Tim: Vivendi va all'attacco (MF)

Piazza Affari ha spinto in rialzo il titolo Tim per tutta la giornata, mentre dietro le quinte la giornata di ieri, tra politica e mercati, è servita per decifrare le mosse di Vivendi, il cui numero uno in Italia, Arnaud De Puyfontaine ha dato le dimissioni dal cda della società di telecomunicazioni. Dimissioni "con effetto immediato", che quindi non permetteranno all'amministratore delegato del gruppo transalpino di partecipare al cda di Telecom Italia convocato per domani.

Il primo effetto visibile e immediato dell'annuncio delle dimissioni è stata la reazione delle azioni di Tim, che hanno scambiato in rialzo per tutta la giornata chiudendo con un guadagno del 3,3% a 0,258 euro, con un incremento complessivo superiore al 25% nell'ultimo mese. De Puyfontaine ha comunicato la decisione di lasciare irrevocabilmente l'attuale carica di membro del consiglio di amministrazione.

Il principale motivo in definitiva è avere le mani libere. In questa fase di dialogo tra i principali azionisti di Tim (oltre a Vivendi anche Cdp) e il governo, per il manager è fondamentale che i soggetti interessati possano essere liberi di operare in modo costruttivo e trasparente nell'interesse della società. La prossima riunione, che si pensava sarebbe stata convocata a stretto giro dopo le vacanze natalizie, salvo sorprese dovrebbe invece tenersi sempre al Ministero per le Imprese e il Made in Italy il 25 gennaio e non è escluso a questo punto che in quell'occasione, non facendo più parte del cda di Tim, De Puyfontaine possa anche essere presente di persona al tavolo delle trattative, tavolo al quale potrebbe sedere per la prima volta anche l'ad di Telecom, Pietro Labriola. Tornando a De Puyfontaine, il manager francese "desidera dedicare le energie nella capacità di ad di Vivendi", azionista di maggioranza relativa di Tim con il 24% dal 2015, "con l'obiettivo di ristabilire un percorso di crescita per la società e per vedere adeguatamente riconosciuto il valore reale dell'azienda e della sua rete".

Nella sua comunicazione, il manager ha anche sottolineato come Vivendi sia un investitore di lungo termine, confermando con forza l'interesse industriale per Tim e la volontà di intraprendere ulteriori operazioni industriali in Italia. C'è chi sostiene che la decisione dei francesi abbia irritato il governo e colto di sorpresa i funzionari di Via Veneto. Ma la vicenda è delicata e le interpretazioni differiscono, anche diametralmente.

Un'altra versione è che la mossa dei transalpini sia stata invece quasi concordata almeno con una parte dell'esecutivo e qualcuno ha anche fatto notare come la riunione del 25 sia stata convocata il giorno dopo la scadenza dei termini per lo spolis system. Di sicuro le dimissioni rientrano anche in una dialettica all'interno di Tim e confermano qualche attrito tra azionisti e consiglieri. Non è un mistero che Vivendi da tempo contesti l'operato del presidente Salvatore Rossi e che in passato abbia messo nel mirino anche il rappresentante di Cdp, Giovanni Gorno Tempini. Eppure ancora ieri si sottolineava come su tutte le questioni importanti il voto del board sia sempre arrivato all'unanimità.

Gli analisti di Bloomberg Intelligence Unit hanno letto positivamente la notizia, considerando più vicino un accordo sulla cessione di Netco (la società infrastrutturale di Tim) vicino alla valutazione attribuita a Cdp (18-20 miliardi). Ma un'altra possibile interpretazione è che le "mani libere" di De Puyfontaine si traducano in maggiore incisività nella trattativa con il governo e maggiori pressioni (dall'esterno) al board di Tim.

Le possibili operazioni sul tavolo sono due: la cessione di Netco a un veicolo controllato da Cdp e partecipato da Macquarie o la scissione di Netco e la successiva vendita. Opzione, quest' ultima, che sembra si stia allontanando perché richiederebbe più tempo, ma permetterebbe a Vivendi di monetizzare direttamente la valorizzazione dell'asset infrastrutturale.

red

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