Ha chiuso con 27,3 miliardi di euro di volumi il mercato del private debt italiano nel 2022, non troppo al di sotto dei livelli del 2021 quando si era toccato il record di 29,6 miliardi. Il dato aggregato, che emerge dall'ultimo report di BeBeez di prossima pubblicazione e che MF-Milano Finanza è in grado di anticipare, nasconde però una differenza importante nelle statistiche per i due anni. Se nel 2021 la cifra dei 29,6 miliardi conteneva poco più di 2 miliardi di operazioni di acquisto di crediti deteriorati da parte di fondi specializzati o spv ceduti dalle banche, quella del 2022 ha visto crescere in maniera significativa quella componente, con un totale di crediti deteriorati corporate passati di mano vicino agli 8 miliardi. Di pari passo, invece, si è ridotto in maniera sensibile il volume delle operazioni su asset in bonis, per un totale che è stato soltanto di 19,5 miliardi contro gli oltre 26 miliardi del 2021.

Quello che è mancato è stato soprattutto il contributo delle grandi emissioni di bond, quelle dai 100 milioni in su, spesso strutturate a supporto di grandi buyout condotti da fondi di private equity, che nel 2022 sono state soltanto 23 per un totale di 6,8 miliardi di euro, mentre nel 2021 si erano superati i 16 miliardi di euro spalmati su 31 emissioni. In particolare, quell'anno la sola Astm, dopo il delisting a valle dell'opa promossa dalla famiglia Gavio insieme ad Ardian, aveva emesso tre sustainability linked bond per un totale di 3 miliardi di euro. E Nexi, paytech quotata ma ancora partecipata per una minoranza significativa da fondi di private equity, e per questo mappata da BeBeez, aveva portato sul mercato due bond per un totale di oltre 2 miliardi. E ancora, Teamsystem aveva portato sul mercato tre bond per un totale di 1,45 miliardi per finanziare il buyout con cui Hellmann&Friedman ha passato di mano la partecipazione dal vecchio fondo a uno nuovo.

L'anno scorso certo non sono mancate le emissioni a supporto di buyout, ma le dimensioni sono state in media più contenute, con l'eccezione dei due bond di Castor per un totale di 1,4 miliardi, per rifinanziare in parte l'opa di ION Investments su Cerved, e dei due bond di Fiber BidCo per 1,025 miliardi per rifinanziare il debito di Fedrigoni, a seguito dell'ingresso nel capitale da parte di BC Partners al fianco di Bain Capital. Per il resto si è visto invece anche un aumento importante delle emissioni di note di cartolarizzazione derivanti da strutture di basket bond, che hanno riguardato sette operazioni per un totale di 349 milioni di euro, contro altrettante operazioni per 145 milioni del 2021, mentre i minibond, cioè le emissioni sino a 50 milioni di euro, compresi i titoli cartolarizzati all'interno di basket bond, sono stati 213 per un valore complessivo di 1,4 miliardi, molto più alto del dato del 2021 che era stato di 1,105 miliardi (l'Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano ne ha peraltro mappati 268 per 1,65 miliardi dagli 1,033 miliardi del 2021).

Interessante notare anche che inizia a formarsi un mercato di minibond collocati sulle sezioni speciali delle piattaforme di equity crowdfunding, ma davvero si tratta ancora di pochissime operazioni, su tre sole piattaforme: Fundera, Opstart e CrowdFundMe.

Per contro, le piattaforme fintech di lending, comprese anche quelle immobiliari, macinano numeri importanti.

Più nel dettaglio, gli acquisti e le erogazioni di crediti in bonis condotti su piattaforme fintech senza cartolarizzazioni si sono mantenuti sui livelli del 2021, attorno ai 910 milioni dai poco più di 980 milioni dell'anno prima, così come le operazioni di direct lending, che anzi hanno visto un leggero incremento sfiorando i 500 milioni dai precedenti 425. In aumento anche i volumi di crediti commerciali e a medio-lungo termine intermediati con cartolarizzazioni sulle piattaforme fintech e le altre operazioni di cartolarizzazione di crediti in bonis, che hanno superato i 9,6 miliardi dai 9,3 miliardi del 2021.

Se limitiamo il punto di osservazione all'attività dei soli fondi di private debt specializzati, il quadro che emerge è un po' diverso e nel complesso più positivo: secondo l'indagine semestrale di AIFI in collaborazione con Deloitte, pubblicata nei giorni scorsi, il 2022 per i fondi di private debt in Italia si è chiuso con una crescita degli investimenti di ben il 43% a quota 3,224 miliardi dai 2,261 miliardi del 2021, con un'inversione di tendenza significativa nel secondo semestre dell'anno, dopo un primo semestre che aveva invece visto investimenti per soli 531 milioni di euro (dai 746 milioni del primo semestre 2021), spalmati su 102 operazioni (da 125) e 49 società (da 71).

Certo è che l'aumento dei tassi di interesse di questi mesi ha spostato al rialzo anche l'asticella del costo del private debt che già di suo era più caro del tradizionale prestito bancario. Detto questo, la sensazione però è che il differenziale tra i due tassi medi, a parità di condizioni, si sia ridotto, cioè l'aumento dei tassi sul mercato del credito privato sia stato più contenuto, rendendo quindi più vantaggioso l'intervento dei fondi o comunque di soggetti alternativi alle banche, che hanno dalla loro parte anche il fatto di poter strutturare pacchetti di finanziamento più flessibili e più adatti alle varie e diverse situazioni aziendali. Vedremo quindi se il trend in discesa delle emissioni di aziende in bonis del 2022 invertirà o meno la rotta.

red

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MF-DJ NEWS

1108:26 apr 2023

 

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