Wall Street prosegue contrastata, con l'attenzione degli investitori concentrata sulle prime trimestrali societarie, in particolare quelle delle grandi banche. Jp Morgan e Citigroup hanno battuto le attese, mentre Wells Fargo ha deluso per gli accantonamenti legali.

Inoltre, il mercato attende per domani la firma dell'accordo commerciale di 'Fase 1' tra Stati Uniti e Cina. "Il mood nel complesso è positivo, ma sarà fondamentale capire quali sono di preciso i termini reali dell'intesa", afferma Edward Park, deputy chief investment officer di Brooks Macdonald Asset Management.

Il Dow Jones avanza dello 0,24% e l'S&P 500 arretra dello 0,08%. Il Nasdaq Composite cede lo 0,16%.

I risultati dei principali istituti finanziari sono attentamente monitorati dagli investitori in quanto visti come un barometro della salute dell'economia degli Stati Uniti.

"Su base annua i risultati sono ottimi, ma non bisogna dimenticare che l'ultimo trimestre del 2018 era stato un vero disastro", commenta JJ Kinahan, chief market strategist di TD Ameritrade. Tuttavia, "si tratta comunque di un buon modo di iniziare la stagione delle trimestrali".

Jp Morgan Chase ha registrato un incremento del 21% sull'utile del quarto trimestre battendo le attese del mercato. La piú grande banca statunitense ha contabilizzato un utile di 8,52 miliardi di dollari, ovvero 2,57 dollari ad azione, al di sopra dei 2,35 usd ad azione attesi dagli analisti di FactSet.

L'utile netto di Citigroup è cresciuto del 15% nel 4* trimestre, battendo le previsioni degli analisti, grazie alla solida performance dell'investment banking. Nello specifico l'ultima riga del conto economico della banca di New York si è attestata a 4,98 miliardi di dollari, pari a 2,15 per azione, che includono un impatto positivo sul fronte fiscale pari a 0,25 centesimi.

L'ultima riga di bilancio di Wells Fargo è stata invece sotto le attese degli analisti, con un Eps di 60 cent/azione rispetto agli 1,12 usd/azione previsti dal consenso. L'utile netto si è piú che dimezzato a 2,87 mld usd, anche a causa di una posta straordinaria da 1,5 mld per costi legali legati allo scandalo sui conti fantasma scoppiato nel 2016.

L'inflazione negli Stati Uniti è salita a dicembre dello 0,2% a livello mensile e del 2,3% su base annuale. Il dato è in linea con il consenso degli economisti. Lo ha reso noto il Dipartimento del Lavoro Usa, aggiungendo che l'indice dei prezzi al consumo core, attentamente monitorato dalla Fed, è cresciuto dello 0,1% m/m e del 2,3% a/a (+0,2% m/m e +2,3% a/a il consenso).

L'inflazione negli Stati Uniti "è stata un pò piú debole del previsto a dicembre", commenta James Knightley, Chief International Economist di Ing, avvertendo però come, visto "il dato headline e quello core ancora al 2,3% a/a e la crescita dei salari che si è indebolita al 2,9% a/a, assisteremo a una diminuzione del potere d'acquisto delle famiglie".

Secondo l'esperto questo "probabilmente limiterá il rialzo della spesa per consumi e della crescita del Pil" Usa nel 2020.

Sul fronte valutario, il cambio euro/usd è in calo a 1,1126.

Sull'obbligazionario il rendimento del T-Note decennale è dell'1,818%, mentre quello del biennale è dell'1,58%.

lus

 

(END) Dow Jones Newswires

January 14, 2020 11:13 ET (16:13 GMT)

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