La lunga notte dell'Europa e l'accordo sul Recovery Fund hanno portato un regalo che il Movimento Cinquestelle e il premier Giuseppe Conte non avevano dato per scontato: l'allontamento, almeno per un po', del fantasma del Mes, strumento capace nel nostro paese di far ballare il governo e forse di metterlo in crisi. Ne è convinto il vicepresidente del Parlamento Europeo, Fabio Massimo Castaldo (M5S), grande conoscitore dei meccanismi comunitari e al lavoro per mesi dietro le quinte delle trattative che hanno portato alla luce verde in Consiglio europeo ai 209 miliardi di euro di risorse all'Italia. Questo è il suo racconto a MF-Milano Finanza dei fatti di Bruxelles che in molti hanno definiti storici.

Domanda. Vicepresidente Castaldo l'Italia come esce da questo negoziato sul Recovery Fund?

Risposta. Rafforzata e centrale nel nuovo equilibrio europeo. Con 209 miliardi di euro l'Italia non solo avrà la parte più consistente del Next Generation EU, ma è stata determinante nella definizione delle condizioni, dei tempi e della struttura di un grande strumento anti-crisi che segna finalmente una discontinuità con le politiche di austerity del passato. Grazie al carisma del nostro Presidente del Consiglio, l'Italia è stata in prima fila nell'assemblare una coalizione di Paesi che possiamo definire come 'solidali'. In un mondo globalizzato e alle prese con la crisi economica più grave dal dopoguerra a oggi, abbiamo rafforzato l'Europa che, altrimenti, sarebbe rimasta vulnerabile sia di fronte alle conseguenze della recessione per i suoi cittadini sia nei confronti delle altre grandi potenze globali, in primis Cina, Stati Uniti e Russia. Parafrasando l'inno di Mameli potremmo dire che grazie all'Italia l'Europa s'è desta. I Paesi che si autodefiniscono 'frugali' e che invece andrebbero giustamente chiamati 'egoisti' erano arrivati a Bruxelles dicendo mai sussidi. Certo, hanno purtroppo incassato la conferma e purtroppo in alcuni casi anche un sostanziale aumento dei rebates, degli iniqui sconti al bilancio grazie ai quali in percentuale i Paesi più ricchi contribuiscono meno di quegli poveri, e sulla loro futura necessaria cancellazione non intendiamo mollare, ma l'obiettivo di mettere in campo una risposta ambiziosa e solidale è stato centrato: li abbiamo costretti ad accettare ben 390 mld di trasferimenti e l'emissione di titoli comuni per finanziare il nuovo strumento, un embrione di quegli Eurobond che sono sempre stati una nostra storica battaglia. Dovremo lottare nella Conferenza sul futuro dell'Europa per renderlo, da strumento temporaneo, un vero debito comune europeo pienamente mutualizzato, magari ancorato a un bilancio comune veramente all'altezza della sfida.

D. Ha tenuto la linea delle risorse a fondo perduto, terrà la linea promessa del premier Conte di usarli bene?

R. Questo è per noi un grande impegno politico e la priorità numero uno in agenda. Nel passato ci sono stati troppi errori di governance, specialmente nella gestione dei fondi strutturali in capo alle Regioni, e andrà sicuramente creato un percorso ad hoc. Lo Stato deve rivendicare una sua piena centralità nella programmazione e nella gestione delle risorse mobilitate dal Next Generation EU. Il Movimento 5 Stelle spingerà con convinzione sui settori del futuro: innovazione, ricerca, un grande piano per il digitale, tanto nel pubblico per sburocratizzare una pubblica amministrazione che deve essere al passo coi tempi, quanto per coprire con la banda ultralarga il nostro territorio nazionale anche nelle zone più periferiche e rendere più 'smart' anche fiori all'occhiello della nostra economia come il settore turistico. Inoltre è una nostra assoluta priorità investire sulla transizione verso un'economia sempre più green e sostenibile, sviluppando un modello di produzione a minor impatto energetico e basato sulle rinnovabili, che ci accompagni verso il grande obiettivo europeo della neutralità climatica, riconciliando finalmente economia ed ecologia.

D. Il nostro giornale ha titolato scampato il pericolo Mes, è così?

R. Quello sul Mes è un dibattito per noi superato, ancor di più alla luce di questo risultato. Non serve, non può essere utilizzato a vantaggio di imprese e famiglie e ha delle condizionalità di rientro che non sono state del tutto rimosse, basti pensare al sistema di allerta rapido e ai controlli post programma. Il Next Generation EU ha ben altre caratteristiche e potenza di fuoco, prevede 82 miliardi di euro di trasferimenti e l'ingegner quota di prestiti non sarà sottoposta alle summenzionate condizionalità di rientro ancora esistenti per il Mes. Inoltre sono anch'essi a tripla A, con una scadenza molto lunga. È illogico dunque continuare a ostinarsi sul MES. Tutte le energie devono essere profuse sul piano nazionale di riforme che dovremo presentare a Bruxelles in autunno.

D. I Paesi frugali potranno ancora porre veti sull'utilizzo dei fondi e se sì come e in che consesso?

R. No. Abbiamo scongiurato questa ipotesi che Rutte aveva tentato di mettere prepotentemente sul tavolo, sempre a fini di campagna elettorale interna. Per noi sarebbe stato inaccettabile concedere a un Paese il diritto di veto e quindi di intromissione sull'attuazione del nostro piano di Rilancio nazionale. È giusto che ci sia un sistema di verifiche in relazione alla coerenza e all'avanzamento dei progetti, nonché in merito all'implementazione degli stessi. Ma la scelta finale rimane saldamente nelle mani della Commissione europea, vera custode dei Trattati, e anche l'approvazione del Consiglio dell'Unione Europea sarà a maggioranza qualificata e non all'unanimità. Su questioni particolarmente delicate e complesse, qualora sia avanzato il dubbio di deviazioni molto significative, un paese potrà chiedere di portare la discussione anche all'attenzione del Consiglio europeo, ma le prerogative decisionali della Commissione vengono rispettate. L'Italia è stata quindi la vera paladina del metodo comunitario e di una risposta genuinamente europea, contrariamente alle pulsioni intergovernative di questi paesi nord europei che, in realtà, hanno espresso metodi e sensibilità pericolosamente vicini a quegli ultrasovranisti di estrema destra che dicono, a parole, di voler combattere.

D. Un giudizio su Conte, Merkel e Macron

R. Se dobbiamo mettere dei voti io darei a Conte 10, a Macron 7 e a Merkel 7,5. Senz'altro la proposta franco-tedesca dei 500 miliardi di sussidi ha giocato un ruolo importante nell'indirizzare la discussione, così come lo sforzo tedesco di mediazione in questi 5 giorni infuocati, ma senza la tenacia italiana oggi avremmo un sistema di governance basato sull'unanimità, con le altre istituzioni marginalizzate e una procedura potenzialmente vittima delle campagne elettorali dei paesi frugali, a partire da quella olandese dell'anno prossimo. Dispiace che la presidenza tedesca non sia riuscita a persuadere questi Paesi impedendo i dolorosi tagli operati su alcuni programmi cruciali come Horizon Europe per la ricerca scientifica, o il nuovo Eu4Health per la salute: su di essi poggiano sfide importanti per difendere il ruolo dell'Europa nello scacchiere mondiale. Ma forse qualcuno, pur di strappare un po' di consenso, preferirebbe relegare l'Europa al semplice ruolo di scacchiera. Auspico una forte reazione del Parlamento Europeo in questo senso, così come sul tema delle risorse proprie: il paniere deve essere velocemente allargato alla digital tax, alla single market levy, alla riforma del sistema degli ETS e alla tassa sulle transazioni finanziarie, mandare avanti solo la plastic tax sarebbe una scelta inaccettabile.

D. L'Europa si può dire che esce rafforzata da questo accordo o è presto per dirlo?

R. L'Europa ne esce rafforzata, ma siamo solo a metà della strada. La Conferenza sul futuro dell'Europa, che dovrà vedere la luce il prima possibile, deve affrontare nodi irrisolti: la riforma dei Trattati europei e della governance economica e monetaria in modo da superare i vincoli del Fiscal Compact, che deve essere riscritto e non solo sospeso, ma anche le ormai insostenibili maglie dell'unanimità, che continuano a paralizzare il processo decisionale nelle politiche fiscali così come in politica estera e di sicurezza comune. Inoltre, va reso più centrale il ruolo del Parlamento europeo, unica istituzione democraticamente eletta dai cittadini europei, con un pieno potere di iniziativa legislativa e un pieno controllo sul funzionamento anche dei nuovi strumenti. Siamo di fronte a un bivio: senza un deciso rilancio del progetto di integrazione che risponda alle aspettative dei cittadini come europei non potremo mai sederci al tavolo dei grandi.

fch

 

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July 22, 2020 02:21 ET (06:21 GMT)

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