(da Milano Finanza)

La scomparsa a 100 anni del più illustre diplomatico e politologo americano arriva in un momento che lui stesso ha definito allarmante: «Siamo nella classica situazione pre-prima guerra mondiale, dove nessuna delle due parti ha molto margine di concessione politica e in cui qualsiasi disturbo dell?equilibrio può portare a condizioni catastrofiche». Un monito per i leader del mondo

Quando andai in albergo a prendere Henry Kissinger per la conferenza organizzata da Capital Club mi salutò in tedesco, pensando che conoscessi quella lingua. Mi scusai per non parlarla e capii dopo che era perfettamente informato del nostro rapporto con Capital tedesco e forse aveva accettato l?invito a venire a Milano proprio per quel filo che lo ha legato indissolubilmente alla sua prima patria, il suo paese di nascita, che lasciò con i genitori e il fratello nel 1938, quindicenne, dovendo comunque ricevere poi negli Usa la notizia di 13 parenti uccisi, in quanto ebrei come lui.

Erano i primi anni 80 e nonostante non avesse più incarichi pubblici, era l?uomo più informato della terra. In Usa si era cambiato il nome da Heinz a Henry e arruolandosi nell?esercito americano con il fratello Walter, acquisì poi la cittadinanza americana.

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La diplomazia del ping-pong con i cinesi

Nel breve tragitto che facemmo insieme mi spiegò che aveva inaugurato la diplomazia del ping-pong, nel 1972 quando non era ancora segretario di stato ma consigliere per la sicurezza del presidente Richard Nixon, perché in primo luogo voleva evitare che la Cina finisse nell?orbita dell?Unione sovietica. Aveva intuito che l?unione fra i due grandi paesi comunisti fosse il maggior pericolo per gli Usa e l?Europa.

L?ho rivisto nell?aprile del 2023 a Pechino, nella hall dell?Hotel St. Regis. E gli ho chiesto a bruciapelo: Dottor Kissinger, come è andato l?incontro con il presidente Xi Jinping?

Camminando con passo sicuro nonostante l?età, probabilmente nel ricordo di quella lezione che tenne al Capital Club e sicuramente anche per la comune amicizia con Sirio Maccioni di Le Cirque, il suo ristorante preferito a New York, si soffermò a parlare: "L?incontro è stato molto cordiale e del resto come poteva non esserlo. Il presidente mi ha accolto come The old friend of China", mi ha risposto con il suo vocione profondo.

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Il rapporto degli Usa con Xi Jinping

Oltre a voler conoscere il punto di vista di colui che fece il miracolo di ristabilire la relazione fra Stati Uniti e Cina, il presidente Xi voleva mandare un messaggio distensivo all?America dopo le frizioni che erano emerse in particolare con il presidente Barack Obama e poi con Donald Trump sul nuovo ruolo che la Cina intendeva già avere nelle grandi aziende americane della tecnologia e nella promozione, con l?adesione dei maggiori Paesi europei (fra cui l?Italia) all?Aiib, l?Asian infrastructure Investment bank.

Ed è stato per questa stessa ragione che in luglio, all?età di 100 anni, è volato ancora a Pechino per cercare col suo esempio di spingere l?amministrazione Biden a recuperare il rapporto con la Cina. E in effetti ci è riuscito, come ha fatto in tempo a vedere, con il recente incontro a San Francisco fra il presidente Joe Biden e il presidente cinese Xi Jinping.

Del resto, aveva preparato la ripresa del dialogo sino-americano ricordando al nuovo ambasciatore cinese a Washington, che era andato alla fine di maggio a trovarlo nella sua casa in Connecticut, che il presidente Mao aveva ordinato di non evocare il nome di Taiwan per almeno 100 anni e che da allora ne erano passati soltanto 65, disinnescando così la tensione creata dalla visita nell?isola rivendicata da Pechino della speaker del Congresso americano, Nancy Pelosi.

Il confronto per il primato tecnologico tra Cina e Usa

Il grande Henry era veramente allarmato dalla crescente concorrenza tra Cina e America per il primato tecnologico. Oltre al rischio che la Russia cadesse definitivamente nell?orbita cinese, in realtà il vero pericolo per lui è un altro: che l?intelligenza artificiale potenzi la rivalità sino-americana.

La sua tesi espressa a chi gli ha parlato di recente è che in tutto il mondo gli equilibri di potere e le basi tecnologiche della guerra stanno cambiando così velocemente e in così tanti modi che i paesi non hanno alcun principio consolidato su cui stabilire un ordine nuovo. Se non riescono a trovarne uno, potrebbero ricorrere alla forza e come dichiarazione decisiva ha fatto la seguente: "Siamo nella classica situazione pre-prima guerra mondiale, dove nessuna delle due parti ha molto margine di concessione politica e in cui qualsiasi disturbo dell?equilibrio può portare a condizioni catastrofiche".

Una sorta di straordinario testamento-ammonimento che speriamo gli stati e le super (o meno super) potenze tengano nel massimo conto, perché un altro Kissinger all?orizzonte non c?è.

Addio Kissinger, dalla Cina alla Russia a Gaza: quanto è attuale la sua lezione di Realpolitik? Parla Ferdinando Nelli Feroci -VIDEO

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Ita Airways ? Lufthansa, gli effetti nefasti per il Nord Italia

Come volevasi dimostrare. Il contratto per l?ingresso in Ita Airways di Lufthansa non è stato ancora firmato e l?appuntamento è per il 15 giugno, ma già se ne vedono gli effetti nefasti per tutto il Nord Italia industrializzato, sede delle banche più importanti, di imprenditori piccoli e grandi che hanno regolare destinazione negli Stati Uniti partendo da New York. Ita Airways, infatti, ha già annullato tutti i voli diretti da Malpensa, l?aeroporto che da sempre che serve tutto il nord per i voli internazionali e in particolare la Lombardia e il Piemonte.

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Come era stato previsto non solo da questo giornale, se avverrà realmente l?ingresso di Lufthansa in Ita la prima conseguenza sarà l?annullamento di fatto dell?aeroporto di Malpensa come hub per il Nord Italia, essendo tipico di Lufthansa rastrellare passeggeri in tutta Europa con voli continentali per poi farli salire sui suoi voli intercontinentali, suoi aerei negli aeroporti di Francoforte e Monaco di Baviera. Il servizio è ottimo ma ben diverso per un passeggero di Milano, di Torino o in generale del Norditalia che sale a Malpensa e arriva a destinazione senza dover fare scalo e non salire e scendere due volte.

Nella nostra struttura aziendale c?è un passeggero che ha la qualifica di Senator, il massimo livello assegnato a fedeli passeggeri di Lufthansa. Viene trattato sempre con ogni attenzione, ma quando deve andare negli Usa o in un altro paese non europeo come minimo deve programmare un aumento di durata del viaggio di alcune ore, perché comunque deve fare scalo a Francoforte o Monaco e nonostante la migliore sintonizzazione possibile di orari di Lufthansa, ha comunque come minimo due o tre ore in più di durata del suo viaggio senza contare il disagio appunto di salire e scendere.

L?Italia senza una compagnia di bandiera per le strategie turistiche del Paese

Ma la questione non è soltanto di disagio. L?operazione ingresso di Lufthansa nella modesta Ita, eredità del disastro Alitalia, ha un altro e più importante risvolto: dopo il primo periodo programmato, in cui Lufthansa dovrà essere in minoranza con circa il 40% delle azioni, la compagnia tedesca passerà in maggioranza e con questo l?Italia, un paese turistico per eccellenza, non avrà più una compagnia aerea di bandiera completamente libera di seguire le strategie turistiche del Paese.

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È vero, verissimo, Alitalia è stato un disastro stratosferico; Ita continua a perdere soldi, ma per Ita c?era l?ipotesi straordinaria del passaggio della maggioranza al gruppo Msc, dell?imprenditore napoletano Gianluigi Aponte, che è conosciuto per le crociere, dove è leader assoluto, ma il cui gruppo è in realtà presente in tutte le forme di trasporto navale e aereo per quanto riguarda le merci.

Aponte era disposto a prendere la maggioranza assoluta di Ita. Il processo si è fermato con la giustificazione ridicola, come ho già scritto, che Aponte ha la residenza e cittadinanza in Svizzera per la semplice ragione che ha sposato una cittadina svizzera. È forse questo un peccato mortale per il mondo degli affari e per il governo italiano? Anche recentemente, Aponte ha confermato la sua disponibilità, essendo a conoscenza che l?Antitrust europeo non è molto favorevole al dominio assoluto di Lufthansa nel continente. La compagnia tedesca ha già troppe licenze di destinazione. E l?Antitrust europeo ha chiesto che, se vuole acquisire Ita, deve rinunciare a varie tratte.

E che succede miracolosamente? Che Ita rinuncia alla tratta Malpensa-JFK airport. Nell?attuale suo modesto fatturato, la linea Malpensa-New York valeva comunque più del 13% e comunque con tariffe nettamente remunerative. Per New York, Ita aveva già prenotazioni per oltre un anno.

A pensar male si fa peccato, ma a domandare no: nel cordiale incontro fra il presidente Giorgia Meloni e il cancelliere Olaf Scholz, oltre a vari importanti accordi, si è raggiunto anche quello per cui Lufthansa, già leader in Europa, possa conquistare definitivamente anche l?Italia? E nel caso ciò sia avvenuto, la presidente Giorgia Meloni, che si è ben distinta in quasi in tutte le occasioni per saper difendere gli interessi dell?Italia, pensa di averlo fatto eventualmente anche con la concessione dei voli dall?Italia a Lufthansa? Facendo intanto cancellare migliaia di prenotazioni per New York?

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Vincenzo Manes Alunno dell?anno alla Luiss

Che cos?è il vero merito? Quanto invece conta la fortuna?

È la domanda che si è posto Enzo Manes, capo e azionista di controllo della multinazionale del rame Kme, in occasione, mercoledì 29 novembre, della sua nomina ad Alunno dell?anno della Università Luiss, che è stato fra i primi a frequentare.

"L?individualismo meritocratico tipico della nostra società occidentale ci ha abituato a pensare che per avere successo bastino talento, abilità, intelligenza, impegno, e assunzione di rischi", ha affermato non senza spirito di provocazione. E ha aggiunto: "Provate, per esempio, a immaginare che destino avreste avuto se foste nati in un Paese più povero, se foste cresciuti in una famiglia diversa, se non aveste studiato dove vi siete formati. A quel punto, dovreste poter guardare una persona che soffre, riuscendo forse a pensare: quello potrei essere io".

Quanto conta la fortuna nel successo professionale e nella vita

Eppure, è il concetto di Manes, la maggior parte di noi, quando pensa al proprio successo, non lo giustifica se non in piccolissima parte con la fortuna che ha avuto. Convincendosi, col tempo, che è tutto merito suo.

Esiste un?ampia letteratura prevalentemente anglosassone su questi temi. Soprattutto nelle università americane, il dibattito va avanti da molto tempo. Non ultimo in un libro particolarmente interessante: The Genetic Lottery. Why DNA Matters for Social Equality in cui si dimostra, con studi abbastanza accurati, che li successo economico e professionale è merito innanzitutto del patrimonio genetico di ciascuno di noi. Un dibattito che condiziona in maniera diversa il comportamento delle persone. I progressisti liberal riconoscono la necessità di tassare molto chi ha avuto più successo, ridistribuendo a favore di chi ha avuto meno fortuna. La visione conservatrice si concentra invece sul merito individuale, in base al quale è ogni persona a decidere quanto e se restituire. Ma, comunque restituire.

In un Paese di individualismo esasperato come l?Italia, il dibattito sembra più affievolito. E certamente non ci saremmo aspettati nulla di diverso. Se pensiamo poi nello specifico all?individualismo meritocratico, la cosa diventa ancora più evidente.

"A questo proposito, ho una mia banale e forse anche ridicola spiegazione, non particolarmente elaborata dal punto di vista teorico, basata però sull?esperienza pratica: molte persone di successo sono colpite da una sindrome, che a differenza di quasi tutte le altre non è rara, e che potremmo scegliere di definire la ?sindrome del Marchese del Grillo?. La conseguenza (per me cattiva o addirittura pessima) di questa sindrome, è che il merito è ?tutto mio?, tutto quello che ho realizzato me lo sono guadagnato, faccio il mio dovere pagando le tasse, e non devo nulla di più".

Ma persino il buon Marchese del film a un certo punto, si redime. Abbiamo speranza di cambiare passo anche noi? Dipende. Dipende da quanto riusciremo ad attuare un cambiamento prima di tutto culturale.

Le università contro la sindrome del Marchese del Grillo

E allora, qual è il luogo migliore dove auspicarlo e incoraggiarlo se non l?università? Qual è l?obiettivo minimo di questo cambiamento? Instillare nel maggior numero possibile di ragazzi che frequentano un semplice dubbio: "Ma è tutto merito mio? Cosa devo invece alla fortuna? Di essere nato in una certa famiglia, o in uno dei Paesi più ricchi del mondo, o di frequentare un?esclusiva università come la Luiss, e di vivere in un?epoca in cui nessuno si aspetta di sacrificare i miei interessi per qualcosa. Ma se questo fosse vero, non avrei il dovere di condividere i frutti di tale fortuna con chi ne ha ricevuta in misura molto inferiore? E allora, che cos?è il merito se non riconoscere questa fortuna e ridistribuirla?".

Manes ha fondato Dynamo, ispirandosi a quanto aveva fatto Paul Newman, l?attore, che in Usa aveva creato "Hole in the wall camps" per realizzare programmi di terapia ricreativa per i bambini gravemente malati. Dynamo permette ogni anno a 2 mila bambini gravemente malati e anche ai loro genitori di vivere una vacanza incredibile nel centro creato sull?Abetone, la montagna di Pistoia, ma ora anche con centri in varie città.

Se si oltre che abilità anche fortuna, conviene sempre condividerla. (riproduzione riservata) (Milano Finanza)

 

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December 02, 2023 01:26 ET (06:26 GMT)

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