In un mercato dei minibond che in Italia cuba un valore nominale complessivo di 8,61 mld di euro, la necessità di dotare di rating questi strumenti è sempre più stringente. Modefinance gioca un ruolo centrale nel giudicare i minibond. Il ceo e fondatore, Mattia Ciprian, oltre ad auspicare un ampliamento della platea dei titoli con rating, auspica anche una modernizzazione delle metodologie di giudizio, oggi troppo legate al passato.

D. Quanto è importante la certificazione?

R. Il mio punto di vista ovviamente è distorto. Il rating è fondamentale, perché effettuato da un terzo che guarda con occhi terzi. Quando si fa un rating la prima cosa che viene garantita è l'indipendenza della valutazione. Poi ovviamente c'è la capacità di valutare, ma passa quasi in secondo piano. La prima è avere dei sistemi interni, dei controlli che garantiscano l'indipendenza. Nella catena del minibond è ovvio che tutto è costruito per far emettere il titolo all'azienda perché tutti gli attori coinvolti ci guadagnano percentualmente. L'agenzia di rating ha il suo ticket. E quindi siamo molto terzi. Oggi sul mercato italiano il rating è richiesto quando dall'altra parte c'è un investitore pubblico oppure c'è un garante pubblico come Mcc o Sace. Diventa addirittura un rating pubblico obbligatorio quando il minibond va al retail. La maggior parte dei minibond non gode di rating. Non voglio dire che fanno le cose a caso, però il rating viene visto come un orpello. Ecco, secondo me dovrebbe diventare sempre più uno standard di misurazione della rischiosità, perché alle volte noi possiamo vedere quello che l'investitore e l'arranger non vedono.

D. Cosa vi rende più occhiuti?

R. Abbiamo le nostre metodologie e poi, soprattutto, siamo monotematici, facciamo questo e solo questo, noi facciamo solamente l'analisi del rischio e lo facciamo nel modo più scientifico possibile, tutto ciò che facciamo è validato, non solo in Italia, ma a livello europeo. E ci sono delle metriche scientifiche che andiamo a misurare e questo è fondamentale.

D. Se tutti i minibond avessero il rating il mercato diventerebbe più liquido?

R. Non so se diventerebnbe più liquido. Il minibond rimane uno strumento che viene costruito e investito immediatamente in una ristretta cerchia di persone. Probabilmente il rating garantirebbe minori perdite, un tasso di default più basso, sicuramente, ma non garantirebbe maggiore liquidità. Garantirebbe una maggiore liquidità ampliare la platea di investitori. Sarebbe fondamentale anche creare un mercato secondario.

D. Qual è il tasso di default dei minibond?

R. È minore del tasso medio del default aziendale. Perché ovviamente il rating serve a fare un po' da barriera. Il rating serve per comprendere se c'è un rischio.

D. Qual è l'evoluzione del mercato che pensate possa avvenire?

R. Un tema fondamentale è la digitalizzazione. Quello dei rating pubblici, realizzati secondo quanto richiede Esma, oggi è un mercato vecchio con un modo di fare che non cambia da 150 anni. Esma richiede che vi siano fonti certificate. Bisogna garantire che l'investitore sia ben informato. Ma oggi si puo' farlo solamente su aziende che hanno depositato dei bilanci, i bilanci devono essere certificati, le aziende devono essere comunque di una certa dimensione, devi poter valutare business plan, non si parla di digitalizzazione del processo, non si parla di prendere dati alternativi che potrebbero anche garantire un miglior monitoraggio del minibond nel tempo. Oggi i regolatori si stanno convincendo della necessità di utilizzare modelli di intelligenza artificiale, che per essere efficienti si devono alimentare con tanti dati e non possono essere solamente quelli pubblici. Devono essere anche dati alternativi. E' un percorso lunghissimo perché troveremo fino all'ultimo le barriere delle tre grandi agenzie che vogliono evitare che si ampli troppo la platea delle agenzie di rating o che vengono rubate fette di mercato e che continueranno a spingere perché il rating rimanga tale.

D. E poi?

R. La seconda strada è quella della sostenibilità. E' abusato come termine già adesso, nonostante non ci sia nulla di standard, non ci siano ancora dei framework che ti dicano come fare le cose ma a nostro avviso Esma interverrà nella regolamentazione del mercato. Oggi c'è una pluralità di opinioni e una scarsa correlazione tra le valutazioni perché ognuno guarda i propri aspetti, guarda secondo i propri occhi, non c'è uno storico, non si sa esattamente cosa andare a osservare. Oggi è il Far West, un rating può emetterlo chiunque. Poi il mercato valuta in modo diverso chi lo ha emesso, ma oggi non c'è una regolamentazione. Io attendo che si crei un albo delle delle agenzie di rating Esg o addirittura un albo interno alle agenzie di rating tra chi è autorizzato emettere un rating Esg perchè nel momento in cui emetto un rating è quel rating a certificare una sorta di Stato di salute e di sostenibilità. Bisogna evitare i conflitti di interesse. Per dire, Eni è stata la prima promotrice di una piattaforma in Italia alla quale le aziende si possono iscrivere gratuitamente per indicare i propri principi di sostenibilità. Se io penso a Eni e alla sostenibilità vedo una sorta di potenziale conflitto di interessi

D. Qual è la consapevolezza aziendale media?

R. Sono totalmente inconsapevoli, totalmente impreparate, non sanno neanche di cosa stiamo parlando, non so neanche perché chiediamo certe cose. E si pretende che oggi una Pmi sappia calcolare esattamente quanta CO2 consuma. Stiamo parlando di cose troppo avanti per le Pmi. Rimanendo sul calcolo della CO2 chi ti garantisce che il processo di misurazione sia corretto e replicabile? Siamo sicuri che la misurazione fosse corretta? Una volta ho fatto una battuta dicendo che sono state le Authority a spingere a fare greenwashing perché da un giorno all'altro han detto che tutti dovevano essere Esg puntando sulla 'E' in modo pesante. E chi si è dovuto preparare ha dovuto correre ai ripari velocemente, ma gli stessi istituti bancari non hanno idea se le azioni che oggi stanno effettuando facendo verranno validate perché Bce stessa non ha dato delle linee guida su cosa fare.

D. Qual è la situazione mentale di greenwashing?

R, Secondo me è bassa la percentuale di quanti vogliono truffare il sistema. E' la poca conoscenza del problema che può aver portato greenwashing anche se l'hanno fatto in modo onesto.

D. Quali sono i vostri numeri di bilancio?

R. Abbiamo chiuso come bilancio consolidato a quasi 7,5 mln. Abbiamo una forte presenza in Arabia Saudita e un focus di espansione in Africa e Asia. Essere in Arabia Saudita ci ha aperto come visibilità in tutta la parte mediorientale e adesso, guardiamo al Bahrain, che è un altro posto fantastico dove lavorare, e anche a Malesia e Thailandia

glm

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