L'INTERVISTA: Ciprian (Modefinance), essenziale certificare minibond, specie se green
21 Marzo 2023 - 05:30PM
MF Dow Jones (Italiano)
In un mercato dei minibond che in Italia cuba un valore nominale
complessivo di 8,61 mld di euro, la necessità di dotare di rating
questi strumenti è sempre più stringente. Modefinance gioca un
ruolo centrale nel giudicare i minibond. Il ceo e fondatore, Mattia
Ciprian, oltre ad auspicare un ampliamento della platea dei titoli
con rating, auspica anche una modernizzazione delle metodologie di
giudizio, oggi troppo legate al passato.
D. Quanto è importante la certificazione?
R. Il mio punto di vista ovviamente è distorto. Il rating è
fondamentale, perché effettuato da un terzo che guarda con occhi
terzi. Quando si fa un rating la prima cosa che viene garantita è
l'indipendenza della valutazione. Poi ovviamente c'è la capacità di
valutare, ma passa quasi in secondo piano. La prima è avere dei
sistemi interni, dei controlli che garantiscano l'indipendenza.
Nella catena del minibond è ovvio che tutto è costruito per far
emettere il titolo all'azienda perché tutti gli attori coinvolti ci
guadagnano percentualmente. L'agenzia di rating ha il suo ticket. E
quindi siamo molto terzi. Oggi sul mercato italiano il rating è
richiesto quando dall'altra parte c'è un investitore pubblico
oppure c'è un garante pubblico come Mcc o Sace. Diventa addirittura
un rating pubblico obbligatorio quando il minibond va al retail. La
maggior parte dei minibond non gode di rating. Non voglio dire che
fanno le cose a caso, però il rating viene visto come un orpello.
Ecco, secondo me dovrebbe diventare sempre più uno standard di
misurazione della rischiosità, perché alle volte noi possiamo
vedere quello che l'investitore e l'arranger non vedono.
D. Cosa vi rende più occhiuti?
R. Abbiamo le nostre metodologie e poi, soprattutto, siamo
monotematici, facciamo questo e solo questo, noi facciamo solamente
l'analisi del rischio e lo facciamo nel modo più scientifico
possibile, tutto ciò che facciamo è validato, non solo in Italia,
ma a livello europeo. E ci sono delle metriche scientifiche che
andiamo a misurare e questo è fondamentale.
D. Se tutti i minibond avessero il rating il mercato
diventerebbe più liquido?
R. Non so se diventerebnbe più liquido. Il minibond rimane uno
strumento che viene costruito e investito immediatamente in una
ristretta cerchia di persone. Probabilmente il rating garantirebbe
minori perdite, un tasso di default più basso, sicuramente, ma non
garantirebbe maggiore liquidità. Garantirebbe una maggiore
liquidità ampliare la platea di investitori. Sarebbe fondamentale
anche creare un mercato secondario.
D. Qual è il tasso di default dei minibond?
R. È minore del tasso medio del default aziendale. Perché
ovviamente il rating serve a fare un po' da barriera. Il rating
serve per comprendere se c'è un rischio.
D. Qual è l'evoluzione del mercato che pensate possa
avvenire?
R. Un tema fondamentale è la digitalizzazione. Quello dei rating
pubblici, realizzati secondo quanto richiede Esma, oggi è un
mercato vecchio con un modo di fare che non cambia da 150 anni.
Esma richiede che vi siano fonti certificate. Bisogna garantire che
l'investitore sia ben informato. Ma oggi si puo' farlo solamente su
aziende che hanno depositato dei bilanci, i bilanci devono essere
certificati, le aziende devono essere comunque di una certa
dimensione, devi poter valutare business plan, non si parla di
digitalizzazione del processo, non si parla di prendere dati
alternativi che potrebbero anche garantire un miglior monitoraggio
del minibond nel tempo. Oggi i regolatori si stanno convincendo
della necessità di utilizzare modelli di intelligenza artificiale,
che per essere efficienti si devono alimentare con tanti dati e non
possono essere solamente quelli pubblici. Devono essere anche dati
alternativi. E' un percorso lunghissimo perché troveremo fino
all'ultimo le barriere delle tre grandi agenzie che vogliono
evitare che si ampli troppo la platea delle agenzie di rating o che
vengono rubate fette di mercato e che continueranno a spingere
perché il rating rimanga tale.
D. E poi?
R. La seconda strada è quella della sostenibilità. E' abusato
come termine già adesso, nonostante non ci sia nulla di standard,
non ci siano ancora dei framework che ti dicano come fare le cose
ma a nostro avviso Esma interverrà nella regolamentazione del
mercato. Oggi c'è una pluralità di opinioni e una scarsa
correlazione tra le valutazioni perché ognuno guarda i propri
aspetti, guarda secondo i propri occhi, non c'è uno storico, non si
sa esattamente cosa andare a osservare. Oggi è il Far West, un
rating può emetterlo chiunque. Poi il mercato valuta in modo
diverso chi lo ha emesso, ma oggi non c'è una regolamentazione. Io
attendo che si crei un albo delle delle agenzie di rating Esg o
addirittura un albo interno alle agenzie di rating tra chi è
autorizzato emettere un rating Esg perchè nel momento in cui emetto
un rating è quel rating a certificare una sorta di Stato di salute
e di sostenibilità. Bisogna evitare i conflitti di interesse. Per
dire, Eni è stata la prima promotrice di una piattaforma in Italia
alla quale le aziende si possono iscrivere gratuitamente per
indicare i propri principi di sostenibilità. Se io penso a Eni e
alla sostenibilità vedo una sorta di potenziale conflitto di
interessi
D. Qual è la consapevolezza aziendale media?
R. Sono totalmente inconsapevoli, totalmente impreparate, non
sanno neanche di cosa stiamo parlando, non so neanche perché
chiediamo certe cose. E si pretende che oggi una Pmi sappia
calcolare esattamente quanta CO2 consuma. Stiamo parlando di cose
troppo avanti per le Pmi. Rimanendo sul calcolo della CO2 chi ti
garantisce che il processo di misurazione sia corretto e
replicabile? Siamo sicuri che la misurazione fosse corretta? Una
volta ho fatto una battuta dicendo che sono state le Authority a
spingere a fare greenwashing perché da un giorno all'altro han
detto che tutti dovevano essere Esg puntando sulla 'E' in modo
pesante. E chi si è dovuto preparare ha dovuto correre ai ripari
velocemente, ma gli stessi istituti bancari non hanno idea se le
azioni che oggi stanno effettuando facendo verranno validate perché
Bce stessa non ha dato delle linee guida su cosa fare.
D. Qual è la situazione mentale di greenwashing?
R, Secondo me è bassa la percentuale di quanti vogliono truffare
il sistema. E' la poca conoscenza del problema che può aver portato
greenwashing anche se l'hanno fatto in modo onesto.
D. Quali sono i vostri numeri di bilancio?
R. Abbiamo chiuso come bilancio consolidato a quasi 7,5 mln.
Abbiamo una forte presenza in Arabia Saudita e un focus di
espansione in Africa e Asia. Essere in Arabia Saudita ci ha aperto
come visibilità in tutta la parte mediorientale e adesso, guardiamo
al Bahrain, che è un altro posto fantastico dove lavorare, e anche
a Malesia e Thailandia
glm
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