Auto: Stellantis, Renault e Byd fanno rotta sull'India (Mi.Fi)
16 Gennaio 2023 - 09:23AM
MF Dow Jones (Italiano)
L'anno scorso Carlos Tavares si è recato per due volte in visita
ufficiale in India. Lo spazio ritagliato nell'agenda dal manager
testimonia il ruolo cruciale nei piani di Stellantis, che ha
investito nel paese oltre un miliardo di euro.
Il gruppo nato dalla fusione fra Fiat-Chrysler e Peugeot non è
il solo a cercare spazio nel subcontinente. Secondo indiscrezioni,
anche Renault sta valutando di avviare in India la produzione di
veicoli elettrici destinati al mercato di massa. Al recente salone
di New Delhi hanno poi sfilato molti costruttori stranieri: la
giapponese Suzuki, la sudcoreana Hyundai, le cinesi Byd e Saic.
Perché tante case stanno facendo rotta per l'India? S&P ha
appena certificato che il paese è diventato il terzo mercato al
mondo per la vendita di auto. Nel 2022 le immatricolazioni hanno
superato le 4,2 milioni di unità, con una crescita del 22% che ha
consentito il sorpasso sul Giappone.
Stati Uniti e Cina restano molto lontane per volumi assoluti, ma
l'India pare offrire le migliori prospettive di crescita, specie
nell'elettrico. Oggi le vendite di vetture a batteria rappresentano
meno dell'1% del totale, ma il governo di Narendra Modi ha fissato
l'obiettivo di raggiungere una quota di mercato del 30% entro il
2030. E ha approvato sussidi all'acquisto e incentivi alla
produzione locale di veicoli elettrici. Tanto non è però
sufficiente a spiegare il ritrovato fascino dell'India agli occhi
dei costruttori. Già in passato, del resto, alcuni gruppi
occidentali hanno tentato di sfondare nel mercato locale, salvo
trovarsi costretti a precipitose retromarce. Nel 2021, per esempio,
Ford ha deciso di accollarsi 2 miliardi di dollari di extra-costi
pur di chiudere tutti gli stabilimenti nel paese ed evitare
ulteriori perdite. Va detto infatti che il subcontinente è stato
spesso incline al protezionismo e i suoi consumatori sono
tradizionalmente poco attratti dai modelli di alta gamma, da cui le
case europee e statunitensi traggono i maggiori profitti.
Gli investimenti di Stellantis, Suzuki e Renault nelle fabbriche
indiane hanno dunque un altro movente, forse preponderante: le
esportazioni. Tavares lo ha detto chiaramente nel corso dell'ultimo
viaggio nella città di Chennai, nell'India meridionale. «Finora,
l'Europa non è stata in grado di produrre veicoli elettrici a
prezzi accessibili», ha rimarcato il manager portoghese. «La grande
opportunità per l'India sarebbe quella di vendere auto compatte
elettriche a un prezzo accessibile: questo è ciò a cui stiamo
lavorando, ma non è ancora deciso». Analoghi ragionamenti sarebbero
dietro anche alla scelta di Renault di avviare l'assemblaggio di
utilitarie elettriche nel paese.
Nelle strategie di alcuni costruttori, insomma, l'India potrebbe
diventare un polo produttivo per auto elettriche a basso costo da
esportare in tutto il mondo. E così prendere il posto della Cina
che, complici il declino demografico e le tensioni geopolitiche,
non pare poter né voler più svolgere il ruolo di fabbrica globale.
Anzi, Pechino e i suoi nuovi costruttori (Geely, Byd, Nio) sono
pronti a muovere concorrenza spietata ai costruttori occidentali
nel mercato dell'auto elettrica.
Di recente, l'allarme è stato ribadito da Patrick Koller, il
numero uno di Forvia, fra i principali fornitori di componenti auto
per Stellantis e altre case occidentali. L'amministratore delegato
della società nata dall'aggregazione fra la francese Faurecia e la
tedesca Hella ha calcolato che la produzione di un'auto elettrica
in Cina richieda 10 mila euro in meno che in Europa a causa dei
minori costi per energia, manodopera, ricerca e sviluppo. I dati di
Jato Dynamics lo confermano. Secondo la società di consulenza, il
prezzo medio delle auto elettriche è salito in Ue da 48.942 a
55.821 euro fra 2015 e 2022 e negli Stati Uniti da 53.038 a 63.864;
in Cina è sceso a 31.829 da 66.819 euro, al di sotto dei modelli
alimentati a benzina.
Un divario competitivo che alla lunga e a meno di correttivi
potrebbe spingere le case occidentali fuori dal mercato di massa.
Da qui la ricerca di un'alternativa in India che, con Vietnam e
Indonesia, appare la candidata ideale a soppiantare la Cina. Il
vantaggio di Pechino nella transizione elettrica non dipende però
soltanto dai minori costi di produzione, ma anche e soprattutto
dalla disponibilità di materie prime e da una filiera
d'avanguardia. Secondo un'analisi di Goldman Sachs, la Cina
controlla il 70% della produzione di batterie per auto e detiene
riserve rilevanti di metalli e terre rare, direttamente o tramite
partecipazioni azionarie in compagnie minerarie straniere. Inoltre
domina i processi la trasformazione di questi materiali in
componenti di base per batterie, con quote di mercato del 77% nei
catodi e dell'87% negli anodi. La strada verso Nuova Delhi è più in
salita di quanto i piani di Stellantis & co lascino
immaginare.
alu
fine
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