Banche: se non ora, quando? (Mi.Fi.)
29 Novembre 2021 - 9:16AM
MF Dow Jones (Italiano)
Con alle spalle 15 anni ai vertici di Goldman Sachs e oltre una
trentina nell'investment banking internazionale, Massimo Della
Ragione conosce in profondità il sistema finanziario europeo. Un
sistema che oggi si trova a fronteggiare sfide complesse e che,
soprattutto, deve compiere un salto dimensionale ormai non più
rimandabile. Per l'attuale vice-presidente di Intrum Italy i
modelli distributivi tradizionali sono destinati a scomparire e i
piccoli intermediari faranno sempre più fatica a competere sul
mercato.
Domanda. Della Ragione come valuta il contesto macroeconomico in
cui oggi si stanno muovendo le banche italiane?
Risposta. È importante osservare che la crisi pandemica è stata
di natura esogena, come quella del 1991-1992. Si tratta in genere
di crisi profonde, rapidissime nella loro escalation ma altrettanto
rapide nello svanire. Qualcosa di molto diverso quindi dalla crisi
dot.com del 2001 e da quella dei financial services del 2008 che
erano choc strutturali. In aggiunta l'economia globale ha saputo
reagire con prontezza, grazie a tutta una serie di interventi
coordinati con i governi. Il risultato è che il pil mondiale oggi è
quasi tornato ai livelli economici pre-pandemici, mentre nel 2022
dovrebbe salire a livelli superiori rispetto a quelli del 2019.
D. Quali saranno gli effetti di questo choc per il sistema
bancario?
R. Quando l'economia è in crescita, anche le banche stanno
meglio. Per garantire la stabilità del sistema nel corso della
pandemia sono stati sospesi i dividendi e il regolatore è stato
indulgente sulle politiche del credito. Oggi il quadro mi sembra
incoraggiante: i volumi di deteriorato sono al di sotto dei livelli
che inizialmente qualcuno si aspettava, gli accantonamenti sono
sostenibili, la patrimonializzazione è robusta e la leva risulta
contenuta. Tranne qualche eccezione insomma mi sembra che il
comparto abbia retto all'impatto della crisi e questa è una
differenza molto importante rispetto alla crisi del 2008.
D. Quindi non ci saranno contraccolpi violenti allo scadere
delle moratorie?
R. Gli analisti delle grandi banche internazionali sono concordi
nell'osservare che il livello di accantonamenti è stato migliore
delle aspettative. In più c'è la ripresa economica. Questo non
vuole dire che nel mercato delle esposizioni deteriorate non ci sia
fervore. C'è comunque un regolatore che continua a chiedere agli
istituti di abbassare quanto possibile il livello delle non
performing exposure. È vero che in Italia la montagna ha smesso di
crescere, ma l'obiettivo di Bce è abbassarla progressivamente e
toglierla dai bilanci.
D. Lei descrive un sistema bancario in salute, eppure il mercato
continua a penalizzare le valutazioni degli istituti.
R. Non si tratta solo di un fenomeno italiano. Valga un esempio
su tutti: Apple oggi quota 2.500 miliardi di dollari, quasi quanto
tutto il settore bancario Usa e un multiplo di quello europeo. Le
ragioni sono più d'una, ma possono tutte essere ricondotte alla
lentezza con cui il sistema bancario europeo è uscito dalle ultime
crisi. A ciò si aggiungano le molteplici pressioni a cui oggi è
sottoposto il settore: pressione digitale, pressione sociale,
pressione monetaria.
D. Molti ritengono che proprio la pressione digitale sarà lo
scoglio più impegnativo per il settore bancario.
R. Certo e voglio sottolineare che questo tema va legato al
consolidamento. Oggi la principale motivazione che spinge le banche
verso processi di M&A e di crescita dimensionale è che la
struttura distributiva delle filiali è in forte discussione. La
nuova base clienti delle banche sono i giovani che non vanno in
filiale. Non solo, la maggior parte del trading di equity nel mondo
è fatto da macchine. Le tecnologie digitali insomma avranno effetti
non solo sul modello distributivo, ma più in generale su tutte le
anime delle banche. In questo contesto più grande sei, meglio sei
attrezzato ad affrontare i cambiamenti, anche perché gli
investimenti necessari non sono proporzionali alle dimensioni della
banca. C'è una base fissa ineliminabile per tutti.
D. Eppure in Italia si registra una certa resistenza a questo
processo di consolidamento. Come mai?
R. Le banche hanno una clientela molto fedele che migra
lentamente. Molti istituti giustificano il proprio immobilismo alla
luce del fatto che potranno contare sull'attuale base clienti per
altri 10-20 anni. Il fatto poi che oggi l'economia sia in ripresa
consente di comprare tempo e di spostare in avanti le scelte di
M&A. Sotto questo punto di vista in Italia e, più in generale,
in Europa, è ancora successo pochissimo.
D. In Italia per esempio è saltato il deal tra Unicredit e Mps e
ora per Siena si va verso una proroga della nazionalizzazione. Come
valuta il quadro?
R. Non conosco dettagli e pertanto non giudico né la transazione
né come si è evoluta, ma osservo che oggi per il governo italiano,
come per tutti i governi, le priorità probabilmente sono altre. Con
una pandemia ancora in corso e lo spettro di una quarta ondata di
contagi all'orizzonte, la privatizzazione del Montepaschi potrebbe
benissimo passare in secondo piano per Roma così come per
Bruxelles. Oggi io penso che per esempio la priorità sia di
garantire la sicurezza dei cittadini e la tenuta del sistema
economico.
D. Lei è stato chiamato a ricoprire la vice presidenza di Intrum
Italy con il pieno accordo degli azionisti. Come si trova in questo
nuovo ruolo?
R. Le motivazioni che mi hanno portato in Intrum Italy sono
semplici e molto belle, conosco bene la società fin da quando è
nata perchè ci ho lavorato personalmente come consulente. La storia
di Intrum Italy è una storia di cambiamento in cui giocano un ruolo
chiave sia il programma di digitalizzazione che Intrum Group sta
implementando in tutti i 24 paesi in cui è presente che la ricerca
continua di nuovi talenti. Penso di poter dare un aiuto e sono
molto intrigato dalle sfide sul tavolo.
D. Anche il settore dei servicer è investito di alcuni dei
cambiamenti di cui abbiamo discusso. Che evoluzione si aspetta?
R. Le banche continueranno ad affrontare i problemi relativi ai
crediti deteriorati e questa sarà un'opportunità di business per i
player come Intrum Italy che agiscono sia come gestori che come
investitori. Alberto Marone, il nostro ad, è concentrato nella
preparazione del nuovo piano industriale la cui implementazione ci
consentirà di recitare un ruolo importante nel mercato. Tutto il
settore dei servicer e non solo in Italia è chiamato alla sfida
della digitalizzazione e, come tanti operatori, anche io penso che
ci sarà un consolidamento.
fch
(END) Dow Jones Newswires
November 29, 2021 03:01 ET (08:01 GMT)
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