Nel giorno in cui è stato completato il nuovo ponte sul Polcevera, Pietro Salini, amministratore delegato di Salini Impregilo, che ha costruito il viadotto assieme a Fincantieri, lancia la sua idea per sbloccare le opere in tutto il Paese. Un general contractor a cui potranno partecipare tutte le aziende interessate a occuparsi della manutenzione del Paese.

Domanda. Dottor Salini, il Ponte sul Polcevera ha fatto il miracolo di mettere tutti d'accordo per una volta. Qual è la formula magica?

Risposta. Il successo. Quando le cose funzionano bene mettono tutti d'accordo. Il ponte è bello, costruito bene, sono tutti allineati e i primi a essere contenti sono i cittadini.

D. Il modello Genova funziona...

R. Sì, perché è stato gestito da chi lo sa fare, ha incontrato pochi ostacoli, ha potuto contare su una grande concordia. E perché ha pagato. In Italia le opere pubbliche sono ferme perché non si paga. Il commissario prende decisioni in via ordinaria però le prende. Mentre nel resto del Paese non si prendono.

D. L'esperienza è replicabile?

R. Lo è ovunque, con un sistema di project management chiaro, in cui ci si confronta con obiettivi, target misurabili e ogni giorno si affrontano eventuali imprevisti e si recuperano tempo e risorse . E' questo è quello che serve.

D. Per farlo serve una legge?

R. Si potrebbe fare da domani dotando una persona che non ha paura del potere di fare le infrastrutture. Noi abbiamo proposto proprio oggi (ieri, ndr) al premier Conte la creazione di una società aperta a tutte le aziende interessate a partecipare alla manutenzione del Paese, per far ripartire le infrastrutture.

D. Una cosa diversa da Progetto Italia?

R. Sì, una cosa diversa. Si tratterebbe di una sorta di general contractor che in base a un contratto quadro affiderebbe alle società partecipanti i progetti da realizzare, distribuendo compiti in base ai territori, alle competenze. Parliamo di lavori per 8 miliardi l'anno e non solo per le costruzioni, penso anche alla banda larga per esempio. Tutto quello che serve al Paese.

D. Un piano Marshall, o piano Conte come lo ha chiamato lei: ma i soldi?

R. Solo di fondi Fas riprogrammabili e senza più il vincolo del cofinanziamento, abbiamo ancora 28 miliardi. Ho anche proposto un piano da 10 mila posti di ospedali Covid per gestire emergenze come quelle vissute, che purtroppo potrebbero ripresentarsi. Sa quanto costerebbero?

D. No quanto?

R. Un miliardo e mezzo, solo il 3% di quanto ci rimane dai fondi europei. E ci sono ancora 11 miliardi pronti da spendere fra ministero delle Infrastrutture, Rfi e Anas. Non è vero che i soldi non ci sono.

D. Progetto Italia dovrà rivedere il business plan?

R. Se riusciremo a far partire il grande piano per le infrastrutture che accennavo, non solo non rivedremo i piani ma potremmo essere motore crescita e portare la nostra esperienza internazionale su questo progetto italiano. Ad ogni modo i nostri lavori sono pluriennali e risentono poco di questi shock, al momento non ci sono alle viste grandi cambiamenti sul piano. Ma vedremo cosa accadrà, come usciremo dalla crisi.

red

 

(END) Dow Jones Newswires

April 29, 2020 02:06 ET (06:06 GMT)

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