Credito: al valzer dei servicer (Mi.Fi.)
13 Marzo 2023 - 10:15AM
MF Dow Jones (Italiano)
Quando un settore raggiunge la maturità deve perseguire economie
di scala e consolidarsi. Oggi uno dei mantra degli investment
banker sembra applicarsi bene ai servicer italiani. Negli ultimi
otto anni il settore ha conosciuto una crescita molto rapida,
grazie all'intensa attività di derisking portata avanti dalle
banche. Dal 2015 al 2022 gli istituti hanno ceduto una valanga di
crediti deteriorati, di cui oltre 100 miliardi assistiti dalla
garanzia pubblica (Gacs). Un'ampia fetta di questo stock è stata
affidata a una manciata di servicer: secondo le stime elaborate
dall'ufficio studi di Banca Ifis, alla fine del 2022 le prime sette
società del settore avevano in gestione asset per un valore
complessivo di circa 300 miliardi di euro. Questi numeri sono
sufficienti a descrivere lo sforzo richiesto oggi al comparto, in
un paese come l'Italia dove tradizionalmente le attività di
recupero sono una corsa a ostacoli. Se poi le previsioni di una
nuova ondata di sofferenze e incagli si riveleranno corrette, nei
prossimi anni il fardello potrebbe crescere ulteriormente. In un
contesto in cui la capacità produttiva è destinata ad aumentare e
in cui gli investimenti in tecnologia si stanno rivelando sempre
più importanti, le economie di scala saranno decisive. Ecco perché
molti analisti finanziari ritengono che nel 2023 il consolidamento
potrebbe rimettersi in moto. Il settore non è nuovo alle operazioni
straordinarie. Alcune realtà hanno aperto il capitale a investitori
istituzionali e retail come accaduto a DoValue che nel 2017 è
sbarcata in piazza Affari. Altre società sono confluite in gruppi
più grandi e strutturati come ha fatto Quaestio sgr in cui è
entrata DeA Capital. L'anno scorso poi Illimity ha acquisito Aurora
Recovery Capital (Arec), la società specializzata nella gestione di
crediti utp con focus sul segmento corporate real estate. In
generale però non si sono ancora viste integrazioni capaci di
cambiare radicalmente le geografie del settore. Alcuni tentativi
andati in questa direzione sono falliti. Così è stato ad esempio
per Banca Ifis e Credito Fondiario (oggi Gardant), che nel 2019
esplorarono senza successo l'ipotesi di una integrazione. Il
merger, funzionale sulla carta, saltò per problemi di governance e
da allora i due gruppi hanno ballato da soli. Non migliore fortuna
hanno avuto i tentativi del fondo internazionale Värde Partners di
uscire dal capitale di Guber Banca.
Proprio in questi giorni il mercato si chiede se le cose
andranno meglio per Davidson Kempner sulla partita Prelios. Il
fondo americano è presente nel capitale della società presieduta da
Fabrizio Palenzona e guidata da Riccardo Serrini dal 2017 a seguito
dell'accordo con il nocciolo duro di azionisti composto allora da
Pirelli, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Fenice. Da qualche tempo però
DK sta pensando alla vendita. I tentativi fatti sinora (da Intrum a
Tinexta fino a Banca Progetto) non hanno sortito risultato,
complice anche la pandemia e la forte instabilità macroeconomica
degli ultimi mesi. L'intenzione del fondo è rimasta comunque quella
di valorizzare la controllata e l'arrivo di Ion sul dossier ha
impresso un cambio di marcia alle discussioni. Proprio le prossime
settimane potrebbero essere decisive per la partita. Se la due
diligence del gruppo fondato da Andrea Pignataro si è conclusa,
sarebbero in corso discussioni con diverse banche per il financing
dell'operazione. Tra gli altri sul mercato si fanno i nomi di Jp
Morgan, Goldman Sachs e Unicredit.
Per DoValue invece l'attenzione si divide tra l'Italia e
l'estero, anche in tema m&a. Proprio nei mesi scorsi il gruppo
guidato da Andrea Mangoni (che in passato si era avvicinato anche
al dossier Prelios) aveva messo nel mirino Diglo, il servicer
creato e lanciato da Banco Santander a inizio 2022 e specializzato
nel comparto real estate. Altre novità potrebbero arrivare nei
prossimi mesi e lo stesso vale anche per la svedese Intrum. Se
diversi big potrebbero mettersi in movimento, gran parte del
m&a nel mondo dei servicer potrebbe però interessare le realtà
medio-piccole. Specie alla luce della direttiva 2021/2167 che dovrà
essere recepita dall'Italia entro la fine di quest'anno e sulla
quale intermediari e società di consulenza hanno già iniziato a
lavorare. Tra le principali novità normative ci sarà la richiesta
di un'autorizzazione per servizi di servicing e per la fornitura di
servizi cross-border.
Sempre per i servicer aranno inoltre imposti requisiti più
stringenti su compliance, governance e controlli interni e si andrà
verso una sempre maggiore omogeneizzazione dei contenuti minimi dei
contratti di gestione e di outsourcing. Sono inoltre previste
comunicazioni periodiche alla Vigilanza da parte di cedenti e
acquirenti con informazioni sui crediti trasferiti.
"Maggiore pressione competitive ed esigenze nuove sono le sfide
dei servicer oggi", spiega a MF-Milano Finanza Paolo Gesa,
amministratore delegato di Officine Cst, la controllata del fondo
Cerberus specializzata nella gestione di crediti sia in bonis sia
deteriorati. «Da un lato gli operatori generalisti cercheranno di
conseguire economie di scala tramite un consolidamento del settore,
mentre per gli operatori più piccoli la via che vedo è quella della
specializzazione e dell'utilizzo delle proprie competenze per
effettuare direttamente l'acquisto di crediti», conclude Gesa.
red
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