Di Roberto Sommella

Christine Lagarde, presidente della Bce: le banche europee sono ben capitalizzate. Ignazio Visco, governatore della Banca d'Italia: le banche centrali hanno tutti gli strumenti per far fronte alle crisi di liquidità che ci posso essere. Giancarlo Giorgetti, ministro dell'Economia: gli effetti sulle banche italiane della crisi del Credit Suisse saranno ininfluenti. C'è effettivamente da stare tranquilli oppure, come recita l'inchiesta di copertina di Milano Finanza in edicola, molti italiani si stanno comunque chiedendo se la loro banca è sicura?

Se sono vere le affermazioni delle prime tre autorità monetarie appena riportate è pur vero che la crisi del Credit Suisse, il successivo salvataggio grazie al matrimonio con Ubs e l'abbattimento dei bond subordinati invece di quello delle azioni, pongono altrettante domande che si possono qui di seguito sintetizzare e che lo stesso Giorgetti e il premier Giorgia Meloni farebbero bene a tenere nella massima considerazione. Se davvero la crisi di Credit Suisse è stata una crisi di liquidità occorre innanzitutto che le autorità svizzere spieghino al mondo, visto che la finanza è ormai interconnessa, come sia stato possibile un caso simile, considerato che le banche elvetiche, un tempo simbolo di sicurezza, non sono sottoposte alla vigilanza comunitaria. In secondo luogo, occorre considerare che il ribaltamento delle priorità a favore degli azionisti di una società, invece di chi gli ha prestato denaro, cioè gli obbligazionisti, fa pendere l'attenzione degli operatori sul mercato del debito e forse in previsione su quello del debito pubblico, dove l'Italia è purtroppo grande protagonista, avendo il terzo debito al mondo ben sopra il 150% del pil. E l'iniziale aumento dello spread sopra quota 200, come il rialzo dei rendimenti dei Btp e i sussulti sui titoli bancari di istituti nazionali pur solidi, lo hanno dimostrato.

Nessun Paese è un'isola nella finanza globale, soprattutto se non è in grado di tagliare il debito, la principale fonte di pericolo per una democrazia. In terzo luogo, occorre capire che la decisione del presidente americano Joe Biden, dopo il crack della Silicon Valley Bank, di estendere la garanzia sui depositi senza limiti espone a rischi il mercato europeo, dove questa garanzia comune non c'è e dove l'Italia può vantare una tutela fino a 100.000 euro per depositante. Infine, alla luce del fatto che le banche centrali più importanti del mondo hanno deciso di fornire tutta la liquidità necessaria, nel senso che non permetteranno al sistema interbancario di inaridirsi, occorre chiedersi, come stanno facendo tanti banchieri, se ci si trova solo di fronte ad una momentanea crisi di fiducia, rientrata dopo le rassicurazioni della Banca Centrale Europea. L'economia come la finanza non sono entità astratte ma dipendono dal fattore umano che è fatto di pulsioni, memoria e appunto fiducia. Si può essere anche la migliore banca del mondo o il Paese più rispettoso dei propri creditori del pianeta, ma se manca la fiducia dei propri clienti e correntisti tutto viene meno.

Ed oggi non c'è bisogno di vedere le file fuori da una banca per capire che è in corso una crisi di fiducia: con un semplice click i clienti possono decretare la sfiducia in un istituto di credito, ritirando i propri depositi. Sono gli inconvenienti del dominio digitale che Steve Jobs declinò in tempi non sospetti con un paradosso: il credito è necessario, le banche no. Per smentire il creatore di Apple le autorità monetarie europee devono dimostrare di aver capito la lezione del 2008 e del fallimento di Lehman Brothers, occupandosi più della fiducia delle persone che degli indicatori monetari. Essi possono segnare il bello quando sono già sopra le nostre teste le nubi che portano la burrasca.

alu

 

(END) Dow Jones Newswires

March 21, 2023 03:54 ET (07:54 GMT)

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