B.Mps: può diventare la prima grana del nuovo governo (Milano Finanza)
10 Ottobre 2022 - 8:59AM
MF Dow Jones (Italiano)
Il contesto specifico non è favorevole, mentre per il settore
del credito si pone il problema ripetutamente sollevato dalle parti
sociali - l'Abi, con il presidente Antonio Patuelli e la Fabi, con
il leader Lando Sileoni - di rinnovare moratorie e garanzie
pubbliche data la crescente pesantezza della crisi. Ciononostante
sembra inverosimile che ancora non si sia imboccata la dirittura di
arrivo nel caso della ricapitalizzazione Mps, operazione che si
sarebbe potuta concludere in pochi giorni, come dimostrano le
numerose e complesse operazioni chiuse durante i governatorati di
Carlo Azeglio Ciampi e di Antonio Fazio, sia pure in un diverso
contesto normativo. Per di più, nel caso del Monte il Tesoro è
azionista di maggioranza qualificata: bisogna tornare alla lontana
situazione dei banchi meridionali per una condizione con elementi
di similitudine. Gli osservatori sottolineano che, per poter fare
decollare l'aumento il 17 ottobre, come previsto, occorre
innanzitutto che il prospetto sia approvato da Consob entro il 13
ottobre.
Ovviamente, scrive Milano Finanza, non è l'unica condizione,
gravando ancora un'incertezza sulla sottoscrizione di una parte
consistente - qualcuno parla di 600 milioni - dell'aumento rispetto
ai 900 milioni che occorre aggiungere agli 1,6 miliardi già
garantiti dal Tesoro pro quota (circa 64%). Le cronache hanno
segnalato fino a ieri incertezze su quanto potrebbero sottoscrivere
Axa e Anima anche perché entrambe sarebbero interessate come do ut
des a rafforzare gli accordi commerciali con l'istituto senese. Si
torna a parlare dell'apporto che potrebbero dare le fondazioni e le
casse di previdenza nei confronti delle quali erano stati avviati
contatti che però non sono approdati a risultati concreti. Qualcuno
evoca il rischio del "burden sharing" che comporterebbe gravi
perdite, innanzitutto, per i bond subordinati. Sarebbe uno smacco
enorme per il governo Draghi che finora non è riuscito a venire a
capo di questa situazione. È dunque un'eventualità che non si
dovrebbe contemplare perché, insieme con il travolgimento degli
investitori, darebbe la misura dell'incapacità di risolvere un
problema certamente non facile, ma neppure il più complesso da
affrontare, mentre si è lasciata incancrenire una situazione con
discorsi talvolta contraddittori e con nessuna resipiscenza o
comunque revisione dopo il fallimento della trattativa del Tesoro
con Unicredit.
Proprio muovendo dal rischio teorico del "burden sharing",
alcuni ipotizzano una soluzione di sistema nel concorrere alla
sottoscrizione dei 900 milioni. La formula adottata è decisamente
nuova per questa stagione. Da tempo non si sentiva parlare di
soluzioni di sistema, anche perché le altre banche non fanno salti
di gioia al sentire prospettata una tale eventualità e il fondo
interbancario di tutela dei depositi non potrebbe intervenire per
limiti statutari e oggettivi, comunque da approfondire.
Se però una soluzione di sistema facesse passi avanti, servirà
agire con decisione per giungere a una conclusione. La soluzione di
sistema di cui si vocifera potrebbe prevedere una spartizione
dell'istituto tra le banche intervenienti che dovrebbe essere,
invece, il "prius" dell'esame e non la mera conseguenza di
partecipazioni assunte con carattere di urgenza. Il caso
Ambrosiano, per quest'ultimo aspetto, non sarebbe automaticamente
replicabile per diverse ragioni. Occorre sottolineare che un
eventuale burden sharing sarebbe decisamente da evitare.
Tesoro e governo devono sentirsi assai impegnati per giungere a
una soluzione. Le strade da percorrere sono diverse. Un orgoglio
politico-istituzionale dovrebbe portare a evitare di trasferire al
nuovo esecutivo la ricerca di una soluzione per Mps: cosa che,
diversamente, significherebbe scavalcare il 17 di questo mese con
un nulla di fatto o con il frazionamento dell'aumento.
Ripercussioni interne e internazionali sarebbero certe.
Se il trasferimento dovesse avvenire, la ricapitalizzazione
sarebbe una delle prime importanti prove del nuovo esecutivo. Ma si
parla anche della possibilità di un nuovo slittamento del varo
dell'aumento, che renderebbe concreto lo scavalcamento di predetta
data. Si dovrebbe operare per consentire il previsto esodo
volontario dei dipendenti della banca oltre la prevista scadenza
delle agevolazioni del 30 novembre. Si confermerebbero in questa
eventualità il rischio di pesanti ripercussioni sotto il profilo
dell'immagine d'un intermediario, il più antico del mondo, con il
Tesoro che ne detiene la maggioranza qualificata, tuttavia
costretto a rinviare l'attuazione dell'aumento alla stregua di una
media impresa con gravi problemi. Deriva da ciò la necessità di un
impegno straordinario del governo per arrivare a una soluzione
accettabile.
red
fine
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1008:43 ott 2022
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