L'Italia avanza nel venture capital ma è ancora una Cenerentola rispetto agli altri Paesi. Eppure i capitali di ventura sono fondamentali per sostenere chi vuole lanciare startup e aziende ad alto potenziale di innovazione tecnologica. Ma tra tassi in crescita e un tessuto politico che non agevola le scommesse in ricerca e sviluppo - come la proposta di legge sul bando preventivo non solo alla produzione e commercializzazione della cosiddetta "carne coltivata" ma anche al finanziamento della ricerca - il settore in Italia soffre. "Serve un sostegno di sistema", spiega Massimiliano Magrini, managing director di United Ventures, uno dei protagonisti del venture capital italiano, a MF-Milano Finanza. "Non è una semplice asset class finanziaria; il venture capital è uno strumento fondamentale per la competitività industriale e tecnologica, l'occupazione qualificata e il progresso economico e sociale dei Paesi". United Ventures, fondata nel 2013, gestisce 360 milioni su tre fondi investiti in 36 società tecnologiche, tra cui Moneyfarm, Datrix, Cloud4Wi, Young Platform, Everli, Electra Vehicles, mentre le uscite da Musixmatch e Faceit hanno reso rispettivamente 14 e 7 volte l'investimento. Ora United Ventures sta per lanciare il quarto fondo, che ha raccolto oltre 500 milioni.

Domanda. Magrini, come fotograferebbe oggi lo stato del venture capital?

Risposta. C'è stata una radicale trasformazione negli ultimi decenni, da settore di nicchia a industria globale dell'innovazione finanziaria. Dopo un 2021 di crescita vertiginosa legata a doppio filo all'accelerazione digitale innescata dalla pandemia, il 2022 ha visto una brusca frenata. Ora, nell'assetto geopolitico che vede l'Europa sempre più competitiva sul piano tecnologico accanto a Stati Uniti e Cina, soprattutto in settori cruciali come il deep tech e il climate tech, il venture capital necessita di un costante adattamento.

D. Questo lo stato generale. L'Italia come è messa?

R. Con oltre 2 miliardi raccolti da startup italiane, il 2022 è stato un anno record per il mercato del venture capital. Ma l'investimento pro capite è stato di 35 euro contro i 61 in Spagna, i 150 in Francia e Germania e i 370 nel Regno Unito. Insomma, l'enorme potenziale innovativo dell'Italia rimane perlopiù inespresso.

D. L'Italia è quindi destinata a restare indietro? Ed è un problema di mancanza di domanda di denaro per investimenti o di investitori che guardano con maggior favore altrove?

R. Rispetto ai 27 miliardi raccolti in Gran Bretagna e ai 19 miliardi in Francia e Benelux, certamente l'Italia rischia di restare indietro. Il problema è sia di domanda insufficiente di capitali per le startup innovative sia di una mentalità conservatrice degli investitori. La domanda di investimenti è limitata dalla difficoltà delle startup a attrarre capitali: gli investitori istituzionali e privati sono poco propensi a finanziare progetti innovativi ad alto rischio e tendono a guardare con maggior favore ai tradizionali mercati finanziari esteri dove ci sono ecosistemi più maturi per l'innovazione, migliore cultura imprenditoriale e politiche più favorevoli.

D. Come si inverte questa tendenza?

R. All'Italia serve un cambio di passo, con una combinazione coerente di politiche pubbliche a sostegno sia dell'offerta di capitali da parte degli investitori sia della domanda di investimenti sul mercato da parte delle aziende. Solo così possiamo sbloccare il circolo virtuoso tra startup, investitori, politiche e trasformazione tecnologica del Paese. Dobbiamo passare da un modello incentrato sui sussidi a uno di supporto imprenditoriale basato sul capitale di rischio. E bisogna collaudare nuove partnership tra pubblico e privato.

D. Concretamente, quali politiche servirebbero a voi investitori e quali invece a chi vuole avviare una startup?

R. Servono politiche che stimolino il funding e l'attrattività di capitali: deduzioni su ricerca e sviluppo, brevetti e startup innovative. Servono poi crediti fiscali per chi investe in queste aziende, un contratto di lavoro specifico e iniziative statali di co-investimento per ridurre il rischio per gli investitori privati.

D. E invece di che cosa hanno bisogno gli investitori come voi?

R. Agli investitori servono politiche che favoriscano il coraggio e l'attrattività di nuovi capitali nel Paese: incentivi fiscali mirati per investire in quella che io chiamo "economia reale innovativa" cioè in fondi di venture capital o in società neoquotate, sostenendo la nascita e lo sviluppo di imprese innovative. Serve un'esenzione sui capital gain generati in Italia dagli investimenti in venture capital e private equity, come accade in Gran Bretagna, Stati Uniti e altri Paesi. E serve una semplificazione della burocrazia per attrarre capitali esteri.

D. Mi può fare degli esempi, secondo lei da seguire, di società tech europee nate grazie al venture capital?

R. DeepL, il traduttore linguistico basato sull'intelligenza artificiale con sede in Germania, ha raccolto a inizio anno oltre 100 milioni di dollari con una valutazione superiore a 1 miliardo di dollari. La startup francese Ynsect, specializzata nell'allevamento di insetti, ha raccolto 175 milioni di dollari.

D. Ecco: gli insetti. L'Italia, da un lato con la proposta di legge contro la carne coltivata e dall'altro con il blocco di ChatGpt da parte del Garante della privacy, sta dando segnali di andare nella direzione opposta a quella auspicata dai venture capitalist?

R. L'approccio corretto nei confronti dell'innovazione è quello delle sandbox, ovvero framework legislativi che consentano la sperimentazione monitorando i potenziali effetti negativi e consentendo al legislatore di intervenire a ragion veduta. Intervenire in maniera preventiva al di fuori di un contesto condiviso con altri Paesi può portare a uno svantaggio competitivo per le imprese italiane. Senza queste componenti non si gioca la Champions League ma solo campionati provinciali marginali.

D. Quanto i tassi di interesse alti rendono più difficile il lavoro di un venture capital? Che segnali avete sul 2023 in Italia e in generale nel settore?

R. I tassi bassi hanno consentito la crescita del venture capital a livello globale, in cui sono entrati molti operatori che hanno effettuato scelte in modalità più tattica che strategica. L'aumento dei tassi sarà un forte equalizzatore di tali dinamiche. I fondi europei hanno raccolto complessivamente più di 20 miliardi in ciascuno degli ultimi quattro anni, ma nel primo trimestre 2023 sono stati raccolti solo 3,4 miliardi, il minimo dal 2015. Raccogliere un fondo in questo contesto, come stiamo facendo noi, è complesso ma è anche un segnale forte di fiducia in una visione di lungo periodo. Lo sviluppo tecnologico ha un impatto diretto sull'aumento della produttività, che è uno dei problemi storici della nostra economia insieme con la bassa natalità. L'ecosistema delle tecnologie aiuta la produttività, determinando così l'aumento della crescita economica.

red

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2409:23 apr 2023

 

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