Negli ultimi giorni si è parlato della vicenda Carige quasi esclusivamente ragionando su una possibile nazionalizzazione. Le ragioni sono soprattutto politiche: l'ipotesi di utilizzare denaro pubblico ha messo in difficoltà gli esponenti della maggioranza che per anni hanno criticato le misure dei precedenti governi, salvo poi replicarle in modo identico.

Non c'erano alternative, del resto, scrive Milano Finanza. Nelle crisi conclamate resta fondamentale la presenza del settore pubblico, come hanno confermato tutti i dissesti bancari globali, al contrario di quanto sostengono i più rigidi sostenitori del coinvolgimento dei privati. "I costi di fenomeni di instabilità finanziaria sistemica sono divenuti a tutti evidenti e portano a considerare sotto una luce diversa l'opportunità di interventi pubblici non solo per le banche illiquide ma solvibili, ma anche nei casi potenzialmente in grado di pregiudicare il funzionamento del sistema finanziario", ha detto il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, riprendendo venerdì 11 gennaio alcune frasi di Luigi Einaudi ("Dare subito, dare senza esitazione, dare largamente e in modo da persuadere il pubblico che la banca presa di mira ha le spalle sicure. Solo così si impedisce che il panico si allarghi come una macchia d'olio e distrugga tutto").

Ma la vicenda Carige ha comunque caratteristiche che per il momento la differenziano dalle altre. In base agli accordi con la Vigilanza Bce, la banca ha bisogno di un aumento di capitale da 400 milioni: di questi, 320 milioni sono già garantiti di fatto dal settore bancario attraverso lo Schema Volontario del Fitd (Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi). La situazione è stata chiarita dal commissario di Carige (ed ex presidente) Pietro Modiano: "Per salvare Carige bastano 320 milioni, quelli che il ramo volontario del Fondo Interbancario aveva stanziato come obbligazione subordinata, che ci metteva in condizione di rispettare i parametri europei ed era destinata a essere convertita in capitale se l'assemblea avesse autorizzato la conversione". Con un altro esito nell'assemblea del 22 dicembre la banca non sarebbe tornata nella bufera. Non sarebbe tornata la paura sulla liquidità. Probabilmente non sarebbe stato necessario il decreto del governo con la garanzia pubblica sulla raccolta e con l'ipotesi della ricapitalizzazione pubblica precauzionale. Il gruppo Malacalza, principale socio di Carige con il 27,5%, ha tuttavia scelto il 22 dicembre di non approvare l'aumento di capitale.

red/lab

 

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January 14, 2019 02:05 ET (07:05 GMT)

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