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Spigolature

- Modificato il 01/12/2017 10:47
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

e di tutto un po'.

gocce di saggezza, briciole di buone letture,

poesia e musica indimenticabile e chi più ne ha più ne metta.

Buona giornata!





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221 di 1003 - 29/1/2015 12:53
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010


QUEL "ROTTAMATORE" DI ULISSE

di Giorgio Ieranò

È l’eroe giusto per i tempi di crisi. Uno che sa cavarsela in ogni situazione, che riesce a inventarsi vie d’uscita inattese quando ormai non sembra esserci più scampo. Accendiamo un cero a Ulisse, invochiamolo come nume protettore. Non per caso è, da sempre, l’eroe di ogni modernità. Theodor Wiesengrund Adorno e Max Horkeimer ne fecero un’incarnazione dello spirito illuminista, l’alfiere della tecnica e del dominio sulla natura. Ma Ulisse non è come Prometeo, che si rivolge all’umanità in astratto, al genere umano, a cui apre la strada del progresso con il dono del fuoco. Ulisse parla agli uomini concreti. È l’individuo con i suoi guai privati, una moglie da cui ritornare, una casa da sottrarre all’avidità altrui. È il cittadino che sa di doversi misurare con il suo prossimo, nell’arena della polis, ed è consapevole che, per prevalere sugli altri, l’astuzia e la retorica contano più della forza bruta.

In Italia, ma non solo in Italia, la figura da Ulisse porta impresso da secoli lo stampo di Dante. È l’eroe titanico dell’"ultimo viaggio" che, per amore del sapere, per seguire "virtute e canoscenza", varca anche le colonne d’Ercole. L’Ulisse degli antichi era diverso. La curiosità, certo, non gli mancava. Ma di Polifemo, di Cariddi e delle sirene avrebbe fatto volentieri a meno. L’Ulisse omerico voleva innanzitutto tornare a casa: ritrovare la moglie, il figlio, il focolare. Voleva uscire dal mondo delle favole e rientrare in quello degli uomini. Quando, secondo la fantasia di Platone nella Repubblica , gli viene offerta la chance di vivere una seconda volta, lui chiede per sé la vita anonima di un uomo comune. Vuole soltanto "riporre le valigie in solaio", come scriverà il geniale Alberto Savinio nel suo Capitano Ulisse . Già l’Odissea, per molti versi, è la storia di un antieroe. Ma siamo soprattutto noi moderni, noi figli del Novecento che, da Giovanni Pascoli in poi, non abbiamo potuto fare a meno di identificarci con l’Ulisse antieroico: l’Ulisse naufrago, l’Ulisse-Nessuno, protagonista di un viaggio senza meta, la cui identità è sempre precaria, sempre in discussione.

Ulisse è l’eroe della "metis", parola greca che indica un tipo di intelligenza pratica capace di trovare, di volta in volta, la soluzione concreta a problemi concreti. Ma le avventure di Ulisse sono anche la matrice di tutte le nostre favole.

L’ultimo, affascinante libro di Valerio Massimo Manfredi , Il giuramento , fa capire quanto questo immaginario sia inesauribile. Manfredi ha la capacità rara di portarti in mezzo agli eroi omerici come fossero persone vive: leggi il suo romanzo e ti pare di essere nella grande sala in ombra del palazzo di Nestore, con il fuoco che crepita nel braciere. Manfredi, come tutti noi, ha simpatia per Ulisse, pure riconoscendone gli aspetti oscuri e ambigui.

Nella storia della cultura occidentale scorre infatti e da sempre anche il fiume di una profonda antipatia per l’eroe. Questa antipatia è antichissima. Nel II secolo d.C., il retore Filostrato si concede una divertita demistificazione del personaggio, rappresentato come un furbo cialtrone. Chi ci assicura che le meravigliose avventure dell’Odissea siano davvero accadute? Noi le conosciamo solo attraverso il racconto che Odisseo fa alla reggia dei Feaci e come possiamo fidarci della parola di un eroe così abile nell’arte della menzogna? Anzi, vi sembra possibile, scrive Filostrato, che "un uomo che aveva già superato l’età dell’amore, camuso, non alto" facesse perdere la testa a ninfe e divinità, a Circe e a Calipso? Le Sirene e i Ciclopi sono tutte favole, inventate, come diceva Luciano di Samosata, da un "maestro di ciarlataneria". Astuto e buon parlatore, Ulisse appare già agli ateniesi del V secolo a.C. come il prototipo dell’uomo politico. Un gran comunicatore, disinvolto e spregiudicato. Nelle tragedie di Euripide lo troviamo descritto come "uno che sta sempre dalla parte della massa". Ecuba, la regina di Troia, la città che fu distrutta da Ulisse con l’astuzia del cavallo di legno, lo insulta così: "Demagoghi, razza d’ingrati, in caccia solo del favore popolare! Non vi importa di ingannare il prossimo: a voi basta compiacere la folla con i vostri discorsi". Ulisse sarebbe stato, ai giorni nostri, un perfetto rottamatore. Se non fosse che aveva il difetto di amare molto l’ordine costituito. Nel Troilo e Cressida di William Shakespeare, gli sono affidati due discorsi che sono piccoli gioielli della retorica teatrale scespiriana: uno sulla gerarchia e l’altro sul tempo. O, meglio, uno sulla mancanza di gerarchia, sul disordine connaturato alla vicenda umana, e l’altro su come il tempo corroda dall’interno e dissolva ogni pretesa dell’uomo di costituire la sua vita come qualcosa di duraturo. Forse perché condannato, nei suoi mitologici vagabondaggi, a sperimentare la precarietà e l’incertezza, Ulisse ci tiene al rispetto delle gerarchie. E quando, nell’Odissea, il popolano Tersite osa criticare il capo supremo Agamennone, accusandolo di egoismo e avidità, Ulisse lo rimette in riga a bastonate.

Ma quello che differenzia Ulisse dagli altri demagoghi di ieri e di oggi è appunto la consapevolezza della precarietà di ogni destino umano. Ulisse può raccontare bugie a tutti, ma lui alle bugie non crede. Egli sa, come racconta il suo personaggio nell’Aiace di Sofocle, che l’uomo è solo un’ombra vuota, un simulacro. Comprende che se oggi il tuo nemico è nella polvere, e tutti ridono di lui, non devi gioirne perché domani la stessa sorte toccherà a te.

Nel suo lucido disincanto, Ulisse sa che tutti sono mossi da ambizioni meschine anche quando s’impennacchiano con la gloria e l’ideale. Nel Troilo e Cressida, alla fine il suo punto di vista non è molto diverso da quello di Tersite, con il quale sembra infine riconciliarsi nello sguardo impietoso e antiretorico sulla grande epopea della guerra di Troia: «All the argument is a whore and a cuckold», tutto si riduce alla storia di una puttana e di un cornuto. E se l’epopea troiana era tutto qui, figuriamoci come Ulisse e Tersite avrebbero giudicato le nostre piccole baruffe italiane.
222 di 1003 - 18/3/2017 12:37
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

LA COLLINA

Dove sono Elmer, Herman, Bert, Tom e Charley,
l'abulico, l'atletico, il buffone, l'ubriacone, il rissoso?
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Uno trapassò in una febbre,
uno fu arso in miniera,
uno fu ucciso in rissa,
uno morì in prigione,
uno cadde da un ponte lavorando per i suoi cari -
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono Ella, Kate, Mag, Edith e Lizzie,
la tenera, la semplice, la vociona, l'orgogliosa, la felicie?
Tutte, tutte, dormono sulla collina.

Una morì di un parto illecito,
una di amore contrastato,
una sotto le mani di un bruto in un bordello,
una di orgoglio spezzato, mentre anelava al suo ideale,
una inseguendo la vita, lontano, in Londra e Parigi,
ma fu riportata nel piccolo spazio con Ella, con Kate, con Mag -
tutt, tutte dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dove sono zio Isaac e la zia Emily,
e il vecchio Towny Kincaid e Sevigne Houghton,
e il maggiore Walker che aveva conosciuto
uomini venerabili della Rivoluzione? *
Tutti, tutti, dormono sulla collina.

Li riportarono, figlioli morti, dalla guerra,
e figlie infrante dalla vita,
e i loro bimbi orfani, piangenti -
tutti, tutti dormono, dormono, dormono sulla collina.

Dov'è quel vecchio suonatore Jones
che giocò con la vita per tutti i novant'anni,
fronteggiando il nevischio a petto nudo,
bevendo, facendo chiasso, non pensando né a moglie né a parenti,
né al denaro, né all'amore, né al cielo?
Eccolo! Ciancia delle fritture di tanti anni fa,
delle corse di tanti anni fa nel Boschetto di Clary,
di ciò che Abe Lincoln
disse una volta a Springfield.

* La guerra per l'indipendenza dall'Inghilterra vinta nel 1776, che sotto la guida di George Washington portò alla costituzione degli Stati Uniti.
223 di 1003 - 18/3/2017 12:53
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
LAMENTARSI RENDE STUPIDI è scientificamente provato

di Kris Grove
Cervello, Psicologia



Recenti ricerche scientifiche fatte anche alla Stanford University hanno dimostrato che ascoltare per più di 30 minuti al giorno contenuti intrisi di “negatività” nuoce a livello cerebrale. La lamentela viene processata in quella parte di cervello dedicata alle funzioni cognitive normalmente usata per risolvere i problemi e la sua presenza causa letteralmente una rimozione di neuroni.
Senza prestare attenzione al nutrimento che diamo al nostro cervello i neuroni sono a rischio e il malessere è garantito. Un ulteriore studio di Eurodap sostiene che il 90% degli italiani vive in un costante stato di allarme. I media mettono in primo piano informazioni allarmanti, tragiche e scabrose, fornendo una selezione che può solo incoraggiare gli stati d’ansia e tensione come concimi per la paura, la disillusione e la perdita di speranza. Ma, secondo quanto emerso dalle ultime ricerche, anche l’esporsi a negatività durante quella che dovrebbe essere una semplice pausa caffè, può avere lo stesso effetto “nocivo”. Basti pensare ai tipici monologhi tra colleghi:
“Non se ne può più!”
“Qui non cambia mai niente!”
“Bisogna scappar via subito da questo Paese!”
Per una forma di cortesia o per desiderio di compiacere, ci ritroviamo ad annuire e a subire, e senza nemmeno rendercene conto a rinforzare e incoraggiare lo “stato di lamentela”. Che è molto diverso dal prendere coscienza e condividere la ricerca di soluzioni.
Ecco l’amara verità decretata dalla ricerca: le vibrazioni emesse da chi si “lamenta” in nostra presenza emettono onde magnetiche sui neuroni dell’ippocampo del ricevente (i neuroni risolutori di problemi) spegnendoli. I suoi e i nostri.
I neuroni, i nostri “paladini e soldati dell’intelligenza” vanno in modalità off perché il nostro cervello, che cataloga gli impulsi ricevuti, reputa la lamentela un contenuto di basso livello. E se i neuroni si spengono, non è difficile immaginare quanto questo sia a discapito delle capacità cognitive, intellettive, umorali. Conseguentemente sarà facile perdere colpi in creatività e in capacità di risolvere agilmente i problemi o uscire da situazioni critiche utilizzando inventiva e immaginazione di possibili soluzioni.

Per confermare queste ultime ricerche e anche per avere qualche chiarimento in materia, ho intervistato la Dottoressa Erica Francesca Poli. La dottoressa mi ha raccontato che nutrire il cervello con pensieri negativi equivale a rinforzare le stesse reti neurali che hanno provocato il disagio iniziale, innescando un circolo vizioso da cui poi è difficilissimo uscire. Al contrario è proprio lo sforzo di superare un momento di crisi che crea nuove prospettive e nuove reti neurali.
Neuroplasticità come elisir di giovinezza
Le persone che scelgono consapevolmente di trasformare le cosiddette “crisi in opportunità” sono di fatto i benefattori della neuroplasticità del loro cervello. Veri e propri architetti di reti neurali.
Per sbloccare le situazioni difficili Dottoressa Poli sugerisce di evitare situazioni e persone lamentose per definizione. Oltre al danno cerebrale, più tempo passiamo con una persona negativa, più è probabile che imiteremo il suo comportamento.
E per prevenire quanti penseranno che questo sia il solito post di “positività gratuita”, e che qui non c’è niente di cui essere fiduciosi, e che i fatti sono sotto i nostri occhi… Ecco vorrei dire che: una cosa è avere la capacità di vedere le negatività che abbiamo intorno, e un’altra è vedere le cose negativamente. Abbiamo il nostro cervello, usiamolo per trovare soluzioni alle negatività.

Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così. Solo che, quando si tratta di rimboccarsi le maniche e incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è allora che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.
Giovanni Falcone
224 di 1003 - 18/3/2017 13:20
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
ERASMO DA ROTTERDAM – Elogio della Follia –


LA FOLLIA ESORDISCE E SPIEGA COME IMPOSTERÀ IL SUO DISCORSO

Checché se ne dica, ecco la prova decisiva che io sola, la Follia, sono in grado di tenere allegro il genere umano. Infatti, non appena mi sono presentata a questa affollatissima assemblea, con indosso la divisa variopinta dei buffoni e sul capo il classico berretto a sonagli, i vostri volti si sono illuminati e mi avete applaudito con entusiasmo, dimenticando le vostre angosce. È bastata la mia presenza.
Fra poco capirete perché sono venuta qui oggi, folleggiando anche nel vestire. Ma dovete seguirmi con ben altra attenzione di quella che riservate in chiesa ai predicatori, o in teatro agli attori, o in piazza ai ciarlatani.
M’ispirerò all’antico genere encomiastico e quindi ascolterete un elogio, ma non quello di un personaggio famoso, bensì il mio: l’elogio della Follia. Né mi curo dei sapientoni che dànno del pazzoide a chi si loda svisceratamente da sé. Che c’è di più coerente della Follia che canta le proprie lodi? Chi mi conosce meglio di me? E non è meglio lodarsi che farsi lodare dagli altri, magari in cambio di qualcosa? E poi, se nessuno mi loda, perché non dovrei lodarmi da me?
Si sa che la gente è ingrata. Tutti mi corteggiano e si servono di me, ma nessuno ha il coraggio di fare un bell’elogio della Follia.
Ebbene, aspettatevi da me un discorso estemporaneo, non elaborato, perché mi piace dire quel che mi salta in mente. Non faccio come quegli oratori che fanno finta di parlare a braccio, mentre si sono scervellati per ore a preparare il loro discorso.
Perciò non vi annoierò con la definizione di me stessa. Perché dovrei indicare i miei limiti se il mio potere è sconfinato? Una definizione di me non potrebbe che essere riduttiva e non farebbe che offuscare un’immagine che avete sempre chiarissima davanti agli occhi.
Il mio volto non vi basta a capire che sono un’autentica dispensatrice di beni? Non vedete il mio sguardo, che è lo specchio del mio animo? Io non riesco a mostrare in volto una cosa, mentre ne ho un’altra nel cuore.

È LA FOLLIA CHE GARANTISCE LA CONTINUITÀ DEL GENERE UMANO

Orbene, che cosa può esserci di più dolce e prezioso della vita? Ma a chi, se non a me, va il merito della sua riproduzione?
Posso essere più esplicita, secondo il mio costume? È forse con la testa, col volto, col cuore, con le mani, con le orecchie (parti che tutte si possono nominare con decoro) che si generano gli esseri umani? No davvero! Propagatrice del genere umano è quella parte così buffa che non si può nominare senza ridere. E, ditemi, quale uomo porgerebbe il collo al capestro del matrimonio se prima ne considerasse gli svantaggi? Quale donna accosterebbe un uomo, se conoscesse e avesse in mente i pericolosi travagli del parto e i fastidi di allevare i figli? Perciò, se dovete la vita al matrimonio, cercate di capire quello che dovete a me. D’altra parte quale donna dopo la prima esperienza vorrebbe riprovarci, se non ci fosse il mio aiuto?
È così che sono nati anche i grandi filosofi (ai quali adesso sono subentrati i teologi), i re, i santi e i papi, che sono i più santi di tutti, tanto che già da vivi si fanno chiamare «santità».

LA FOLLIA RENDE PIACEVOLE LA VITA CHE ALTRIMENTI SAREBBE INSOPPORTABILE

Ma non solo la riproduzione della vita, anche tutto quello che nella vita vi è di piacevole, lo si deve a me.
Se togliete il piacere alla vita, che rimane?
E non fatevi confondere da quelli che predicano contro il piacere. Fanno finta, per distoglierne gli altri e tenerselo tutto per sé.
Ditemi voi, quale momento della vita non sarebbe triste, difficile, brutto, insipido, tedioso senza il piacere, cioè senza un pizzico di follia?
Tanto per cominciare, chi non sa che l’infanzia è la più lieta e gradevole delle età dell’uomo? Che cos’hanno i bambini per indurci a baciarli e a vezzeggiarli? Che cosa, se non quella grazia che la natura provvidamente infonde nei neonati in modo che possano conciliarsi la simpatia di chi li deve accudire e proteggere?
E l’adolescenza non piace a tutti? Non è forse merito mio se gli adolescenti sono così privi di senno e perciò sono sempre di buonumore? Ma va detto che gli adolescenti, con l’esperienza e l’educazione, rapidamente maturano e vien meno il loro fascino. Più si allontanano da me e meno vivono felici.
Fino a che non sopraggiunge la penosa vecchiaia. Tanto penosa che nessuno riuscirebbe a sopportarla se, ancora una volta, impietosita da tanto soffrire, io non venissi in aiuto e non riportassi all’infanzia quanti sono prossimi alla tomba. Tanto è vero che il volgo li chiama rimbambiti, cioè bambini di ritorno.
Volete sapere come opero questo prodigio? Non ne faccio misteri. Li faccio bere alla fonte dell’oblio. Così dimenticano le tristi esperienze della vita e tornano a essere felici come bambini.
Grazie a me dicono cose senza senso, come i bambini. Ma è proprio questo che li rende piacevoli. Sono infatti liberi dagli affanni dell’età matura, non avvertono il tedio della vita. Così riscuotono la simpatia degli amici, che gradiscono la loro compagnia. Sono addirittura più simpatici dei bambini, che non sono in grado di sostenere una piacevole conversazione.
Considerate inoltre che ai vecchi piacciono moltissimo i bambini, e ai bambini i vecchi, poiché ogni simile ama il suo simile. In che differiscono se non nelle rughe e negli anni, che nel vecchio sono di più? Per il resto: capelli radi e sbiaditi, bocca senza denti, corporatura ridotta, desiderio di latte, garrulità, mancanza di senno, smemoratezza, irriflessione. E più invecchiano più somigliano ai bambini, finché, come bambini, senza il tedio della vita, senza il senso della morte, lasciano la vita.
Se gli esseri umani si guardassero dalla saggezza e vivessero sempre sotto la mia protezione, la vecchiaia nemmeno ci sarebbe, ma solo un’eterna giovinezza.
Non vi accorgete che gli uomini seri, cogitabondi, impegnati in faccende complicate, consumano la loro linfa vitale?
Soltanto io sono in grado di prolungare la giovinezza, altrimenti fuggevolissima. Quelli del Brabante sono famosi perché si dice che, mentre altrove la maturità è l’età della saggezza, essi più invecchiano e più diventano matti. Non c’è infatti popolazione più gioconda di quella. Ma anche i miei connazionali Olandesi, vicini al Brabante sia geograficamente che nei costumi, si sono ben meritati il soprannome di matti, e ne vanno fieri.
Vadano pure gl’imbecilli a cercare rimedi all’invecchiamento. Solo io possiedo la formula che risuscita la giovinezza svanita, anzi la mantiene per sempre.



225 di 1003 - 19/3/2017 15:32
serpico1 N° messaggi: 213 - Iscritto da: 09/1/2016
il piacere di leggere la signora lella è sempre grande
226 di 1003 - 20/3/2017 15:46
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
Quotando: serpico1 - Post #225 - 19/Mar/2017 14:32il piacere di leggere la signora lella è sempre grande



Grazie molto gentile come sempre! Buona giornata.
227 di 1003 - 20/3/2017 19:37
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
LA CORNACCHIA LIBBERALE

Trilussa

Una Cornacchia nera come un tizzo,
nata e cresciuta drento 'na chiesola,
siccome je pijò lo schiribbizzo
de fa' la libberale e d'uscì sola,
s'infarinò le penne e scappò via
dar finestrino de la sacrestia.

Ammalappena se trovò per aria
coll'ale aperte in faccia a la natura,
sentì quant'era bella e necessaria
la vera libbertà senza tintura:
l'intese così bene che je venne
come un rimorso e se sgrullò le penne.

Naturalmente, doppo la sgrullata,
metà della farina se n'agnede,
ma la metà rimase appiccicata
come una prova de la malafede.
Oh! - disse allora - Mó l'ho fatta bella!
So' bianca e nera come un purcinella...

E se resti così farai furore:
je disse un Merlo - forse te diranno
che sei l'ucello d'un conservatore,
ma nun te crede che te faccia danno:
la mezza tinta adesso va de moda
puro fra l'animali senza coda.

Oggi che la coscenza nazzionale
s'adatta a le finzioni de la vita,
oggi ch'er prete è mezzo libberale
e el libberale è mezzo gesuita,
se resti mezza bianca e mezza nera
vedrai che t'assicuri la cariera.
228 di 1003 - 21/3/2017 12:28
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010


GRAZIE PER ESSERE GENTILE

Un po’ per lavoro ed un po’ per piacere, negli ultimi tempi, mi sono soffermato ad osservare con attenzione le relazioni tra persone. Soprattutto ho prestato maggiore interesse ai comportamenti e atteggiamenti adottati nell'interagire.
C'è una cosa che mi ha colpito più di altre: oggi, ci si meraviglia quando si ricevono attenzioni e gesti cortesi. Ci meraviglia l’essere gentili.
C'è differenza tra essere gentile e gentilezza. L’essere gentile è un valore che costituisce l’essenza del rispetto e dell’importanza che riconosciamo agli altri - lo faccio perché lo sento (io sono). La gentilezza, invece, sono le buone maniere, il bon ton - perché lo devo.
Lo stupore che ho notato nelle persone oggetto di attenzioni e gentilezze dimostra che nessuno più si aspetta che si possa essere gentili nelle normali relazioni quotidiane. Ovvero, non ci si aspetta di interloquire con persone che, per natura e per cultura, sonogentili.
Questa triste realtà è molto attuale. È una caratteristica comune dei nostri tempi, che evidenzia l'imbarbarimento dei comportamenti sociali di cui siamo, anche involontariamente, complici e, nello stesso tempo, vittime. L'imbarbarimento significa che, tutti o quasi, abbiamo smesso di essere gentili.
Ciò che un tempo regolava i modi con cui ci si relazionava, oggi è considerato superfluo. Perché oggi si tende, forse, a semplificare un po’ troppo. La spontaneità di un gesto gentile nei confronti di un'altra persona non è più parte del nostro stare insieme. Non è alla base delle molteplici relazioni che intratteniamo ogni giorno. Oggi, l’essere gentile è considerato un’eccezione, molto spesso, una rarità.
Cedere il proprio posto ad una signora, salutare con un sorriso il vicino di casa, ringraziare un tassista dopo che vi ha portato all’aeroporto alle 6.00 del mattino, fare un complimento sincero al compagno/compagna, sono gesti di un'antica gentilezza, cavalleresca o romantica, di cui oggi abbiamo soltanto dei vaghi ricordi. Oppure li declassiamo a comportamenti obsoleti chiusi in vecchi libri o impressi su pellicole in bianco e nero.
Questa è una verità verificabile con un semplice test che vi invito a fare. Contate il numero di "grazie" che riceverete durante una vostra qualsiasi giornata. Iniziate oggi...durante una qualunque relazione sul posto di lavoro, al bar, a pranzo con gli amici, nelle conversazioni sui social networks, a casa con i vostri cari. Annotate su un quaderno o sullo smartphone ogni "grazie" che riceverete. Fatelo per qualche giorno. Scoprirete che l'indice del "grazie" è in caduta libera.
Purtroppo, durante il test vi accorgerete anche che, la maggior parte delle volte, siete voi stessi a non avere alcuna aspettativa. E a quel punto, avrete iniziato il processo di obsolescenza del vostro essere gentili.
Tuttavia, potete reagire e fare qualcosa per fermare l’obsolescenza. Incominciate a dire un "grazie": al barista che vi dice “ecco il suo caffè”; in ufficio al vostro giovane collaboratore che ieri sera alle 22.00 vi ha inviato una mail con scritto “In allegato il documento per il meeting di domani mattina, con le ultime modifiche concordate. Buonanotte”; a quello sconosciuto che su un aereo vi dice "benvenuto a bordo"; al vostro compagno o compagna, figlio o figlia che ogni mattina vi dice “buongiorno”; all’automobilista che si è fermato per consentirvi di attraversare la strada, e con un gesto della mano vi dice “prego…”; al commesso di un negozio di abbigliamento che vi dice “quest’abito è perfetto indossato da lei”.
Oppure semplicemente rispondete "grazie" a chiunque abbia accettato il vostro invito ad entrare a far parte del vostro network su LinkedIn.
Essere gentile produce dei veri benefici. Scoprirete come piccole attenzioni quotidiane possono produrre effetti positivi nella vostra giornata e nelle interazioni con gli altri. Anche questo, in fondo, è il bello della vita.
Essere gentili e dire “grazie”, con un bel sorriso, è contagioso. Siate un esempio. Altri vi seguiranno e vi ringrazieranno.
Grazie ;-)
Girolamo Ippolito
229 di 1003 - 21/3/2017 13:57
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010

Da "Trattato sulla natura umana" di David Hume

"Le dispute si sono moltiplicate, come se tutto fosse incerto, e queste dispute vengono condotte col massimo calore, come se tutto fosse certo. In tutto questo scompiglio, non è la ragione che conquista il successo, bensì l'eloquenza; e nessuno deve disperare di guadagnare proseliti all'ipotesi più stravagante, se ha arte bastante per rappresentarla sotto colori favorevoli. La vittoria non viene ottenuta dagli uomini armati, i quali maneggiano la picca o la spada; ma dai trombettieri, dai tamburini, dai musicanti dell'esercito."

David Hume

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Oggi più prosaicamente si dice "parlare alla pancia più che al cervello"
230 di 1003 - 21/3/2017 19:03
serpico1 N° messaggi: 213 - Iscritto da: 09/1/2016
Quotando: lella6 - Post #228 - 21/Mar/2017 11:28GRAZIE PER ESSERE GENTILE

Un po’ per lavoro ed un po’ per piacere, negli ultimi tempi, mi sono soffermato ad osservare con attenzione le relazioni tra persone. Soprattutto ho prestato maggiore interesse ai comportamenti e atteggiamenti adottati nell'interagire.
C'è una cosa che mi ha colpito più di altre: oggi, ci si meraviglia quando si ricevono attenzioni e gesti cortesi. Ci meraviglia l’essere gentili.
C'è differenza tra essere gentile e gentilezza. L’essere gentile è un valore che costituisce l’essenza del rispetto e dell’importanza che riconosciamo agli altri - lo faccio perché lo sento (io sono). La gentilezza, invece, sono le buone maniere, il bon ton - perché lo devo.
Lo stupore che ho notato nelle persone oggetto di attenzioni e gentilezze dimostra che nessuno più si aspetta che si possa essere gentili nelle normali relazioni quotidiane. Ovvero, non ci si aspetta di interloquire con persone che, per natura e per cultura, sonogentili.
Questa triste realtà è molto attuale. È una caratteristica comune dei nostri tempi, che evidenzia l'imbarbarimento dei comportamenti sociali di cui siamo, anche involontariamente, complici e, nello stesso tempo, vittime. L'imbarbarimento significa che, tutti o quasi, abbiamo smesso di essere gentili.
Ciò che un tempo regolava i modi con cui ci si relazionava, oggi è considerato superfluo. Perché oggi si tende, forse, a semplificare un po’ troppo. La spontaneità di un gesto gentile nei confronti di un'altra persona non è più parte del nostro stare insieme. Non è alla base delle molteplici relazioni che intratteniamo ogni giorno. Oggi, l’essere gentile è considerato un’eccezione, molto spesso, una rarità.
Cedere il proprio posto ad una signora, salutare con un sorriso il vicino di casa, ringraziare un tassista dopo che vi ha portato all’aeroporto alle 6.00 del mattino, fare un complimento sincero al compagno/compagna, sono gesti di un'antica gentilezza, cavalleresca o romantica, di cui oggi abbiamo soltanto dei vaghi ricordi. Oppure li declassiamo a comportamenti obsoleti chiusi in vecchi libri o impressi su pellicole in bianco e nero.
Questa è una verità verificabile con un semplice test che vi invito a fare. Contate il numero di "grazie" che riceverete durante una vostra qualsiasi giornata. Iniziate oggi...durante una qualunque relazione sul posto di lavoro, al bar, a pranzo con gli amici, nelle conversazioni sui social networks, a casa con i vostri cari. Annotate su un quaderno o sullo smartphone ogni "grazie" che riceverete. Fatelo per qualche giorno. Scoprirete che l'indice del "grazie" è in caduta libera.
Purtroppo, durante il test vi accorgerete anche che, la maggior parte delle volte, siete voi stessi a non avere alcuna aspettativa. E a quel punto, avrete iniziato il processo di obsolescenza del vostro essere gentili.
Tuttavia, potete reagire e fare qualcosa per fermare l’obsolescenza. Incominciate a dire un "grazie": al barista che vi dice “ecco il suo caffè”; in ufficio al vostro giovane collaboratore che ieri sera alle 22.00 vi ha inviato una mail con scritto “In allegato il documento per il meeting di domani mattina, con le ultime modifiche concordate. Buonanotte”; a quello sconosciuto che su un aereo vi dice "benvenuto a bordo"; al vostro compagno o compagna, figlio o figlia che ogni mattina vi dice “buongiorno”; all’automobilista che si è fermato per consentirvi di attraversare la strada, e con un gesto della mano vi dice “prego…”; al commesso di un negozio di abbigliamento che vi dice “quest’abito è perfetto indossato da lei”.
Oppure semplicemente rispondete "grazie" a chiunque abbia accettato il vostro invito ad entrare a far parte del vostro network su LinkedIn.
Essere gentile produce dei veri benefici. Scoprirete come piccole attenzioni quotidiane possono produrre effetti positivi nella vostra giornata e nelle interazioni con gli altri. Anche questo, in fondo, è il bello della vita.
Essere gentili e dire “grazie”, con un bel sorriso, è contagioso. Siate un esempio. Altri vi seguiranno e vi ringrazieranno.
Grazie ;-)
Girolamo Ippolito


devo dirle la verità anche per me i grazie erano un optional però da un periodo a questa parte mi sto impegnando molto di più
231 di 1003 - 28/3/2017 06:48
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
VOGLIAMOCI BENE!!!


Un vecchio arabo residente a Chicago da più o meno quarant'anni vuole piantare delle patate nel suo giardino, ma arare la terra è diventato un lavoro troppo pesante per la sua veneranda età.

Il suo unico figlio, Ahmed, sta studiando in Francia.

Il vecchio manda una e-mail a suo figlio spiegandogli il problema:

"Caro Ahmed sono molto triste perchè non posso piantare patate nel mio giardino quest'anno, sono troppo vecchio per arare la terra.
Se tu fossi qui tutti i miei problemi sarebbero risolti.
So che tu dissoderesti la terra e scaveresti per me.
Ti voglio bene. Tuo padre."

Il giorno dopo il vecchio riceve una e.mail di risposta da suo figlio:

"Caro papà, per tutto l'oro del mondo non toccare la terra del giardino!
Lì è dove ho nascosto ciò che tu sai... Ti voglio bene anch'io. Ahmed".

Alle 4 della mattina seguente arrivano la polizia, gli agenti dell'FBI, della CIA, gli SWAT, i RANGERS, i MARINES, Steven Seagal, Silvester Stallone, Arnold Shwarzenegger ed i massimi esponenti del Pentagono che rivoltano il giardino come un guanto, cercando materiale per costruire bombe,antrace o qualsiasi altra cosa.
Non trovando nulla, se ne vanno con le pive nel sacco....
Lo stesso giorno l'uomo riceve una mail da suo figlio:

"Caro papà, sicuramente la terra adesso è pronta per piantare le patate.
Questo è il meglio che ho potuto fare date le circostanze.
Ti voglio bene Ahmed."
232 di 1003 - 28/3/2017 06:57
magamago N° messaggi: 2888 - Iscritto da: 24/3/2012
Quando la nostla mano sinistla essele felita...

immediatamente mano destla plendele cula...

Non felmale a dile:
"Mi prendo cula di te..Stai licevendo aiuto di mia compassione"
233 di 1003 - 28/3/2017 06:57
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
spesso le favole si occupano di “politica”, mettendo in evidenza con
ironia le caratteristiche, le virtù, ma, ancor di più, i vizi dei potenti.
Il poeta romano Trilussa, a inizio Novecento, scriveva nel suo dialetto
poesie con le quali criticava i vizi più comuni dei politici. In questo
caso il Leone, il monarca assoluto, vuole dimostrarsi “democratico”
e lascia ai suoi sudditi la libertà di criticarlo. Ma c’è da fidarsi?
Il Coniglio non ci casca e decide di prendere le sue precauzioni.

Er conijo coraggioso

– Tu sei lo specchio de la perfezzione –
diceveno le bestie ar Re Leone.

– In tutto quer che dichi e quer che fai
ci azzecchi sempre e nun te sbaji mai.

Er Leone ruggì, smosse la coda
e disse: – Fra ’sta gente che me loda

se c’è, per caso, quarche bestia amica
pronta a famme una critica, lo dica.

Me so’ scocciato ormai d’esse perfetto!
Coraggio! Su! Trovateme un difetto!

– Io te lo dico... – se n’uscì un Conijo –
ma solamente da lontano un mijo
:
forse un difetto te lo riconosco,
ma te lo strillo quanno sto ner bosco...

E je lo disse tanto mai distante
che la voce se perse fra le piante.
234 di 1003 - 28/3/2017 07:02
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
L'angolino del sorriso.....

INGEGNERI IN TRENO

I più acclamati ingegneri e matematici di Pisa vengono invitati ad un convegno a Bologna. Arrivati alla stazione, i matematici, tutti precisini, comprano un biglietto a testa. Gli ingegneri invece fanno colletta e ne comprano uno solo. I matematici commentano: "Chissà che intenzioni hanno!?!"
Quando sul treno arriva il controllore gli ingegneri corrono a chiudersi tutti assieme in bagno. Il controllore, esaminati i biglietti dei matematici, bussa alla porta del bagno. Dall'interno un ingegnere risponde:"Occupato." E il controllore: "Biglietto, prego." Da sotto la porta, gli ingegneri mostrano il loro unico biglietto, il controllore lo esamina e glielo restituisce.
Al ritorno, alla stazione di Pisa, i matematici, vista la furbata degli ingegneri all'andata, comprano un solo biglietto per tutti. Gli ingegneri, invece.. nessuno! I matematici si interrogano a vicenda ma, non trovando una risposta valida e confortati dall'idea di pagare solo un biglietto in tanti, alzano le spalle e non ci danno peso. Sul treno, all'arrivo del controllore, i matematici corrono nel bagno e aspettano. Gli ingegneri (tutti tranne uno) in un altro bagno. A quel punto l'ingegnere rimasto fuori bussa alla porta del bagno dei matematici. Uno dei matematici risponde: "Occupato". E l'ingegnere: "Biglietto, prego!"
235 di 1003 - 28/3/2017 07:02
magamago N° messaggi: 2888 - Iscritto da: 24/3/2012
Il lavolo...
che spettale...
essele scoplile il vostlo compito...


E poi...
con tutto il cuole...

Dedicale a lui.
236 di 1003 - 28/3/2017 07:16
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
L'ELOGIO DELLA FOLLIA (di Erasmo da Rotterdam)


ASTUTAMENTE LA FOLLIA HA AFFIANCATO ALL’UOMO L’ESSERE PIÙ FOLLE CHE CI SIA: LA DONNA

Guardate con quanta previdenza la natura ebbe cura di spargere dappertutto un pizzico di follia. Se infatti, secondo i filosofi, la saggezza consiste nel farsi guidare dalla ragione, mentre la follia consiste nel farsi trascinare dalla passioni, proprio come rimedio al tarlo del pensiero la natura infuse nell’essere umano più passioni che ragione.
Confinò la ragione in un angolo della testa, lasciando il resto del corpo ai turbamenti delle passioni. Così l’ira occupa il torace e la concupiscenza estende il suo dominio fino al basso ventre. Quanto possa la ragione contro queste due fiere avversarie ce lo dice la condotta abituale degli uomini. La ragione protesta fino a sgolarsi ed enuncia i princípi morali; ma quelle passioni la subissano di grida potenti finché lei è costretta a dichiararsi vinta.
Ma la mia trovata più brillante è stata quella di aver affiancato all’uomo un animale deliziosamente spassoso che addolcisce, con un pizzico di follia, la gravità del temperamento maschile. Quando Platone, infatti, sembra in dubbio circa la collocazione della donna, se fra gli animali razionali o fra i bruti, vuole solo sottolineare la straordinaria follia di questo sesso. E se per caso una donna vuole passare per saggia, ottiene solo di essere due volte folle. Come la scimmia è sempre scimmia, anche se si veste con abiti preziosi, così le donne sono sempre donne, cioè folli, comunque si mascherino.
Ma non così folli, voglio sperare, da aversene a male perché perfino io, la Follia in persona, le giudico folli. La donne, infatti, se ci pensassero bene, considererebbero un dono della Follia il fatto di essere, sotto molti aspetti, più fortunate degli uomini.
In primo luogo, hanno il dono della bellezza, che giustamente mettono al disopra di tutto, contando su di essa per tiranneggiare gli stessi tiranni. Quanto all’uomo, di dove gli viene, se non dal senno, l’aspetto rude, la pelle ruvida, la barba folta, e un certo che di senile? Le donne, invece, con le guance sempre lisce, con la voce sempre sottile, con la pelle morbida, danno quasi l’impressione d’una eterna giovinezza. Ma che altro desiderano poi in questa vita, se non di piacere agli uomini quanto più è possibile? Non mirano forse a questo belletti, bagni, acconciature, unguenti, profumi, nonché tante arti volte ad abbellire, dipingere, truccare il volto, gli occhi, la pelle? C’è forse qualche altro motivo che le faccia apprezzare dagli uomini più della follia? In cambio di che, se non del piacere, gli uomini concedono tanto alle donne? Ma il piacere viene proprio dalla loro follia. Pensate a tutte le sciocchezze che un uomo dice quando parla con una donna, a tutte le stupidaggini che fa ogni volta che si mette in testa di ottenerne i favori.


QUANDO NEGLI UOMINI CALA L’INTERESSE PER LA DONNA, LA FOLLIA METTE A DISPOSIZIONE I PIACERI DEI BAGORDI

Vi sono uomini, specialmente anziani, che alle donne preferiscono il bere e provano il massimo piacere nel banchettare. Ma anche nei banchetti, perché riescano bene, c’è bisogno della follia. Infatti, se nella comitiva non c’è qualcuno capace di far ridere, s’invita qualcun altro che, con la sua amenità, garantisca che il banchetto non si trascini nel silenzio e nella noia. A che scopo, infatti, riempirsi il ventre di ghiottonerie e di vino se anche gli occhi, le orecchie e l’anima intera non si nutrissero di risa, di scherzi, di facezie? Ma cibi del genere solo io posso ammannirli.


ANCHE L’AMICIZIA SAREBBE IMPOSSIBILE SENZA L’INTERVENTO DELLA FOLLIA

Ci sarà pure chi trascuri piaceri del genere e si ritenga soddisfatto dell’amore e della familiarità degli amici, affermando che l’amicizia vale più di tutto. E considerano l’amicizia un bene non meno necessario dell’aria, del fuoco, dell’acqua; tanto soave che se togli l’amicizia togli il sole. Ma che succede se dimostro che anche di questo bene così grande sono io il motore? Ve lo dimostro alla buona, senza sottigliezze dialettiche, ma facendovelo toccare con mano.
Ebbene, chiudere gli occhi davanti ai difetti degli amici e amarne come qualità alcuni vizi evidenti non ha niente a che fare con la follia? Eppure così avviene tra i comuni mortali. Quanto a quelli che si ritengono superiori, tra loro l’amicizia non nasce affatto o è qualcosa di cupo e scostante.


MA IL CAPOLAVORO DELLA FOLLIA È IL MATRIMONIO

Quanto si è detto dell’amicizia a maggior ragione vale per il matrimonio. Quanti divorzi in più, e quanti fatti ancora peggiori si verificherebbero se la convivenza non si corroborasse con le adulazioni, le indulgenze e le dissimulazioni: tutte cose che hanno a che fare con me. Quanti matrimoni si celebrerebbero se il fidanzato prudentemente s’informasse dei passatempi a cui già molto prima delle nozze si dedicava la sua verginella così delicata e apparentemente pudica? E, a celebrazione avvenuta, quanti ne durerebbero, se tante imprese delle mogli non rimanessero ignorate per la negligenza e l’ingenuità dei mariti? Vale a dire che giustamente è merito della Follia se il marito ama la moglie e la moglie il marito, e se in casa regna la pace e il vincolo tiene.
Si ride del cornuto, del becco (quanti nomi non gli si danno!) quando asciuga con i baci le lacrime dell’adultera. Ma quanto è meglio lasciarsi ingannare così che rodersi di gelosia e volgere tutto in tragedia!
Insomma, senza di me nessun legame familiare, ma anche nessun altro legame potrebbe durare felicemente. Il popolo si stancherebbe del governo, il dipendente del datore di lavoro, il locatore dell’inquilino, l’ospite dell’ospite ecc. Per fortuna, io li induco a ingannarsi a vicenda, ad adularsi, a far finta di non vedere.
Pensate che esagero, ma ne sentirete ancora delle belle.

CONTINUA....
237 di 1003 - 28/3/2017 07:22
magamago N° messaggi: 2888 - Iscritto da: 24/3/2012
Quando masckio lilassale...
Pollastle domandale...
Ki di noi selo pappa...?



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238 di 1003 - 28/3/2017 07:41
lella6 N° messaggi: 1519 - Iscritto da: 01/2/2010
-
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239 di 1003 - 28/3/2017 07:45
magamago N° messaggi: 2888 - Iscritto da: 24/3/2012
AHAHAHAH...



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240 di 1003 - 28/3/2017 08:06
serpico1 N° messaggi: 213 - Iscritto da: 09/1/2016
ahha perdoni la maga signora lella deve tarare la giornata è ha bisogno di postare le galline
1003 Commenti
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