Decisa accelerazione del factoring nei primi mesi
dell'anno. Secondo i dati diffusi da Assifact, l'associazione
che riunisce
gli operatori del settore, al 31 maggio il volume d'affari
complessivo ha
raggiunto 81 miliardi di euro, con un incremento a doppia cifra
(+16,20%)
rispetto al 2016.
Segno positivo, alla stessa data, anche per il monte dei crediti
in
essere (+4,61%) e per gli impieghi (+6,38%). Le previsioni degli
operatori
sulla chiusura del 2017 preannunciano, dopo un 2016 molto
favorevole, un
altro anno di crescita per un business che vale circa il 12% del
Pil: al
prossimo 31 dicembre i volumi dovrebbero far registrare infatti,
secondo
le stime Forefact, un +7,79% rispetto all'anno precedente.
L'assemblea di Assifact ha eletto il nuovo presidente Fausto
Galmarini.
Resterà in carica sino al 2020. Galmarini, 67 anni, nato a
Gallarate
(Varese), è responsabile dei Rapporti istituzionali di Banca
Sistema,
consigliere di Hypo Bank e membro del Comitato Esecutivo della
European
Federation for Factoring (EUF).
L'analisi dei dati rilevati da Assifact per il primo trimestre
2017 vede
a livello di ripartizione territoriale la Lombardia e il Lazio
confermarsi
come le regioni nelle quali si concentra circa la metà del
mercato
italiano: da sole rappresentano, infatti, il 54,94% dei crediti
in essere
se si considerano i creditori che hanno ceduto i propri crediti
e il
47,48% rispetto ai debitori i cui debiti sono stati ceduti.
Segue il
Piemonte con il 12,28% rispetto ai cedenti e il 7,38% rispetto
ai debitori
ceduti.
L'Italia rappresenta il quinto mercato mondiale, dopo Uk, Cina,
Francia
e Germania. A livello globale il factoring ha mantenuto il segno
positivo
anche nel 2016 (+0,35%) nonostante la forte caduta del mercato
cinese, che
ha perso il 15% influenzando negativamente l'area asiatica.
L'Europa ha
fatto segnare +2,31% nonostante l'indebolimento della sterlina
inglese per
l'effetto-Brexit.
In Italia la Pubblica amministrazione pesa per quasi un quarto
(23%) sul
totale dei debiti ceduti dalle imprese alle società di
factoring. Si
tratta di crediti vantati da imprese fornitrici nei confronti
soprattutto
del sistema sanitario nazionale e dell'amministrazione centrale.
La quota
di debiti della Pubblica amministrazione scaduti è pari al 37%,
e di
questi il 60% risulta scaduto da oltre un anno.
Il Belpaese continua a portare la maglia nera anche nella
classifica dei
tempi effettivi di pagamento: secondo l'ultimo rapporto di
Intrum
Iustitia, le imprese italiane pagano a 52 giorni contro 37 della
media
europea, la Pubblica amministrazione addirittura a 95 giorni
quando la
media europea è 41. L'Italia resta nelle posizioni di coda
nonostante il
miglioramento registrato nel 2017, con le imprese che hanno
ridotto i
ritardi medi di oltre 12 giorni (da 20 a 7) e la Pubblica
amministrazione
di 21 giorni (da 45 a 27).
I ritardi "fisiologici" elevati dei pagamenti in Italia si
traducono in
uno svantaggio per gli operatori e in una penalizzazione per le
imprese
produttive. Secondo le norme europee di vigilanza prudenziale,
infatti,
oltre i 90 giorni dalla scadenza un credito diventa
automaticamente
"deteriorato", andando ad incidere sui requisiti di capitale
imposti al
sistema creditizio. Gli operatori dei Paesi con i ritardi più
pesanti,
come è il caso dell'Italia, si trovano quindi ad avere maggiori
costi di
capitale rispetto ai concorrenti dei Paesi virtuosi.
Assifact propone di modificare, in sede di riforma della
normativa
attualmente in corso a livello europeo, l'articolo che definisce
il
default del debitore: si potrebbero escludere i debiti
commerciali dalla
regola dei 90 giorni oppure, in alternativa, consentire di
calcolare i 90
giorni non a partire dalla data di scadenza facciale della
fattura ma
dalla data di pagamento attesa. Secondo Assifact si potrebbero
liberare in
questo modo circa 2,25 miliardi di maggiore finanziamenti alle
imprese
italiane.
com/cce
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June 23, 2017 10:34 ET (14:34 GMT)
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