Ue: Castaldo, ora è finita l'austerity (MF)
22 Luglio 2020 - 8:36AM
MF Dow Jones (Italiano)
La lunga notte dell'Europa e l'accordo sul Recovery Fund hanno
portato un regalo che il Movimento Cinquestelle e il premier
Giuseppe Conte non avevano dato per scontato: l'allontamento,
almeno per un po', del fantasma del Mes, strumento capace nel
nostro paese di far ballare il governo e forse di metterlo in
crisi. Ne è convinto il vicepresidente del Parlamento Europeo,
Fabio Massimo Castaldo (M5S), grande conoscitore dei meccanismi
comunitari e al lavoro per mesi dietro le quinte delle trattative
che hanno portato alla luce verde in Consiglio europeo ai 209
miliardi di euro di risorse all'Italia. Questo è il suo racconto a
MF-Milano Finanza dei fatti di Bruxelles che in molti hanno
definiti storici.
Domanda. Vicepresidente Castaldo l'Italia come esce da questo
negoziato sul Recovery Fund?
Risposta. Rafforzata e centrale nel nuovo equilibrio europeo.
Con 209 miliardi di euro l'Italia non solo avrà la parte più
consistente del Next Generation EU, ma è stata determinante nella
definizione delle condizioni, dei tempi e della struttura di un
grande strumento anti-crisi che segna finalmente una discontinuità
con le politiche di austerity del passato. Grazie al carisma del
nostro Presidente del Consiglio, l'Italia è stata in prima fila
nell'assemblare una coalizione di Paesi che possiamo definire come
'solidali'. In un mondo globalizzato e alle prese con la crisi
economica più grave dal dopoguerra a oggi, abbiamo rafforzato
l'Europa che, altrimenti, sarebbe rimasta vulnerabile sia di fronte
alle conseguenze della recessione per i suoi cittadini sia nei
confronti delle altre grandi potenze globali, in primis Cina, Stati
Uniti e Russia. Parafrasando l'inno di Mameli potremmo dire che
grazie all'Italia l'Europa s'è desta. I Paesi che si
autodefiniscono 'frugali' e che invece andrebbero giustamente
chiamati 'egoisti' erano arrivati a Bruxelles dicendo mai sussidi.
Certo, hanno purtroppo incassato la conferma e purtroppo in alcuni
casi anche un sostanziale aumento dei rebates, degli iniqui sconti
al bilancio grazie ai quali in percentuale i Paesi più ricchi
contribuiscono meno di quegli poveri, e sulla loro futura
necessaria cancellazione non intendiamo mollare, ma l'obiettivo di
mettere in campo una risposta ambiziosa e solidale è stato
centrato: li abbiamo costretti ad accettare ben 390 mld di
trasferimenti e l'emissione di titoli comuni per finanziare il
nuovo strumento, un embrione di quegli Eurobond che sono sempre
stati una nostra storica battaglia. Dovremo lottare nella
Conferenza sul futuro dell'Europa per renderlo, da strumento
temporaneo, un vero debito comune europeo pienamente mutualizzato,
magari ancorato a un bilancio comune veramente all'altezza della
sfida.
D. Ha tenuto la linea delle risorse a fondo perduto, terrà la
linea promessa del premier Conte di usarli bene?
R. Questo è per noi un grande impegno politico e la priorità
numero uno in agenda. Nel passato ci sono stati troppi errori di
governance, specialmente nella gestione dei fondi strutturali in
capo alle Regioni, e andrà sicuramente creato un percorso ad hoc.
Lo Stato deve rivendicare una sua piena centralità nella
programmazione e nella gestione delle risorse mobilitate dal Next
Generation EU. Il Movimento 5 Stelle spingerà con convinzione sui
settori del futuro: innovazione, ricerca, un grande piano per il
digitale, tanto nel pubblico per sburocratizzare una pubblica
amministrazione che deve essere al passo coi tempi, quanto per
coprire con la banda ultralarga il nostro territorio nazionale
anche nelle zone più periferiche e rendere più 'smart' anche fiori
all'occhiello della nostra economia come il settore turistico.
Inoltre è una nostra assoluta priorità investire sulla transizione
verso un'economia sempre più green e sostenibile, sviluppando un
modello di produzione a minor impatto energetico e basato sulle
rinnovabili, che ci accompagni verso il grande obiettivo europeo
della neutralità climatica, riconciliando finalmente economia ed
ecologia.
D. Il nostro giornale ha titolato scampato il pericolo Mes, è
così?
R. Quello sul Mes è un dibattito per noi superato, ancor di più
alla luce di questo risultato. Non serve, non può essere utilizzato
a vantaggio di imprese e famiglie e ha delle condizionalità di
rientro che non sono state del tutto rimosse, basti pensare al
sistema di allerta rapido e ai controlli post programma. Il Next
Generation EU ha ben altre caratteristiche e potenza di fuoco,
prevede 82 miliardi di euro di trasferimenti e l'ingegner quota di
prestiti non sarà sottoposta alle summenzionate condizionalità di
rientro ancora esistenti per il Mes. Inoltre sono anch'essi a
tripla A, con una scadenza molto lunga. È illogico dunque
continuare a ostinarsi sul MES. Tutte le energie devono essere
profuse sul piano nazionale di riforme che dovremo presentare a
Bruxelles in autunno.
D. I Paesi frugali potranno ancora porre veti sull'utilizzo dei
fondi e se sì come e in che consesso?
R. No. Abbiamo scongiurato questa ipotesi che Rutte aveva
tentato di mettere prepotentemente sul tavolo, sempre a fini di
campagna elettorale interna. Per noi sarebbe stato inaccettabile
concedere a un Paese il diritto di veto e quindi di intromissione
sull'attuazione del nostro piano di Rilancio nazionale. È giusto
che ci sia un sistema di verifiche in relazione alla coerenza e
all'avanzamento dei progetti, nonché in merito all'implementazione
degli stessi. Ma la scelta finale rimane saldamente nelle mani
della Commissione europea, vera custode dei Trattati, e anche
l'approvazione del Consiglio dell'Unione Europea sarà a maggioranza
qualificata e non all'unanimità. Su questioni particolarmente
delicate e complesse, qualora sia avanzato il dubbio di deviazioni
molto significative, un paese potrà chiedere di portare la
discussione anche all'attenzione del Consiglio europeo, ma le
prerogative decisionali della Commissione vengono rispettate.
L'Italia è stata quindi la vera paladina del metodo comunitario e
di una risposta genuinamente europea, contrariamente alle pulsioni
intergovernative di questi paesi nord europei che, in realtà, hanno
espresso metodi e sensibilità pericolosamente vicini a quegli
ultrasovranisti di estrema destra che dicono, a parole, di voler
combattere.
D. Un giudizio su Conte, Merkel e Macron
R. Se dobbiamo mettere dei voti io darei a Conte 10, a Macron 7
e a Merkel 7,5. Senz'altro la proposta franco-tedesca dei 500
miliardi di sussidi ha giocato un ruolo importante nell'indirizzare
la discussione, così come lo sforzo tedesco di mediazione in questi
5 giorni infuocati, ma senza la tenacia italiana oggi avremmo un
sistema di governance basato sull'unanimità, con le altre
istituzioni marginalizzate e una procedura potenzialmente vittima
delle campagne elettorali dei paesi frugali, a partire da quella
olandese dell'anno prossimo. Dispiace che la presidenza tedesca non
sia riuscita a persuadere questi Paesi impedendo i dolorosi tagli
operati su alcuni programmi cruciali come Horizon Europe per la
ricerca scientifica, o il nuovo Eu4Health per la salute: su di essi
poggiano sfide importanti per difendere il ruolo dell'Europa nello
scacchiere mondiale. Ma forse qualcuno, pur di strappare un po' di
consenso, preferirebbe relegare l'Europa al semplice ruolo di
scacchiera. Auspico una forte reazione del Parlamento Europeo in
questo senso, così come sul tema delle risorse proprie: il paniere
deve essere velocemente allargato alla digital tax, alla single
market levy, alla riforma del sistema degli ETS e alla tassa sulle
transazioni finanziarie, mandare avanti solo la plastic tax sarebbe
una scelta inaccettabile.
D. L'Europa si può dire che esce rafforzata da questo accordo o
è presto per dirlo?
R. L'Europa ne esce rafforzata, ma siamo solo a metà della
strada. La Conferenza sul futuro dell'Europa, che dovrà vedere la
luce il prima possibile, deve affrontare nodi irrisolti: la riforma
dei Trattati europei e della governance economica e monetaria in
modo da superare i vincoli del Fiscal Compact, che deve essere
riscritto e non solo sospeso, ma anche le ormai insostenibili
maglie dell'unanimità, che continuano a paralizzare il processo
decisionale nelle politiche fiscali così come in politica estera e
di sicurezza comune. Inoltre, va reso più centrale il ruolo del
Parlamento europeo, unica istituzione democraticamente eletta dai
cittadini europei, con un pieno potere di iniziativa legislativa e
un pieno controllo sul funzionamento anche dei nuovi strumenti.
Siamo di fronte a un bivio: senza un deciso rilancio del progetto
di integrazione che risponda alle aspettative dei cittadini come
europei non potremo mai sederci al tavolo dei grandi.
fch
(END) Dow Jones Newswires
July 22, 2020 02:21 ET (06:21 GMT)
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