'economia
circolare e il sostegno alle energie rinnovabili, col ministero
dell'Interno per la Libia e le questioni di sicurezza, ma anche con
'Economia e col ministro Savona per i rapporti con l'Europa".
vs
(END) Dow Jones Newswires
September 26, 2018 02:48 ET (06:48 GMT)
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