La prima pietra del nuovo Patto di Stabilità è stata di fatto
posata dal premier italiano Mario Draghi e dal presidente francese
Emmanuel Macron con un articolo sul Financial Times, accompagnato
da un documento tecnico firmato dai consiglieri Francesco Giavazzi
e Charles-Henri Weymuller e dagli economisti Veronica Guerrieri e
Guido Lorenzoni. Le nuove regole saranno varate entro fine anno,
prima del riavvio del Patto ora sospeso per la pandemia. Servirà un
accordo con gli altri Paesi Ue e in particolare con la Germania,
che non si è espressa dopo la formazione del nuovo governo.
Come riportato su MF-Milano Finanza del 28 dicembre, il piano
franco-italiano si basa su due pilastri, combinati tra loro:
l'assunzione del debito Covid da parte di un organismo Ue e nuove
regole per i conti pubblici. Quanto al primo punto, i titoli emessi
dai Paesi per far fronte alla pandemia dovrebbero essere trasferiti
dalla Bce a una European Debt Management Agency, che potrebbe
essere anche il Mes. Il passaggio avverrebbe in cinque anni.
L'agenzia acquisirebbe dalla Bce debito italiano per 68 miliardi
(3,8% del pil) ogni anno dal 2022 al 2026. Così si arriverebbe al
19,2% del pil, ovvero 340 miliardi: questo importo è il debito
Covid, calcolato come incremento del dato nel 2020 e 2021.
L'agenzia rileverebbe anche il 24,1% del debito spagnolo, il 17,8%
di quello francese e il 12,6% di quello tedesco (si veda grafico a
pagina 13). Questo debito non sarebbe cancellato, ma rimarrebbe
congelato nell'agenzia, che riceverebbe dagli Stati contributi
annuali. Questi ultimi, definiti con una metodologia specifica,
sarebbero inferiori alla spesa per interessi dei Paesi più
indebitati. Per esempio l'Italia pagherebbe per i 68 miliardi un
costo pari al 38% di quello attuale: 580 milioni, invece di 1,5
miliardi. L'ammontare inferiore è dovuto ai minori tassi che
sarebbero richiesti dagli investitori all'agenzia Ue, sulla scia di
quanto oggi accade per il Next Generation Eu, che però è uno
strumento temporaneo. L'agenzia, che sarebbe in utile, avrebbe una
struttura prolungata nel tempo. Giavazzi e gli altri economisti
hanno precisato che al debito Covid si potrebbe aggiungere anche
quello legato alla crisi finanziaria del 2008-2009: 12,7% del pil
per l'Italia, 17,5% per la Spagna, 18,5% per la Francia e 9% per la
Germania.
La seconda gamba della proposta riguarda le regole fiscali. Le
norme sarebbero concentrate su un target di medio termine (dieci
anni) per il rapporto debito/pil, da raggiungere con un unico
strumento: un tetto alla spesa primaria, con una golden rule su
certi tipi di uscite pubbliche. Sarebbe eliminata la regola di
riduzione annua del debito per un ventesimo della parte oltre il
60% del pil. La quota legata alla «spesa per il futuro» avrebbe un
percorso rallentato, mentre quella acquisita dall'agenzia europea
sarebbe esclusa dai conteggi. L'aggiustamento dei deficit sarebbe
vicino a quello attuale. Per l'Italia il debito dovrebbe scendere
al 110% nel 2031 oppure a circa il 128% senza intervento
dell'agenzia.
Milano Finanza ha chiesto un commento riguardo alla proposta
franco-italiana a Lorenzo Codogno (fondatore di Lc Macro Advisors,
visiting professor alla Lse ed ex capoeconomista del Tesoro), Carlo
Cottarelli (direttore dell'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani
della Cattolica), Daniel Gros (distinguished fellow del Ceps e
direttore dell'istituto dal 2000 al 2020) e Jean-Paul Fitoussi
(professore emerito presso l'Università Sciences Po). Ecco quali
sono a loro giudizio i punti di forza e debolezza e quale potrà
essere il compromesso finale sul Patto e sul debito pandemico.
Domanda. Cosa può funzionare della proposta?
Codogno. La proposta indica il trasferimento di una porzione
consistente del debito nazionale ora nel portafoglio della Bce a
un'agenzia del debito europea. Questa proposta è in linea con tre
lavori che ho pubblicato in passato con Paul van den Noord a
partire dal 2019 e consentirebbe di creare una capacità fiscale
centralizzata con funzione di stabilizzazione macroeconomica, con
benefici sostanziosi senza un aumento del cosiddetto rischio di
azzardo morale. La seconda gamba della proposta si riferisce ad una
regola del debito basata sulla spesa pubblica al netto degli
investimenti, e inizialmente potrebbe essere applicata a quelli
relativi alla Recovery and Resilience Facility.
Cottarelli. La proposta riconosce che bisogna trattare il debito
pubblico accumulato nel periodo Covid in maniera diversa dalla
parte restante, riconoscendo che la pandemia è stata un evento
esterno non dovuto alle decisioni dei vari Paesi. A maggio 2020 ho
fatto una proposta diversa, ma che produceva lo stesso
risultato.
Gros. Ben poco. È sorprendente leggere questo pezzo firmato da
economisti di chiara fama internazionale. Sembra più una
provocazione che una vera proposta articolata di riforma. Per
esempio, nella parte sul debito da mettere insieme a livello
europeo mancano tutti i dettagli essenziali, come quelli riguardo
alla garanzia per il debito comune (dovrà essere «joint and
several» o soltanto per una quota di capitale come nell'Esm?) e
riguardo a come sarebbe gestita l'agenzia del debito comune.
Inoltre le spese per il futuro (che si dovrebbero favorire nel
computo dell'aggiustamento fiscale) sono definite soltanto in
maniera molto vaga, lasciando aperta la possibilità che possano
rientrare nella categoria anche trasferimenti correnti purché
servano a compensare lavoratori nei settori ad alta intensità di
emissioni di CO2. Così quasi tutta la spesa pubblica potrà essere
classificata come «per il futuro».
Fitoussi. La proposta dà più margine di manovra per i governi
perché una parte del debito è presa in carico da una struttura
comune che emette eurobond. Inoltre l'obiettivo di debito prevede
10 anni di tempo per essere raggiunto. È una cosa positiva anche
l'idea, peraltro non nuova, di una golden rule sugli investimenti e
sulle spese per il bene comune, quali potrebbero essere quelle per
l'ambiente e l'istruzione, per esempio.
D. Cosa si può correggere o migliorare?
Codogno. La parte più controversa è quella che si riferisce
all'esclusione di alcuni investimenti pubblici dalle regole
fiscali. Si può argomentare infatti che il debito è sempre debito,
e che esso dev'essere finanziato comunque dai mercati finanziari.
Per convincere gli investitori che gli investimenti pubblici
aumentano la sostenibilità del debito bisognerebbe anche dimostrare
che la qualità degli investimenti pubblici è tale da dare un
ritorno economico superiore al costo di finanziamento. Può sembrare
facile dimostrarlo in presenza di costi di finanziamento pari di
fatto a zero o addirittura negativi, ma il ritorno sugli
investimenti può essere anch'esso negativo, soprattutto se non è
mirato ad aumentare lo stock di capitale e la crescita
potenziale.
Cottarelli. Il problema non è tanto il debito, ma come viene
trattato rispetto alle regole europee. L'indebitamento pandemico è
stato finanziato dalla Bce stampando moneta. Se la banca centrale
può continuare a mantenere in bilancio questi titoli senza doverli
rivendere sul mercato, è come se il debito non ci fosse. La
questione centrale è quindi a quali condizioni la Bce possa
ignorare quel debito e la base monetaria creata. Nella proposta di
Giavazzi la sterilizzazione della base monetaria viene fatta
attraverso un'emissione di titoli da parte di un'istituzione
europea che potrebbe essere il Mes. Nella mia proposta è fatta
tramite una riserva obbligatoria. Le banche dovrebbero mantenere
riserve per un importo uguale alla liquidità creata per il Covid
attraverso il piano Pepp della Bce. In questo modo non ci sarebbe
bisogno di entrare nelle complicazioni legali di affidare a
un'agenzia europea il compito di emettere titoli ad hoc. Una volta
sterilizzata la liquidità, la Bce potrebbe rinnovare i titoli in
scadenza e, visto che gli interessi su questi titoli sono
restituiti ai governi attraverso la distribuzione dei profitti
delle banche centrali, i titoli Pepp sarebbero una mera posta
contabile, irrilevante per la sostenibilità del debito e quindi per
le regole fiscali. Inoltre è difficile distinguere ex ante tra
debito buono e cattivo. Peraltro non conosco evidenza economica che
dimostri che le crisi del debito pubblico siano causate da quello
cattivo invece che da quello buono. Mi piacerebbe ci fosse, ma non
c'è. I mercati guardano il debito lordo, senza fare ulteriori
distinzioni. Se si vuole considerare l'effetto dell'investimento
pubblico sul potenziale di crescita, allora è meglio dare un
obiettivo di debito più alto ai Paesi che hanno dimostrato di
crescere di più.
Gros. La cosiddetta «regola d'oro» per la finanza pubblica
invocata anche in questa proposta si basa sull'argomento che si
dovrebbe permettere agli Stati di accumulare deficit nella misura
in cui creano capitale pubblico. Ciò implica che si può sottrarre
dal deficit soltanto la parte che aumenta lo stock di capitale
pubblico. Ma in realtà quasi tutta la spesa per investimenti
pubblici in Italia (e in molti altri Paesi europei) è manutenzione
che compensa soltanto l'usura del capitale esistente. Questo vale
anche per molta «spesa per il futuro» che spesso non aumenta la
produttività futura, ma previene soltanto un peggioramento.
Fitoussi. I governi sarebbero maggiormente sotto il controllo
dell'Ifc (indipendent Fiscal Council) nazionale e della
Commissione. Non è risolto il problema della sovranità: gli Stati
l'hanno persa per adeguarsi alle regole europee, ma l'Europa non
l'ha mai avuta perché manca uno Stato federale, o perlomeno un
embrione di esso, con una vera democrazia. La sede della sovranità
rimane vuota. Oggi i popoli hanno solo il diritto di cambiare
governo, non di cambiare politica, perché quest'ultima è dettata
dalle regole concordate nei Trattati. Nella proposta è poi un po'
strano il riferimento al tetto per la spesa, come unico strumento
per raggiungere l'obiettivo. Non è vero che diminuire la spesa
corrente sia sempre una buona cosa, come dimostra l'importanza del
Welfare State per l'Europa. La proposta ha le sue radici nel
liberalismo e ha come obiettivo uno Stato più snello, ma non c'è
ragione per un minor ruolo del settore pubblico, anzi la pandemia
ha dimostrato esattamente il contrario. Infine non mi sembra che le
regole proposte siano più semplici di quelle attuali, come dicono
gli autori. Non dico che la semplicità sia sempre da preferire, ma
il testo è comprensibile solo da esperti, e le regole rimangono
assai complesse.
D. Quale potrà essere un compromesso finale in Europa sul Patto
di Stabilità e sul debito pandemico?
Codogno. La proposta è in linea con quanto ho indicato in
passato, e parte di essa può essere introdotta senza significative
modifiche nei trattati e nei regolamenti. Tuttavia, la mia
sensazione è che i tempi non siano ancora maturi per una modifica
complessiva della cornice fiscale europea. Sono auspicabili
modifiche profonde, che inevitabilmente implicherebbero una
revisione complessiva della governance. Si dovrebbe dare maggior
spazio ad una capacità fiscale centralizzata e un programma di
emissione stabile di eurobond per un ammontare non piccolo. Per
questo, occorrerà cedere sovranità e rafforzare il ruolo
democratico del Parlamento Ue e in generale delle istituzioni
europee. È un processo lungo, complesso e politicamente delicato.
Nel breve periodo, molto probabilmente si faranno degli
aggiustamenti al margine, consentendo alla Commissione di
utilizzare tutti i margini di interpretazione delle attuali regole.
Di fatto questo permetterà maggiore spazio fiscale per i prossimi
anni, soprattutto per gli investimenti della Recovery and
Resilience Facility, pur mantenendo l'attenzione sulla
sostenibilità di medio-lungo periodo.
Cottarelli. Il sistema sarà semplificato e si adotterà una
regola della spesa, anche se corretta per la variazione delle
tasse. Di fatto si tratterà di una norma sul deficit, come quella
esistente oggi nel Patto.
Gros. È molto improbabile che si trovi un accordo per mettere
una parte del debito nazionale in comune perché la solidarietà
europea si è già espressa con il progetto NGEU, del quale l'Italia
è il primo beneficiario. Ma una mini-riforma del Patto di Stabilità
per un trattamento favorevole degli investimenti verdi dovrebbe
essere possibile. La parte verde del nuovo governo semaforo in
Germania dovrebbe essere favorevole.
Fitoussi. Il testo presentato è tecnocratico. Finora è mancata
la politica. Alla fine dei negoziati probabilmente non sarà dato
molto spazio di manovra ai governi. Sono pessimista sul possibile
compromesso. Se vogliamo risolvere i problemi dell'Europa bisogna
comunque andare oltre i contenuti tecnici e occuparsi innanzitutto
del problema della sovranità. È solo a questa condizione che la
scelta potrebbe prevalere sulla regola e la democrazia sulla
tecnocrazia.
fch
MF-DJ NEWS
1708:09 gen 2022
(END) Dow Jones Newswires
January 17, 2022 02:11 ET (07:11 GMT)
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