Dopo lo strappo di ArcelorMittal che ha lasciato ferma l'asticella degli esuberi a quota 4.700, scatenando una veemente reazione da parte dei sindacati, l'attesa su Ilva ora è per la contro-proposta annunciata dal ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli. Un progetto industriale targato governo, alternativo ad ArcelorMittal, ma anche la risposta tattica all'altrettanto tattica "sparata" iniziale dell'azienda, per scoprire subito tutte le carte e iniziare la partita dell'eventuale accordo.

Il piano di Patuanelli, scrive Repubblica, prevede un iniziale, automatico ritorno all'amministrazione straordinaria Ilva (in molti scommettono sull'investitura a commissario unico di Francesco Caio, il consulente dell'esecutivo nella trattativa) e il coinvolgimento di società pubbliche (Invitalia e Snam in primis) nella transizione tecnologica della fabbrica e nella realizzazione, al di fuori dello stabilimento, del "cantiere Taranto" promesso dall'esecutivo. Il cuore del progetto è appunto la riconversione dell'impianto pugliese a un mix di produzione sostenibile: mantenimento dell'altoforno 4, riattivazione del e sostituzione del 2 (quello sotto i fari della magistratura, ma ormai anche al termine della sua 'vita fisiologica') con un forno elettrico. Dunque una produzione 'ibrida' che garantirebbe, da un lato, un minor impatto ambientale e, dall'altro, di non rinunciare all'acciaio di qualità garantito esclusivamente dal ciclo integrale.

In questo senso, nel piano c'è l'utilizzo del 'preridotto' (minerale trattato con l'idrogeno) per alimentare il forno elettrico, così da alzare il livello qualitativo anche di quell'acciaio, altrimenti impossibile con il classico impiego del rottame. In più il mix consentirebbe risparmi di costi produttivi e energetici, perché il preridotto è utilizzabile pure nell'altoforno (fino a quasi il 20%), e viceversa la ghisa dell'altoforno in quello elettrico (tino al 25%). E perché quest'ultimo, a differenza del ciclo integrale, in caso di crisi della domanda di acciaio può essere spento, vendendo magari il preridotto in eccedenza ad altre aziende siderurgiche italiane. Da questa impostazione tecnologica derivano poi i numeri del piano governativo: un obiettivo di circa 8 tonnellate di acciaio annue e il mantenimento dell'attuale forza lavoro, o un massimo di 1.000 esuberi complessivi fra Taranto (dove resterebbero 7.000-8.000 addetti) e gli altri siti del gruppo dove lavorano complessivamente circa 2.500 persone.

red/alu

 

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December 06, 2019 03:26 ET (08:26 GMT)

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