Eni: Descalzi, manca solo il buyback (Mi.Fi.)
18 Febbraio 2019 - 8:41AM
MF Dow Jones (Italiano)
Eni continua a correre più forte del barile: con un Brent che
nel 2018 è salito del 31% a una media di 71,4 dollari, l'utile
operativo del Cane a sei zampe è addirittura raddoppiato,
schizzando a 11,2 miliardi di euro dai 5,8 miliardi dell'esercizio
precedente. Prossima tappa potrebbe essere l'atteso buyback, da
annunciare magari assieme alle nuove linee strategiche che saranno
presentate il 14 marzo a Milano. Tutte le condizioni per procedere
con l'acquisto di azioni proprie si sono infatti verificate, a
cominciare dal leverage sceso a 0,16 dallo 0,23 del 2017 con un
debito netto ridotto del 24% a 8,3 miliardi di euro. La decisione
di proporlo al cda è in mano all'amministratore delegato Claudio
Descalzi, che scioglierà la riserva nelle prossime settimane.
Intanto in questa intervista con MF-Milano Finanza il top manager
spiega come si è arrivati ai risultati del 2018.
Domanda. Con i numeri del 2018 Eni ha battuto ampiamente il
consensus. Eppure quello passato è stato un anno di estrema
volatilità dei prezzi del petrolio. Quali azioni avete messo in
atto?
Risposta. Le oscillazioni sono state forti; è stato come
condurre una macchina di grossa cilindrata su un percorso in
saliscendi. A guidarci sono sempre l'efficienza operativa unita
all'ottimizzazione del portafoglio di business. Gli investimenti
sono rimasti sotto gli 8 miliardi di euro, in linea con la nostra
disciplina finanziaria. Negli ultimi quattro anni li abbiamo
ridotti del 35% riuscendo ad aumentare la produzione del 16%. Siamo
andati decisamente controcorrente. Restando ai dati del 2018,
questa disciplina ha visto aumentare la cassa del 35%, riducendo il
debito del 40%. In pratica, abbiamo raggiunto ormai il free cash
flow di quando Eni era più grande e diversificata, con un business
del gas molto forte, e si consolidava ancora Saipem , che valeva 1
miliardo di euro di utile operativo. Teniamo presente che è una
crescita quasi interamente organica; non abbiamo fatto acquisizioni
significative prima del 20% di Adnoc Refining (la quota nell'hub
della raffinazione degli Emirati Arabi vale 3,3 miliardi di
dollari, ndr), che deve ancora entrare nel perimetro.
D. Gli analisti sono già pronti a scommettere su un altro
aumento del dividendo rispetto a quello di 0,83 euro di
quest'anno.
R. L'aspettativa maggiore credo sia per il buyback, sul quale
decideremo a marzo. La remunerazione degli azionisti è il nostro
faro e lo stiamo dimostrando. Gli 83 centesimi che pagheremo
quest'anno sono già 3 in più rispetto alla cedola dell'anno scorso.
Abbiamo una politica di remunerazione degli azionisti progressiva,
che segue l'andamento di cash flow e utile netto. Il nostro
dividend yield è già molto alto, il 6%. Il buy-back, qualora lo
varassimo, darebbe ulteriore spinta. Oggi la cassa operativa ci ha
consentito, a investimenti costanti, di coprire i 3 miliardi di
euro destinati ai dividendi e di tagliare il debito di quasi
altrettanto.
D. Il 2018 passerà agli archivi anche come l'anno in cui Eni è
entrato in forze nel Golfo. Un riposizionamento geopolitico, non
solo geografico.
R. Certo, 11 accordi in 11 mesi non è cosa che si sente spesso.
Ci siamo aggiudicati 75 mila km quadrati di aree esplorative, un
primato per una società straniera in quell'area. Ma questo ingresso
in forze nel mercato del Medio Oriente, e degli Emirati Arabi in
particolare, è stato preceduto da un intenso lavoro di preparazione
partito almeno quattro anni fa e che ha visto anche l'ingresso di
Mubadala Petroleum nei nostri giacimenti a gas di Zohr, in Egitto,
con una quota del 20%. La movimentazione degli asset, con il nostro
modello di cessioni dual exploration, ha contribuito in maniera
decisiva. Da un punto di vista geopolitico avevamo la necessità di
diversificare: il fatto di operare in mercati più complessi, come
Venezuela, Libia e in passato anche l'Egitto, ci favorisce
sicuramente. Se facciamo bene in aree critiche, qui dovremo essere
in grado di fare ancora meglio. L' altro aspetto importante è che i
contratti ottenuti in Medio Oriente sono lunghi, a scadenza
40ennale, il che implica anche una grande capacità di rimpiazzare
le riserve. Gli analisti lo hanno capito e apprezzato.
D. Il gas sta assumendo un'importanza crescente per Eni . Il
progetto di hub del Mediterraneo è sempre tra le priorità?
R. Quel progetto è più attuale che mai. L'Egitto, da dove
quell'idea è partita dopo la scoperta di Zohr, sta attirando un
numero crescente di operatori, da Shell a Total . Sembra che Cipro
stia per annunciare una nuova scoperta, il Libano metterà a gara a
breve altri 4 o 5 blocchi esplorativi. Quest'area si è
rivitalizzata proprio dopo le nostre scoperte. Ne beneficerà
soprattutto l'Egitto, che ha bisogno di investimenti per sviluppare
il mercato energetico e realizzare le infratrutture necessarie. La
presenza di tanti operatori non ci preoccupa, si tratta di quella
concorrenza che ci fa bene. Noi procediamo lavorando con i nostri
partner.
red
(END) Dow Jones Newswires
February 18, 2019 02:26 ET (07:26 GMT)
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