Economia: attenti a quei sostegni (Mi.Fi.)
17 Gennaio 2022 - 9:48AM
MF Dow Jones (Italiano)
La risposta italiana alla crisi di liquidità innescata dal Covid
è stata molto consistente. Forse più di quanto sarebbe servito per
garantire la tenuta del sistema economico. A maggior ragione oggi
la transizione alla normalità andrà gestita con grande cautela per
evitare bruschi contraccolpi. Ne è convinto Giovanni Tria che nel
2019 lasciò il ministero dell'Economia proprio pochi mesi prima
della crisi pandemica. Le sue preoccupazioni in questa
conversazione con MF-Milano Finanza appaiono insomma molto simili a
quelle recentemente espresse dall'Abi e da altre istituzioni
italiane: le misure di sostegno al credito andrebbero prolungate
finchè il quadro congiunturale non si sarà stabilizzato. Le
geografie future del sistema bancario? Durante il mandato di Tria
in via XX Settembre si ragionò anche sul consolidamento e sulla
privatizzazione di Mps, concependo un'idea che oggi sembra tornata
di moda: la nascita di un terzo polo del credito alternativo a
Intesa Sanpaolo e Unicredit.
Domanda. Professor Tria, in che condizioni il sistema bancario
italiano sta uscendo la pandemia?
Risposta. Mi sembra che, almeno per il momento, i numeri delle
banche italiane descrivano uno scenario positivo. Se da un lato le
misure di sostegno messe in campo dallo Stato hanno consentito di
attutire l'impatto economico della crisi, dall'altro lato la
crescita del risparmio ha aumentato notevolmente la riserva di
liquidità degli istituti. È stata poi smentita dai fatti la
previsione di una brusca ondata di crediti deteriorati a seguito di
una catena di fallimenti nell'economia. Il quadro complessivo
insomma mi sembra moderatamente ottimistico. Occorrerà però
osservare con grande attenzione l'evoluzione della congiuntura
economica. Da questo punto di vista le incognite non mancano, a
partire dalla crescita dell'inflazione che oggi coinvolge gran
parte delle economie globali.
D. Lei accennava alla misure di sostegno al credito. Nelle
scorse settimane si è aperto un dibattito sull'opportunità di
interromperle. Qual è la sua opinione?
R. Sarei molto prudente nel trattare la materia, soprattutto
perché le dimensioni del fenomeno sono considerevoli a seguito
delle scelte fatte all'inizio della pandemia. La decisione del
governo di garantire al 100% una fetta consistente del credito
privato e di porre così le condizioni per un implicito azzardo
morale mi lasciò perplesso e oggi confermo quelle perplessità. È un
modus operandi simile a quello osservato per il bonus edilizio
110%. La dimensione del fenomeno insomma impone prudenza al
legislatore che dovrà accompagnare verso la soluzione i problemi
creati dalla pandemia. L'auspicio è che la transizione avvenga con
gradualità e senza scossoni.
D. In ogni caso la fine del temporary framework pone una
scadenza molto precisa alle misure di sostegno.
R. Senz'altro il ritorno alla stabilità limiterà il margine di
manovra del governo in questi ambiti. Un'ulteriore incognita è
rappresentata dalle scelte della Bce che tra poco sospenderà gli
acquisti di nuovi titoli pur continuando a comprare quelli in
scadenza. Al netto di queste incertezze comunque mi pare che il
sistema bancario italiano oggi non abbia particolari elementi di
fragilità e non necessiti di specifiche forme di sostegno.
D. Con l'operazione Carige si è riaperto il consolidamento
bancario. Che nuove geografie si aspetta?
R. Dalle cronache di questi giorni registro che il progetto di
un terzo polo per il credito è tornato di attualità. Ovviamente il
sistema bancario deve essere diversificato e lasciare spazio anche
a istituti più piccoli purché sani nella governance e nella
gestione. Poter contare però su un nuovo, solido gruppo di
dimensioni nazionali sarebbe però importante e potrebbe dare un
aiuto concreto in alcune partite.
D. Come la partita Mps?
R. Certamente, quando ero ministro dell'Economia esaminammo quel
progetto nell'ambito di alcune delicate come la privatizzazione di
Banca Mps. Poi le cose sono cambiate, alcuni intermediari sono
spariti e, come ci raccontano le cronache, per Siena si è fatto
avanti il secondo polo. Al di là di questa specifica vicenda però,
continuo a pensare che in Italia ci sia bisogno di un terzo polo
per meglio stabilizzare il sistema bancario.
D. Come valuta la gestione recente della partita senese?
R. Non mi voglio esprimere sulla vicenda perché non ne conosco i
particolari se non per lettura della stampa. Non avendo una
cognizione diretta dall'interno non mi posso esprimere. Sono però
sempre stato dell'idea che l'impegno a riprivatizzare Mps debba
essere rispettato. So bene che non si tratta di una posizione
condivisa nel Paese. Alcuni vorrebbero avere una banca pubblica per
poterla usare in modo più flessibile nelle crisi bancarie. Altri
desidererebbero una banca per fini meno nobili. Per uscire da
questa situazione e restituire finalmente il Monte al mercato serve
un'azione di risanamento che generi rendimento e consenta al
pubblico di uscire. Oggi il contesto è cambiato rispetto a quando
mi trovavo in via XX Settembre. Gli attori sono cambiati e il mondo
è cambiato. Ma l'idea di costruire un terzo polo attorno Mps mi
sembra ancora valida.
D. Con la trasformazione in spa della Sondrio si chiude il
capitolo della riforma delle banche popolari. Che giudizio a
posteriori dà di quel provvedimento su cui in queste settimane
MF-Milano Finanza ha promosso un ampio dibattito?
R. Io mi trovai a guidare il ministero dell'Economia nel momento
di applicazione della riforma. In quel contesto tornare indietro
poteva essere pericoloso perché rischiava di trasmettere
un'impressione di instabilità e di confusione ai regolatori. Fatta
questa premessa, ritengo che la riforma contenga delle forzature:
un'articolazione del sistema bancario con banche piccole e ispirate
dal principio mutualistico è utile e dà flessibilità al sistema. Il
vero problema semmai è quello assicurare una governance adeguata e
il rispetto dei requisiti professionali. Il problema si può creare
anche per banche grandi, ma è per le più piccole che naturalmente i
rischi sono maggiori.
D. Oggi le sembra auspicabile qualche intervento normativo per
preservare i valori di quel sistema?
R. Mi pare realisticamente difficile tornare indietro. La
particolarità delle popolari era il voto capitario che la riforma
ha cancellato. Oltretutto cambi di rotta troppo frequenti rischiano
di creare instabilità sul mercato e di minare la fiducia della
clientela. Ciò però non impedisce a una società per azioni di
operare in modo flessibile a livello locale, servendo aziende e
famiglie con quell'attenzione per il territorio che ha sempre
caratterizzato il dna delle banche popolari.
fch
(END) Dow Jones Newswires
January 17, 2022 03:33 ET (08:33 GMT)
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