Ilva: cinesi interessati, ma vogliono presenza Stato (Stampa)
09 Dicembre 2019 - 9:35AM
MF Dow Jones (Italiano)
Il piano B del governo italiano per salvare e rilanciare la
siderurgia italiana va avanti. E guarda sempre più a Oriente, alla
Cina. Lo scrive La Stampa spiegando che di fronte al comportamento
altalenante del gruppo ArcelorMittal e alla controversa gestione,
della trattativa e degli impianti ex Ilva, da parte del neo
amministratore delegato Lucia Morselli, a Roma non sono rimasti,
una volta tanto, con le mani in mano. E si sono attrezzati per
essere pronti a fare a meno del colosso franco-indiano, numero uno
nella hit mondiale dell'acciaio.
Per prima cosa il ministero dello Sviluppo economico si è
affidato a un manager esperto come Francesco Caio, presidente di
Saipem ed ex amministratore delegato di Poste, come superconsulente
per condurre le trattative con Arcelor Mittal. Con un chiaro
obiettivo: trasformare il suo incarico in commissario dell'Ilva se
e quando il gruppo che fa capo alla famiglia Mittal uscirà di
scena. Un modo per dire alla controparte che l'Italia non ha
nessuna intenzione di chiudere Taranto, eventualità che invece non
dispiacerebbe ad ArcelorMittal, ingolosita dalla possibilità di
eliminare un possibile concorrente da 8 milioni di tonnellate di
produzione. Un segnale anche per la coriacea Morselli che non
disdegnerebbe di trasformarsi da ad a commissario.
Il mandato per Caio, a quel punto, sarebbe di ristrutturare
l'azienda, senza fare macelleria sociale, e di portare avanti il
piano di risanamento ambientale di Taranto. Inevitabile utilizzare
risorse pubbliche che prefigurano di fatto a una nazionalizzazione
a tempo. Con l'obiettivo finale di trovare un nuovo soggetto
privato al quale affidare gli impianti. E qui entrano in gioco i
cinesi, che complessivamente realizzano più del 50% della
produzione mondiale, contano 6 aziende fra le prime dieci del
mondo.
All'indomani dell'annuncio choc della famiglia Mittal che
annunciava 5 mila esuberi all'ex Ilva, con un dimezzamento della
capacità produttiva di Taranto (a 4,5 milioni di tonnellate) il
ministro degli Esteri Luigi Di Maio, compagno di partito del
titolare del Mise, Stefano Patuanelli, ha attivato un contatto
istituzionale per contattare il governo cinese e sondare la
disponibilità dei suoi colossi siderurgici a intervenire nell'Ilva.
Il riscontro, secondo quanto risulta al quotidiano, sarebbe stato
positivo. A una condizione: una significativa presenza dello Stato
italiano o di una sua emanazione (Invitalia, ad esempio) nella
compagine azionaria. Nel 2000 la Cina produceva 128 milioni di
tonnellate di acciaio, nel 2018 ne ha prodotte 928 milioni di
tonnellate. Negli ultimi 8 anni la capacità installata, tutta con
impianti nuovi e spesso all'avanguardia, è stata di 290 milioni di
tonnellate. Avviata una fase di ristrutturazione imposta dal
governo cinese per razionalizzare il settore e chiudere gli
stabilimenti più impattanti dal punto di vista ambientale, da
qualche anno le principali aziende hanno incominciato
ad acquisire o realizzare impianti al di fuori del perimetro
domestico.
Con Taranto, prosegue il quotidiano, i cinesi entrerebbero nel
cuore della siderurgia europea, al centro del Mediterraneo. Più che
un concorrente, uno spauracchio per ArcelorMittal. Quanto alle
possibili valutazioni di Bruxelles, ci sarebbero le condizioni per
proporre alla Commissione Europea un piano di ristrutturazione
della siderurgia italiana nel suo complesso che, a fronte di
chiusure di capacità produttiva, preveda la possibilità di
incentivi, aiuti pubblici e finanziamenti per le attività di
riconversione.
vs
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December 09, 2019 03:20 ET (08:20 GMT)
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